Il 20 novembre Luigi Di Maio scriveva un post su Facebook sulle fonti finanziarie dell’Isis e sulla necessità di ridurle per colpire il cosiddetto Stato Islamico. Per il deputato 5 Stelle basta eliminare le ricchezze dell’Isis, che ha “il Pil di una media città italiana” per colpirlo al cuore del suo sostentamento economico. Vediamo se il paragone regge.



Il bilancio dell’Isis



Come abbiamo visto in questa analisi, le entrate del cosiddetto Stato Islamico sono stimate di solito tra 1 e 3 milioni di dollari al giorno. In un anno, possiamo quindi considerare plausibile una cifra tra i 365 milioni e i 1.195 miliardi di dollari. Le poche stime complessive sulle entrate annuali sono intorno al margine più alto di questa forbice, come quella calcolata dal ministro degli Esteri Gentiloni, che ha parlato di “più o meno” un miliardo di dollari l’anno. Notiamo però che l’intensificarsi dell’offensiva internazionale ha avuto assai probabilmente conseguenze economiche: gli attacchi alle zone petrolifere nella Siria orientale potrebbero portare a un drastico calo nella produzione, riportava pochi giorni fa il Financial Times.



Veniamo alla dichiarazione di Di Maio: il deputato pentastellato menziona il Pil, il che complica un po’ le cose. Le stime di cui parliamo, infatti, si riferiscono alle entrate dell’organizzazione terroristica che si fa chiamare “Stato Islamico” e non a qualcosa di simile al Prodotto Interno Lordo: ovvero non quantificano l’entità delle attività economiche complessive nei territori sotto il controllo dell’Isis, principalmente in Siria e Iraq.



Di conseguenza non è possibile fare una stima del “Pil dell’Isis” per almeno due ragioni: la prima è che il cosiddetto Stato Islamico non è un’entità statuale riconosciuta da nessuno, e le fonti ufficiali si guardano bene dal considerare una metrica simile quando ne parlano. La seconda è che si tratta di zone di conflitto tra le più “calde” del pianeta, in cui la linea del fronte si sposta di frequente: solo negli ultimi mesi l’Isis ha perso diversi territori, da ultimo la città di Sinjar, nell’Iraq nordoccidentale.



Insomma, la parte di Siria e Iraq controllata dall’Isis non è stabile, ragione per cui non è possibile stimare il totale delle attività economiche che vi si svolgono. Sicuramente queste sono molto calate rispetto ai livelli pre-conflitto: la Banca Mondiale ritiene che il Pil della Siria sia calato in media del 15,4% tra 2011 e 2014, con un ulteriore -16% circa previsto per il 2015; nel frattempo, l’economia irachena si è ridotta del 2,4% nel 2014 e si prevede per il 2015 una crescita limitata allo 0,5%.



Per quanto riguarda la popolazione, il Council on Foreign Relations sostiene che l’Isis abbia sotto il suo controllo circa 6,5 milioni di persone, mentre a marzo di quest’anno il presidente della Croce Rossa l’aveva stimata in circa 10 milioni. Altre stime recenti, come questa di Politico, pongono il totale degli abitanti ancora più in basso, tra 2,8 e 5,3 milioni senza contare gli spostamenti interni degli ultimi mesi.



Messa da parte la possibilità di considerare, anche economicamente parlando, l’Isis davvero come uno “Stato”, qualche paragone si può comunque operare per capire meglio la portata dell’organizzazione terroristica di cui tutti parlano.



Un confronto con le città italiane



Per rendere possibile il confronto, consideriamo le entrate stimate del cosiddetto Stato Islamico con le entrate messe a bilancio dei primi 20 Comuni italiani per popolazione al 1° gennaio 2015. Qui trovate tutti i dati usati nell’analisi (tutte le entrate si riferiscono al bilancio preventivo 2014).



graph



Dal grafico è evidente che il paragone che fa Di Maio con un Comune italiano è sensato, considerando le entrate. Le prime venti città italiane per popolazione, infatti, hanno entrate in un range che va dai 373 milioni di Modena agli 8,6 miliardi di Milano. Se classifichiamo questi Comuni per l’entità delle entrate, anziché per la popolazione, il cosiddetto Stato Islamico si porrebbe al nono posto (dopo Venezia) nel caso in cui prendessimo in considerazione la stima più alta (1195 milioni $/anno, circa 1130 milioni di euro); poco oltre il 20° se consideriamo la stima più bassa (365 milioni di dollari, cioè 345 milioni di euro).



Il verdetto



Il riferimento che Di Maio fa al Pil dell’Isis rischia di confondere le idee, perché è necessario tenere ben distinto il “bilancio” dell’organizzazione terroristica con le attività economiche che si svolgono nei territori sotto il suo controllo. Se consideriamo invece le entrate del cosiddetto Stato Islamico, è possibile fare un confronto con i bilanci dei Comuni italiani.



Ne emerge che, in effetti, i volumi di denaro coinvolti sono simili a quelli di un nostro grande Comune: tenendo conto delle stime più diffuse sulle entrate dell’Isis – valutate intorno a un miliardo di dollari l’anno – siamo intorno al decimo posto di questa strana classifica comparata. Poiché Di Maio fa un po’ di confusione con la misura da valutare e visto che stiamo parlando di centri con dimensioni poco più che “medie”, la nostra valutazione della sua dichiarazione è un “Nì”.