Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, ospite della trasmissione In ½ Ora, ha parlato anche della cosiddetta “questione sociale”, in particolare delle condizioni di vita e di reddito degli italiani. Il leader del Movimento Cinque Stelle ha affermato che nel nostro Paese ci sono 17 milioni di cittadini a rischio povertà e che l’anno scorso 15mila imprese hanno chiuso i battenti. Andiamo a controllare i numeri.



Le persone a rischio povertà



Il dato citato da Di Maio molto probabilmente fa riferimento all’indagine campionaria Condizioni di vita e reddito, condotta dall’Istat nel 2015 su 17.985 famiglie (42.987 individui) e pubblicata lo scorso sei dicembre. Secondo lo studio, il 28,7 per cento delle persone residenti in Italia è a rischio povertà o si trova in una situazione di esclusione sociale. Si tratta di 17.469.000 di individui, la cifra stimata anche dal vicepresidente della Camera. Vale a dire più di un italiano su quattro, considerato che la popolazione residente al primo gennaio 2016 conta 60.665.551 persone*. L’Istat in questo report prende in considerazione le persone residenti ovvero, come stabilisce il glossario dell’Istituto, gli “aventi dimora abituale nel Comune, anche se alla data considerata sono assenti perché temporaneamente presenti in altro Comune italiano o all’estero”. Di Maio invece menziona i cittadini, coloro che hanno la cittadinanza, il “vincolo di appartenenza ad uno Stato, richiesto e documentato per il godimento di diritti e l’assoggettamento a particolari oneri”. Se il deputato pentastellato si riferisce solo ai cittadini italiani, occorre puntualizzare che l’indagine chiama in causa anche i residenti stranieri: in particolare, tra i membri di famiglie con almeno un cittadino non italiano il rischio di povertà o esclusione sociale è quasi il doppio (49,5%) rispetto a quello di chi vive in famiglie di soli italiani (26,3%).Come abbiamo già spiegato qui, l’indicatore include la fetta di popolazione che vive almeno una di queste tre condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro. La quota complessiva è rimasta sostanzialmente invariata dal 2013, dopo aver raggiunto la percentuale più alta dell’ultimo decennio nel 2012 (29,9 per cento).



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Le imprese «morte»






Abbiamo modo di pensare che con questo aggettivo Luigi Di Maio intenda parlare di chiusure aziendali, ovvero di fallimenti. Questa è la definizione fornita dall’enciclopedia Treccani online: “il procedimento giudiziario concorsuale instaurato con la sentenza del Tribunale che dichiara fallito l’imprenditore in stato di insolvenza e volto ad assicurare il soddisfacimento, a parità di condizioni, dei creditori”. Secondo il leader pentastellato nel 2015 hanno chiuso 15mila imprese, un bilancio che non si discosta dalla realtà ma che necessita di alcune precisazioni. In base all’Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese del Cerved, lo scorso anno i fallimenti hanno registrato un calo: sono 14.681 le imprese che hanno dichiarato fallimento, il 6,3 per cento in meno rispetto al 2014, l’annus horribilis in cui Cerved riscontrò un “incremento del 10,7 per cento rispetto al record negativo del 2013”. Se dunque il totale dei fallimenti del 2015 ha segnato un’inversione positiva, bisogna pur sempre sottolineare che è “quasi il doppio rispetto ai 7,5 mila del 2008, quando gli effetti della crisi non si erano ancora manifestati sul nostro sistema economico”.



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Il verdetto



Durante la puntata della trasmissione In ½ Ora Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, ha dichiarato che in Italia ci sono 17 milioni di cittadini a rischio povertà e che l’anno scorso «sono morte» 15mila imprese. Le stime coincidono con i dati riportati da due rapporti recenti in materia: secondo l’indagine campionaria dell’Istat in Italia 17.469.000 residenti vivono in una situazione di povertà o di esclusione sociale. Sul fronte delle imprese, il Cerved ha registrato 14.681 fallimenti nel 2015, un calcolo che Di Maio ha approssimato per eccesso. Vero per il leader M5S.



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*Per avere questa informazione basta consultare la piattaforma dei dati Istat e selezionare, nell’ordine, le voci: Popolazione-Popolazione residente al primo gennaio- Italia, regioni, province.