Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, durante il question time alla Camera dello scorso 5 aprile, ha difeso l’utilità del Tap (Trans-Adriatic Pipeline), il gasdotto che, secondo il progetto, dovrebbe portare il metano dai giacimenti del Mar Caspio fino alla Puglia, attraversando Turchia, Grecia e Albania.



Da anni è oggetto di critiche da parte di partiti, comitati e comunità locali che lo ritengono dannoso o inutile. Di recente, con l’avvio dei lavori nel cantiere di Melendugno e con il previsto espianto di 211 ulivi, si sono infiammate le proteste e la polemica politica. Verifichiamo dunque le affermazioni del ministro Calenda, che rivendicano l’utilità dell’opera.



La sicurezza energetica



Calenda dice che il TAP è strategico e fondamentale per ottenere la sicurezza energetica. Con l’espressione “sicurezza energetica” si intende “la disponibilità di rifornimenti energetici affidabili a prezzi ragionevoli”.



Per quanto riguarda la disponibilità dei rifornimenti, l’Italia ha oggi un fabbisogno che si aggira intorno ai 70 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Di questi, circa 65 miliardi vengono importati dall’estero e il poco che resta viene prodotto nei giacimenti nazionali.



I gasdotti da cui arriva il gas in Italia hanno una capacità massima teorica di circa 117 miliardi di metri cubi all’anno, a cui si sommano altri 20 miliardi scarsi che possono arrivare dai tre rigassificatori di Livorno, Rovigo e Panigaglia. In totale, quasi 137 miliardi di metri cubi di gas all’anno: più del doppio di quanto sfruttato attualmente.



Il Tap, che dovrebbe avere una capacità di 9 miliardi di metri cubi all’anno, aumenterebbe dunque il totale del 6,5% circa, portando il massimo teorico intorno ai 146 miliardi all’anno.






Fonte: QualEnergia.it



Da dove arriva il gas in Italia, oggi?



Questi dati non sono tuttavia sufficienti a liquidare la questione della sicurezza energetica. Di 65 miliardi di metri cubi di gas arrivati in Italia nel 2016, infatti, più di 28 miliardi sono arrivati dalla Russia. Il Paese dell’est potrebbe esportare in Italia fino a un massimo di 39 miliardi di metri cubi di gas, coprendo quindi da sola il 30% della nostra capacità massima di importazione.



Altri 19 miliardi di metri cubi sono poi arrivati nel 2016 dall’Algeria (che potrebbe arrivare a un massimo teorico di quasi 40 miliardi di metri cubi di gas). Fino a pochi anni fa il gas algerino rappresentava la quota principale nelle importazioni italiane, ma negli anni recenti questa si è ridotta fortemente, anche a causa di un peggioramento della qualità del metano estratto in Algeria. Nel 2016 c’è stato tuttavia un significativo rimbalzo rispetto al crollo del periodo 2013-2015.






Fonte: iMille.org



Dunque la disponibilità di rifornimenti dell’Italia dipende al momento, in termini di consumi reali, per il 57% da due gasdotti soltanto: quello che dall’Algeria arriva a Mazara del Vallo (Transmed) e quello (doppio) che dalla Russia arriva a Tarvisio (i tubi Tag1 e Tag2, che corrono paralleli). In termini di capacità di rifornimento teorica, su 137 miliardi complessivi quasi 80 sono garantiti dai due gasdotti citati. Se per una qualsiasi ragione dovessero interrompersi i rifornimenti da quelle due fonti, l’Italia si troverebbe con una capacità di importazione di “appena” 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno.



L’aggiunta di altri 9 miliardi di metri cubi di gas non sembra dunque determinante nel garantire all’Italia una maggior disponibilità – e varietà – di rifornimenti energetici, ma di sicuro va in quella direzione.



Inoltre, per quanto riguarda i prezzi ragionevoli – che sono parte della definizione stessa di sicurezza energetica il Tap dovrebbe avere un qualche effetto positivo, che però vedremo nel paragrafo dedicato alla “competitività dei prezzi”.



La decarbonizzazione



Il Tap potrebbe portare a una diminuzione dei consumi di carbone? Da un punto di vista teorico, sì, come spiegano gli esperti. Il carbone viene infatti principalmente utilizzato per la produzione di energia elettrica.



L’Italia produce l’86% dell’elettricità di cui ha bisogno, mentre il 14% viene importato. In base ai dati del 2013, citati da Assocarboni, il 50% della produzione nazionale di energia elettrica proviene da gas naturale, il 30% da rinnovabili, il 12% dal carbone e l’8% da olio combustibile.



Per produrre questo 50% di energia, il settore utilizza circa un terzo del totale del gas importato e prodotto dall’Italia. Il restante gas viene invece utilizzato per riscaldamento, scopi industriali etc.



Aumentando dunque le importazioni di gas ne diminuisce il prezzo, a causa dell’aumento dell’offerta. Con un prezzo del gas ancora più vantaggioso, il carbone avrebbe ancora maggiore difficoltà a competere ed è credibile che perda quote di mercato.



Come per il discorso sulla sicurezza energetica, anche qui non si può ignorare che con un aumento di appena 9 miliardi di metri cubi di gas nelle importazioni, l’effetto sul mercato non sarà probabilmente di particolare rilievo.



La competitività dei prezzi



Come si anticipava una diminuzione del prezzo del gas dovrebbe derivare già per via delle leggi del mercato, secondo cui ad un aumento dell’offerta – se la domanda rimane invariata – i prezzi si abbassano. Ma non è questo l’unico argomento a favore di chi pronostica una riduzione delle bollette.



Il gas che dovrebbe arrivare via Tap arriva infatti a prezzi particolarmente convenienti per gli acquirenti (i contratti vincolanti coi produttori sono già stati firmati). Ma perché?



La ragione addotta dagli esperti è che, come si è già detto, i 9 miliardi di metri cubi di gas che arriveranno via Tap devono essere venduti in un mercato già saturo, dove a fronte di un fabbisogno di 65 miliardi di metri cubi di gas importato, la capacità teorica è già a circa 137 miliardi. In un contesto come questo, per poter piazzare la propria merce, i venditori sono stati costretti a promettere prezzi particolarmente bassi agli acquirenti.



Non è ancora possibile prevedere in che misura questo risparmio da parte degli acquirenti sul prezzo d’acquisto della materia prima si scaricherà nelle bollette per i consumatori. Sono infatti ancora troppe le variabili che potrebbero influire e che al momento non è possibile conoscere.



Verdetto



Se dunque è vero che il Tap avrà sicuramente un impatto sotto diversi punti di vista, è anche vero che tale impatto non dovrebbe essere di grande rilievo. Definire questo gasdotto, come fa Calenda, come “un’infrastruttura strategica e fondamentale per conseguire gli obiettivi di sicurezza energetica, di decarbonizzazione e di competitività dei prezzi” sembra almeno un’esagerazione. Per il ministro Calenda un “Nì”.





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«Il metanodotto Tap è un’infrastruttura strategica e fondamentale per conseguire gli obiettivi di sicurezza energetica, di decarbonizzazione e di competitività dei prezzi»







Carlo Calenda


Ministro dello Sviluppo economico





Camera dei Deputati, question time



mercoledì 5 aprile 2017



-05/-04/2017





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