Durante la direzione nazionale del Partito Democratico, il Presidente del Consiglio (e segretario del Pd) Matteo Renzi ha parlato della crescita occupazionale negli Stati Uniti. Citando i risultati “straordinari” ottenuti da Barack Obama, ha detto che gli Usa hanno raggiunto “sostanzialmente” il pieno impiego. “Sono risultati straordinari, che non si vedevano da anni, per non dire da decenni”, ha commentato. I numeri confermeranno? E cosa significa “pieno impiego”? Pagella Politica ha studiato per voi.



Che cosa si intende con “pieno impiego”



La prima precisazione da fare è piuttosto controintuitiva. Il pieno impiego – o piena occupazione – non significa semplicemente che tutte le persone che desiderano un lavoro lo abbiano. Anzi. Nel lessico economico, “piena occupazione” è un’espressione dal significato più astratto e assai controverso, come controversa è la definizione stessa di disoccupazione.



Non è il caso di dar conto dei complessi dibattiti teorici intorno alla questione, ma un buon punto di partenza è la sintetica definizione che ne dà il dizionario De Mauro: la piena occupazione è la “riduzione al minimo della disoccupazione involontaria” che si accompagna alla “massima utilizzazione possibile dei fattori produttivi”. Intorno a questa definizione c’è più o meno il consenso della maggior parte degli economisti.



Può esistere quindi una disoccupazione volontaria, ad esempio nel caso in cui una persona non ritenga opportuno lavorare ai salari che vengono offerti sul mercato del lavoro. Ci può essere poi un certo grado di disoccupazione che dipende dalla mobilità della forza lavoro e dalla stagionalità. Una disoccupazione allo zero per cento, poi, non è una cosa buona per l’economia: rifletterebbe un mercato del lavoro ingessato e spingerebbe l’inflazione a salire.



Se la piena occupazione non corrisponde a un tasso di disoccupazione nullo, allora, qual è la percentuale che la caratterizza? Non è facile dirlo. William Beveridge, il padre del sistema di welfare britannico dopo la Seconda Guerra Mondiale, definì la soglia al 3 per cento, ma le stime sono cambiate nel tempo e a seconda dei Paesi. Più di recente, il premio Nobel per l’Economia Chris Pissarides ha stimato un “sano” tasso di disoccupazione intorno al 5%.



Il “pieno impiego” negli Stati Uniti



Concentriamoci quindi sugli Stati Uniti, di cui si occupa Matteo Renzi. Da qualche tempo si parla, nel Paese, della vicinanza del livello di “piena occupazione”, che era stato ad esempio previsto per l’inizio del 2016 dalla maggioranza degli economisti interrogati in un sondaggio dal Wall Street Journal.



graph



Per quello che ci interessa, abbiamo a disposizione un recente articolo divulgativo sul tema dell’occupazione, pubblicato a febbraio dalla Federal Reserve di St. Louis (una delle 12 sezioni regionali che compongono la banca centrale degli Stati Uniti).



Nell’articolo, molto chiaro e sintetico, si legge che la piena occupazione (full employment) coincide con il “tasso naturale di disoccupazione”. Bisogna cioè escludere il tasso di disoccupazione dovuto a una situazione di crisi economica (quello cosiddetto “ciclico”) e includerne invece altri due: quello “frizionale”, che viene dalla normale mobilità della forza lavoro che abbiamo citato prima (ad es., chi entra nel mercato del lavoro subito dopo la laurea potrà passare un certo periodo di disoccupazione; lo stesso per chi passa da un lavoro ad un altro eccetera) e quello “strutturale”, dovuto alla non perfetta coincidenza delle competenze richieste dai datori di lavoro con quelle che possiedono i lavoratori.



Il risultato è calcolato negli Stati Uniti con l’indice NROU (Natural Rate of Unemployment) a lungo termine, registrato qui. Come si vede, per il 2016 esso è intorno al 4,8-4,9%. A marzo, il Bureau of Labor Statistics statunitense, che si occupa appunto del calcolo del tasso di disoccupazione, stimava il valore al 5%, vicinissimo al NROU (e inferiore a quanto citato da Renzi).



L’articolo della Fed di St. Louis conclude che “i dati recenti sulla disoccupazione indicano che l’economia Usa è vicina alla piena occupazione. Tuttavia, molti commentatori dubitano che il tasso di disoccupazione rifletta in modo soddisfacente la realtà dei lavoratori sotto-occupati e scoraggiati – entrambi non conteggiati tra i disoccupati. […] Ad ogni modo […], l’attuale basso tasso di disoccupazione è probabilmente l’indicatore di un mercato del lavoro forte”.



Il verdetto



Il Presidente del Consiglio dice che gli Stati Uniti sono “sostanzialmente al pieno impiego”. Anche se vale la pena fare qualche precisazione sul concetto di “pieno impiego”, molti economisti negli Stati Uniti concordano. Renzi cita poi una cifra vicina al vero per il tasso di disoccupazione, “intorno al 6%” a fronte del 5 per cento di marzo 2016. “C’eri quasi” per Matteo Renzi.