In un’intervista rilasciata a Il Giornale lo scorso 4 giugno Silvio Berlusconi ha escluso a priori l’ipotesi di una coalizione col centrosinistra, sostenendo tra l’altro che il modello tedesco – che il Parlamento sta per approvare – produce Grandi coalizioni solo in situazioni eccezionali, come testimonia la storia tedesca.



Große Koalition (“Grande Coalizione”): un’eccezione o no?



Le prime elezioni della Repubblica federale tedesca si svolsero il 14 agosto 1949 e videro la vittoria della CDU (in unione con la CSU bavarese) da poco fondata da Konrad Adenauer, che divenne poi cancelliere il 16 settembre di quell’anno. Da allora fino ad oggi, passando per la riunificazione della Germania dell’Ovest con la D.D.R., sono passati in effetti “quasi settant’anni” (68).



Dopo quelle prime elezioni, i democristiani della CDU/CSU rimasero al potere fino al 1969, la maggior parte del tempo in coalizione coi liberali del FDP.



Tra il 1966 e il 1969 ci fu il primo caso di Grande Coalizione tra CDU/CSU e SPD – e per oltre trent’anni l’unico – con il conservatore Kurt Georg Kiesinger primo ministro. Tale governo era nato in seguito alla crisi tra CDU/CSU e FDP riguardo all’innalzamento delle tasse. I ministri della FDP si dimisero e fu pertanto formato un nuovo governo, composto appunto anche dalla SPD.



Nel 1969 andò al potere il partito socialdemocratico e vi rimase, in coalizione colla FDP, fino al 1982. Si succedettero alla carica di primo ministro Willy Brandt ed Helmut Schmidt (con un brevissimo interim del liberale Walter Scheel nel 1974).



Tra l’82 e il ’98 fu l’epoca di Helmut Kohl, che governò durante la Riunificazione e oltre, a capo della tradizionale coalizione tra CDU/CSU e FDP.



I due mandati successivi, fino al 2005, videro cancelliere il socialdemocratico Gerhard Schröder, che governò con l’inedita coalizione SPD-Verdi.



Arriviamo così all’inizio della “era Merkel”. Nel suo primo mandato (2005-09), così come in quello attuale, il terzo (2013-17), Angela Merkel è stata ed è cancelliera a capo di una Grande Coalizione. Nel mandato intermedio (2009-13) la Merkel invece governò sostenuta dalla coalizione di centrodestra CDU/CSU-FDP.



Dunque sommando i due mandati della Merkel con quello di Kiesinger negli anni Sessanta si arriva a dieci anni abbondanti, come sostenuto da Berlusconi. Un’eccezione, se si considerano – come fa l’ex presidente del Consiglio – i quasi 70 anni di storia repubblicana tedesca.



In Italia stiamo importando il modello tedesco?



La legge elettorale che dovrebbe varare il Parlamento, alla luce dell’accordo tra le maggiori forze politiche, si ispira al “sistema tedesco”, cioè alla legge elettorale in vigore in Germania.



Sarà infatti un proporzionale puro con sbarramento al 5%, che a grandi linee è lo stesso sistema in vigore in Germania. E come in Germania è previsto che coesistano listini bloccati e collegi uninominali per la scelta degli eletti (e solo per la scelta degli eletti, non per la consistenza dei partiti in Parlamento: di qui la definizione di proporzionale puro).



Le differenze



Ci sono tuttavia numerose differenze, non trascurabili, tra i due sistemi. Vediamo le principali.



Germania:



La Germania ha una sola Camera, mentre in Italia viene eletto anche il Senato.



Inoltre la Camera tedesca può avere un numero variabile di componenti, mentre in Italia il numero è stabilito dalla Costituzione.



Di qui discendono alcune differenze relative alla legge elettorale. In Germania l’elettore esprime due voti, uno per il candidato nel collegio uninominale e uno per il partito nella quota proporzionale.



Tutti i vincitori nei collegi vengono eletti.



Se un certo partito ottiene più eletti nei collegi uninominali di quanti non gliene spettino per il risultato ottenuto nella quota proporzionale, si aumenta il numero totale degli eletti (per compensare l’eventuale squilibrio, a tutti gli altri partiti spettano dei seggi in più, in modo da far rispettare le quote stabilite dal voto proporzionale).



Italia:



In Italia, invece, vincere nel collegio non sarebbe garanzia assoluta di essere eletti. Il “peso” di un partito in Parlamento verrebbe infatti determinato solo dal risultato nella quota proporzionale.



Quindi è possibile che chi ha vinto in un dato collegio non venga poi eletto, se il suo partito non ottiene un risultato sufficiente a livello nazionale.



Proprio per questo è stato trovato un recente accordo sulla riduzione del numero di collegi alla Camera da 303 a 225: il fine è proprio di ridurre il rischio che i vincitori non vadano poi effettivamente in Parlamento.



Gli altri deputati vengono eletti in listini bloccati “corti” (da due a sei candidati) collegati ai vari partiti nella quota proporzionale.



Gli sbarramenti



Questa diversità tra sistema italiano e tedesco si riflette anche sulla soglia di sbarramento: in Italia il 5% è una tagliola per tutti, mentre in Germania accedono al Parlamento anche le formazioni che riescono a far eleggere 3 o più dei propri rappresentanti nei collegi uninominali.



Infine, in Germania è consentito il voto disgiunto – cioè si può dare il voto a una lista col primo voto e contemporaneamente indicare un candidato di un’altra lista col secondo – mentre in Italia no. Questo comporta che non si può dare il proprio voto a una persona che si ritiene la migliore tra i candidati, e allo stesso tempo dare il proprio voto a un altro partito di cui, ad esempio, si condivida maggiormente il programma.



Ad esempio alle elezioni tedesche del 2013, come riporta Dino Martirano sul Corriere della Sera, “la CDU della Merkel ottenne 16 milioni e 200 mila voti nei collegi e 14 milioni 900 mila nel proporzionale. Più o meno lo stesso differenziale caratterizzò il risultato della SPD. Segno che i candidati uninominali tiravano più del simbolo del partito”.



Vale la pena infine notare come la discussione parlamentare sia ancora in corso e non si possano escludere ulteriori modifiche rispetto a quanto preso in considerazione finora. Un giudizio definitivo sarà quindi possibile solo quanto la legge verrà effettivamente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.



Verdetto



Resta aperto il dibattito se il sistema che pare stia per adottare l’Italia sia un modello tedesco o meno, e quanto siano sostanziali le differenze rispetto alla legge elettorale che vige in Germania. Berlusconi tuttavia dice una cosa sicuramente corretta là dove afferma che nella storia tedesca le Grandi Coalizioni abbiano rappresentato un’eccezione rispetto al bipolarismo. Per lui dunque un “Vero”.



Questa analisi è stata pubblicata in origine, con modifiche, sul sito di AGI





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2017-06-06 14:00:50 UTC









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Vero




«La cosiddetta grande coalizione d’altronde nel sistema tedesco è un’eccezione. In quasi settant’anni, solo per dieci anni la Germania è stata guidata da governi di grande coalizione. Per il resto vi è stato un bipolarismo compiuto e maturo».







Silvio Berlusconi


ex presidente del Consiglio







Intervista a il Giornale



domenica 4 giugno 2017



2017-06-04





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