In un’intervista concessa la scorsa settimana al Sole 24 Ore, Silvio Berlusconi ha difeso uno dei temi forti della sua campagna elettorale: la flat tax, cioè l’imposta ad aliquota unica e uguale per tutti. Sarebbe destinata, promette Berlusconi, a sostituire l’IRPEF, l’imposta sui redditi delle persone fisiche.

All’intervistatrice che gli chiedeva come farà a trovare i soldi per finanziare questa misura, Berlusconi ha spiegato che la flat tax «non avrà bisogno di coperture» perché «in altri Paesi una forte riduzione delle aliquote ha portato in un quinquennio ad un forte aumento del gettito fiscale». Ma le cose sono davvero così semplici?

Come funziona la flat tax


Flat tax significa “tassa piatta” e la sua caratteristica è proprio quella di essere pressoché uniforme: c’è una sola aliquota, il che significa che chiunque, indipendentemente dall’imponibile, paga la stessa percentuale di imposte (con l’eccezione, ovviamente, di eventuali detrazioni e deduzioni).


Qui trovate la proposta di Forza Italia che consiste in un aliquota unica sui redditi delle persone fisiche al 23 per cento, un’area di completa esenzione fiscale fino a 8 mila euro (come è già ora) e un’ulteriore deduzione per chi guadagna fino a 13 mila euro l’anno.

In genere, l’obiettivo principale dell’introduzione di una flat tax è quello di semplificare il sistema fiscale, ridurne le distorsioni e fare emergere l’evasione fiscale. Poiché le aliquote si abbassano sensibilmente, è naturale pensare che le tasse sui redditi più alti vengano ridotte moltissimo. Ma l’effetto può essere mitigato da un sistema di detrazioni e deduzioni, come spiega questo fact-checking de La Voce: è teoricamente possibile, infatti, che una flat tax sia comunque progressiva.

Da anni la flat tax è proposta da due accademici statunitensi, Robert Hall e Alvin Rabushka, come il sistema di tassazione più semplice ed efficace. La speranza dei promotori della flat tax è che l’abbassamento della pressione fiscale faccia crescere consumi ed investimenti e faccia emergere almeno una parte dell’evasione fiscale. Secondo i più ottimisti sostenitori della flat tax, questi effetti potrebbero arrivare fino al punto di ripagare completamente le minori entrate create dall’introduzione della nuova imposta.

Chi l’ha introdotta

In genere, i Paesi sviluppati e industrializzati preferiscono utilizzare sistemi di tassazione sul reddito più direttamente progressivi: sono cioè composti da diverse aliquote che crescono mano a mano che cresce il reddito. La flat tax è invece diffusa soprattutto tra i Paesi dell’ex blocco sovietico, ad esempio Russia, Ungheria e Bulgaria; in alcuni paesi in via di sviluppo africani e sudamericani, come Bolivia e Madagascar; e due città stato, Hong Kong e Singapore.

In Europa, le tre repubbliche baltiche l’hanno introdotta nel 1994-1995, poco dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica, a cui sono seguiti la Russia nel 2001 e successivamente diversi altri Paesi dell’Est: Serbia, Ucraina, Slovacchia, Georgia, Romania, Macedonia, Montenegro e Albania. Ciascun Paese ha comunque le sue caratteristiche specifiche, il che fa i diversi esempi difficili da confrontare. Qui trovate un elenco, aggiornato al 2015, dei Paesi e dei territori che l’hanno adottata nel mondo.

La flat tax si ripaga da sola?

Insomma: nessun Paese occidentale e industrializzato, fino ad oggi, ha provato a introdurre una flat tax sui redditi. L’Italia, quindi, sarebbe un primo esperimento di questa soluzione. Ma che cosa ci dicono i precedenti sugli effetti della misura? La risposta sembra abbastanza netta: quasi mai la flat tax è riuscita a ripagarsi da sola.

In uno studio pubblicato da tre ricercatori del Fondo Monetario Internazionale nel 2006 si legge: «In nessun caso sembra che si sia verificato un effetto Laffer: queste riforme non hanno messo in moto effetti economici abbastanza forti da permettere di ripagarsi da sole».

Ovunque è stata introdotta la flat tax, scrivono i ricercatori, ha portato a una riduzione delle entrate fiscali e non ad un loro aumento. L’unica eccezione è il caso della Russia, dove dopo l’introduzione della flat tax nel 2001 le entrate dello stato sono aumentate. Ma, continua lo studio: «Ci sono poche prove che il miglioramento delle entrate dopo la riforma sia un prodotto della flat tax: sembra piuttosto essere un effetto della più generale ripresa macroeconomica».

Conclusioni simili sono state raggiunte anche dalla Banca Centrale Europea in un approfondimento sul tema contenuto nel bollettino mensile 2007, in cui si dice che le contemporanee riforme effettuate nel Paesi dell’Europa centrale e orientale rendono difficile isolare gli effetti della flat tax.

L’esempio di Reagan

L’assunto da cui parte Berlusconi è che, abbassando le tasse, le entrate fiscali aumentano perché (1) le persone trovano meno conveniente evaderle e (2) l’economia inizia subito a crescere, stimolata dalle imposte più basse.

Si tratta di un’idea che ha iniziato a circolare negli Stati Uniti tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, anche grazie all’economista Arthur Laffer (deriva da lui l’espressione “effetto Laffer” di cui parla lo studio dell’FMI). Il presidente Ronald Reagan fu convinto dalle teorie di Laffer e durante la sua presidenza mise in atto una serie di importanti tagli fiscali.

Da allora, l’effetto Laffer e i tagli delle tasse di Reagan sono entrati nella “mitologia” di molti politici conservatori in tutto il mondo. Reagan sarebbe riuscito a far crescere le entrate fiscali degli Stati Uniti pur mettendo mano a significativi tagli di imposte. Ma questo effetto è in gran parte illusorio. Nei primi anni dei tagli le entrate fiscali americane scesero, come era facile da prevedere, e tornarono a salire soltanto negli anni successivi, quando Reagan dovette ritoccare al rialzo parte delle imposte che aveva tagliato.

Il verdetto

Silvio Berlusconi ha difeso la flat tax sostenendo che esiste una sorta di regola economica: se le imposte vengono abbassate, prima o poi, le entrate fiscali aumentano. La sua proposta di flat tax, sostiene quindi, è destinata a generare da sola le risorse che ne permettono l’introduzione. In realtà, lo studio dei singoli casi dove si è provato a fare lo stesso dimostrano che le cose raramente vanno così, e in ogni caso non c’è un automatismo. Almeno uno studio ha concluso che la flat tax non è generalmente in grado di “ripagarsi da sola”. La dichiarazione di Berlusconi merita quindi un “Pinocchio andante”.

 

 

Share the Facts

2018-02-23 10:02:04 UTC




2

1

6

Pagella Politica rating logo Pagella Politica Verdetto:
Pinocchio andante


«A regime, la flat tax non sarà un costo e quindi non avrà bisogno di coperture. La storia economica lo dimostra; in altri paesi una forte riduzione delle aliquote ha portato in un quinquennio ad un forte aumento del gettito fiscale»




Silvio Berlusconi

ex presidente del Consiglio

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-27/pensioni-resta-quota-67-eccezioni-limitate-104615.shtml?uuid=AERNhppD



Intervista Sole 24 Ore

sabato 27 gennaio 2018

2018-01-27