La situazione è più complessa di come la presenta il candidato alla segreteria del Partito Democratico. La Costituzione infatti non parla esplicitamente del diritto dei magistrati in aspettativa di fare politica. Stabilisce invece due diritti universali rilevanti in casi come questo – quello di essere eletti e quello di associarsi in partiti per fare politica – che però, come vedremo, subiscono un diverso grado di limitazione nel caso siano interessati dei magistrati.



Cosa dice la Costituzione



L’articolo 51 comma 1 Cost. regola l’elettorato passivo e stabilisce: “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.



L’articolo 49 Cost. tratta invece della libertà di associazione in partiti e prescrive: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.



Limiti all’eleggibilità



Il diritto all’elettorato passivo trova un limite nell’istituto dell’ineleggibilità. Riguarda varie figure, ad esempio Prefetti, Diplomatici, membri della Corte Costituzionale, Ufficiali Superiori delle Forze Armate e via dicendo.



Per i magistrati in particolare rileva il D.P.R. 361 del 30 marzo 1957, il quale stabilisce che “I magistrati non sono eleggibili nelle circoscrizioni sottoposte alla giurisdizione degli uffici ai quali erano assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni nei sei mesi precedenti all’accettazione della candidatura. Non sono in ogni caso eleggibili se, all’atto dell’accettazione della candidatura, non si trovino in aspettativa”.



Due requisiti per essere eleggibili dunque: l’essere in aspettativa, come detto anche da Emiliano, e non essere candidati nelle circoscrizioni dove esercitano o hanno esercitato nei sei mesi precedenti le loro funzioni. A queste condizioni un magistrato ordinario può essere candidato.



Il diritto di fare politica



Il diritto a fare politica per i magistrati è stato disciplinato di recente dal decreto legislativo 109 del 2006. In base ad esso per il magistrato costituisce un illecito disciplinare estraneo all’esercizio delle funzioni “l’iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici”.



Dunque, in base al testo di questa legge e del D.P.R. 361/1957, parrebbe che ai magistrati sia concesso di candidarsi alle elezioni ma solo da indipendenti. Sarebbe invece vietata l’attività politica.



E infatti su Emiliano, in aspettativa dal 2004 e nel 2007 iscritto al Pd, segretario regionale pugliese e sindaco di Bari, il Csm ha aperto una procedura disciplinare per violazione del dlgs 109/2006 che si trascina da anni e che dovrebbe arrivare a decisione nel corso del 2017.



Il precedente



C’è un precedente nell’applicazione del decreto legislativo 109/2006 nei confronti di un magistrato che svolge attività politica. Si tratta del caso di Luigi Bobbio, ex senatore di Alleanza Nazionale e magistrato in aspettativa che nel 2007 era stato eletto presidente del suo partito per la provincia di Napoli.



Il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) chiese alla Corte Costituzionale se il decreto legislativo 109/2006 non fosse illegittimo, violando, tra gli altri, proprio l’articolo 49 della Carta. La Corte respinse il ricorso ritenendolo infondato e il Csm sanzionò – pur con una semplice ammonizione – Luigi Bobbio.



Per la Corte Costituzionale la libertà di associarsi in partiti (art. 49 Cost.) viene giustamente limitata dall’esigenza di assicurare la terzietà dei magistrati, nonché l’immagine di estraneità agli interessi dei partiti (art. 98, terzo comma, Cost.).



Questo terzo comma dell’articolo 98 stabilisce esplicitamente che “si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati”. Dunque, come ribadito dalla Corte, il legislatore poteva imporre questo limite ai giudici.



Non c’è poi contraddizione con il diritto all’elettorato passivo garantito dall’articolo 51 Cost., secondo la Consulta, considerata la diversità tra l’accesso alle cariche elettive da un lato e l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa alla vita di un partito politico dall’altro.



Verdetto



Al di là di che entità possa avere la sanzione che eventualmente spetterà a Emiliano, al momento non è vero – come sostiene il Presidente della Puglia – che “quando un magistrato si mette in aspettativa ha diritto come tutti a fare politica”. Esiste una legge che appunto vieta ai magistrati di fare attività politica, pur non vietando loro di candidarsi da indipendenti. Tale legge è stata giudicata costituzionale dalla Consulta e, salvo un ribaltamento della precedente decisione, pare destinata ad applicarsi anche a Emiliano. Per lui dunque almeno un “Pinocchio andante”,



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Pagella Politica rating logo Pagella Politica Verdetto:
Pinocchio andante
«Quando un magistrato si mette in aspettativa ha il diritto come tutti di fare politica. Lo prevede la Costituzione»
Michele Emiliano
Presidente della Regione Puglia
In Mezz’Ora, Rai 3
domenica 5 marzo 2017
-05/-03/2017