Ospite di Otto e Mezzo pochi giorni prima di Natale, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio ha parlato di uno dei temi più discussi delle ultime settimane: i voucher.



Questi strumenti per il pagamento del lavoro occasionale hanno visto una grandissima crescita negli ultimi mesi e diversi esponenti politici ne hanno chiesto l’abolizione o la revisione. Lo stesso governo, tramite il ministro del Lavoro Poletti, ha annunciato possibili nuove misure di controllo.



Delrio ha detto che il governo Renzi, da poco concluso, ha di fatto poche responsabilità nel loro abuso e che fu il governo Monti ad “approvarli”. Ha dichiarato anche che sono stati i governi precedenti a prendere misure che di fatto ne hanno causato l’esplosione. Vediamo di ricostruire la storia dei famigerati voucher e di capire perché oggi sono diventati un problema.



Chi ha inventato i voucher



L’origine dei voucher risale a oltre dieci anni fa, ancora prima del governo Monti citato da Delrio. Il Ministero del Lavoro, in un rapporto del marzo scorso, ha ricordato che l’introduzione dei voucher come pagamento per il “lavoro accessorio” risale al decreto legislativo 276 del 2003.



La norma attuava la cosiddetta “legge Biagi” (cioè la legge delega 14 febbraio 2003, n. 30) sulla riforma del mercato del lavoro. Il governo in carica era il secondo di Berlusconi, con Roberto Maroni ministro del Lavoro. Già la legge Biagi, infatti, prevedeva “buoni corrispondenti a un certo ammontare di attività lavorativa” per retribuire il lavoro accessorio (art. 4 c. 1 lettera d).



Com’erano i voucher e come sono cambiati



In origine, i voucher erano molto limitati nel loro utilizzo. Le “prestazioni occasionali di tipo accessorio” avevano confini definiti dalla legge. Sia per chi ne poteva beneficiare, cioè “soggetti a rischio di esclusione sociale” o comunque ai margini del mercato del lavoro (artt. 70 e 71 del d. lgs. 276/2003), sia per gli ambiti in cui si potevano effettuare (cinque categorie, dalle lezioni private ai “piccoli lavori di giardinaggio”, sempre all’art. 70). Nel corso di un anno solare ciascun lavoratore poteva ricevere al massimo 3.000 euro tramite i buoni, che avevano un valore nominale di 7,5 euro (art. 72).



Per alcuni anni, la disciplina del lavoro occasionale e accessorio non è stata cambiata in modo radicale. Nel 2005, ad esempio, il limite per il compenso annuo è stato alzato da tre a cinquemila euro.



A partire dal 2009 ci sono state una serie di modifiche più di sostanza. La prima significativa, scrive l’INPS, è nella finanziaria per il 2010, approvata dal governo Berlusconi IV con Maurizio Sacconi ministro del Lavoro: in quella legge (tecnicamente la n. 191 del 23 dicembre 2009) venivano ampliati i casi in cui si poteva ricorrere al lavoro occasionale e accessorio, nonché chi ne poteva beneficiare.



Che cosa hanno fatto Monti e Renzi



Modifiche importanti sono state fatte sia dal governo Monti che dal governo Renzi. Ancora l’INPS precisa che, con la legge di riforma del lavoro firmata dal ministro Fornero (l. 28 giugno 2012, n. 92), venne escluso “qualsiasi vincolo di natura soggettiva e oggettiva all’applicazione dello strumento, di fatto consentendo a chiunque di svolgere prestazioni accessorie”. Il limite dei 5.000 euro annui fu mantenuto, ma si aggiunse un ulteriore tetto di 2.000 euro per ogni singolo committente.



Veniamo infine al governo Renzi. Nel decreto legislativo 81 del 2015, il cosiddetto “Jobs Act”, quest’ultimo tetto è stato lasciato invariato, ma si è alzato quello totale annuo da 5.000 a 7.000 euro, come dice correttamente Delrio. È vero anche che pochissimi lavoratori rientrano in questa nuova fascia massima, appena 5.968 nel 2015 (cioè lo 0,4 per cento del totale). Nel “Jobs Act”, comunque, la disciplina del “lavoro accessorio” è stata riscritta con gli artt. 48-50, sostituendo gli articoli corrispondenti della legge del 2003 che aveva introdotto lo strumento.



Per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno lungo tutti questi anni, vediamo quanto è aumentato l’utilizzo dei voucher. Nel report, l’INPS scrive che l’incremento è stato particolarmente significativo a partire dalla riforma del 2012, e anche in seguito – come ricordano i titoli delle ultime settimane – l’uso è rimasto in crescita.



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Il verdetto



Graziano Delrio ha detto che l’utilizzo dei voucher è stato molto esteso dai governi precedenti, e in effetti il successivo ampliamento dello strumento – dal punto di vista normativo – è cominciato almeno con la finanziaria del 2010. Il governo Renzi si è limitato ad alzare il tetto massimo annuo per lavoratore da 5.000 a 7.000 euro, per quanto riguarda la regolamentazione dei voucher, e come dice Delrio in quella fascia sono rientrati nel 2015 pochissimi lavoratori (scrive l’INPS che la misura “non sembra aver avuto effetto significativo”). Il ministro aggiunge che il problema si è originato con il governo Monti, “che li approvò”. L’espressione è imprecisa, perché la creazione dello strumento risale a molto prima, ma è vero che con Monti c’è stato un ampliamento decisivo dei campi in cui è permesso il suo utilizzo. “C’eri quasi” per Delrio.