Il fact-checking in breve
• Negli ultimi giorni si è parlato molto della decisione del governo di sospendere le attività nelle discoteche.
• Il ministro della Salute Roberto Speranza e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte hanno detto che il governo non aveva mai autorizzato la riapertura delle discoteche, ma che aveva dato margini di libertà sul tema alle singole regioni.
• Abbiamo verificato e i Dpcm, dalla “Fase 2” in poi, hanno sempre ribadito la sospensione delle attività in discoteca, ma il Dpcm dell’11 giugno scorso (così come quelli successivi del 14 luglio e del 7 agosto) conteneva linee guida che ne consentivano la riapertura.
• Dunque, da un lato è vero che il governo ha sempre ribadito la chiusura delle discoteche, ma dall’altro lato è vero che, su base regionale, ne ha concesso da oltre due mesi la parziale riapertura.
Il 23 agosto, in un colloquio con La Stampa, il ministro della Salute Roberto Speranza (Liberi e Uguali) ha difeso la chiusura delle discoteche, introdotta con una sua ordinanza lo scorso 16 agosto per limitare l’aumento dei casi di Covid-19 in Italia.
Secondo Speranza, in «tutti» i decreti del presidente del Consiglio (Dpcm) «non è mai stato detto» che le discoteche «dovessero riaprire». «Poi abbiamo dato la facoltà ai governatori di decidere da soli, e dopo quel che successo abbiamo disposto la chiusura», ha sottolineato il ministro.
Una versione simile dei fatti è stata riportata il 19 agosto anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in un’intervista con Il Fatto Quotidiano.
«Il governo non ha mai autorizzato l’apertura delle discoteche», ha detto Conte. «Alcune regioni, tuttavia, hanno voluto adottare protocolli sanitari ritenendoli compatibili con la riapertura delle discoteche. Abbiamo lasciato fare per alcuni giorni, ma quando abbiamo constatato che la curva epidemiologica rischiava di risalire siamo intervenuti».
Ma le cose sono davvero andate così? È vero che il governo non aveva mai detto che le discoteche dovessero riaprire o non ne aveva mai autorizzato l’apertura? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.
– Leggi anche: Perché i calcoli sui soldi delle discoteche che circolano sui social sono sbagliati
L’ordinanza di Speranza
Il 16 agosto il ministro Speranza ha firmato un’ordinanza per introdurre nuove misure «urgenti» in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
«Sono sospese, all’aperto o al chiuso, le attività del ballo che abbiano luogo in discoteche, sale da ballo e locali assimilati destinati all’intrattenimento – ha stabilito l’ordinanza – o che si svolgono in lidi, stabilimenti balneari, spiagge attrezzate, spiagge libere, spazi comuni delle strutture ricettive o in altri luoghi aperti al pubblico». Questa disposizione è valida fino all’approvazione di un nuovo Dpcm con misure legate all’emergenza coronavirus.
Negli ultimi giorni, si è acceso un forte dibattito su questa ordinanza e sulla “chiusura” delle discoteche – che, in realtà, possono comunque rimanere aperte senza far ballare le persone. In particolare, come abbiamo scritto di recente, si sono formati due schieramenti: da un lato c’è chi difende la scelta del governo, criticando inoltre i gestori delle discoteche e accusandoli tra le altre cose di essere poco trasparenti dal punto di vista fiscale; dall’altro lato ci sono gli addetti ai lavori, che denunciano perdite per centinaia di milioni di euro.
Ma, al di là di questo scontro, perché il Ministero della Salute ha dovuto bloccare le attività delle discoteche, se sia Speranza che Conte dicono di non aver mai autorizzato la loro apertura?
Che cosa dicono i Dpcm
Per capire quanto è successo nelle ultime settimane, bisogna fare un passo indietro, ai giorni immediatamente successivi alla fine del lockdown nazionale.
Il 17 maggio è stato firmato il Dpcm con cui l’Italia è entrata definitivamente nella cosiddetta “Fase 2”. Tra le varie misure, il Dpcm conteneva le seguenti parole: «Restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso». Questa frase identica è contenuta anche nei Dpcm seguenti, ossia quelli dell’11 giugno e del 7 agosto.
Dunque, in base a queste disposizioni, sembra che le discoteche e i locali simili dovessero rimanere sempre chiuse nel nostro Paese, o comunque con le attività da ballo sospese.
In realtà – come hanno ricordato sia Speranza che Conte – le regioni hanno poi avuto un margine di discrezionalità per decidere quando riaprire, ma seguendo delle linee guida precise.
Nei Dpcm dell’11 giugno e del 7 agosto, nel comma dove vengono nominate le discoteche, si legge infatti che «le Regioni e le Province autonome, in relazione all’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori, possono stabilire una diversa data di ripresa delle attività».
Le linee guida sulle riaperture – approvate anche dalla Conferenza delle Regioni (un organismo di coordinamento politico tra le varie regioni italiane) – stabilivano i criteri con cui si potevano riaprire le discoteche.
In pratica, dall’11 giugno in poi le singole Regioni potevano far ripartire le attività nelle discoteche, facendo rispettare però alcuni principi: per esempio, predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione; riorganizzare gli spazi per evitare assembramenti; garantire il rilevamento della temperatura corporea all’ingresso e il mantenimento della distanza interpersonale di un metro; consentire le attività del ballo solo negli spazi esterni.
E questo è quello che è avvenuto, con gli annunci immediatamente successivi al Dpcm dell’11 giugno di alcuni presidenti di regione – come Giovanni Toti della Liguria o Stefano Bonaccini dell’Emilia-Romagna – che stabilivano la riapertura delle attività in discoteca.
Con l’aumentare dei casi di contagio da Covid-19 nelle prime due settimane di agosto, il governo ha poi fatto marcia indietro, intervenendo con l’ordinanza del Ministero della Salute del 16 agosto.
Tiriamo le somme
Ricapitoliamo quanto visto finora.
Da un lato, nei vari Dpcm pubblicati dall’inizio della “Fase 2” in poi, il governo ha sempre ribadito che «le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso» dovessero rimanere «sospese», rimandando con i vari Dpcm la data ufficiale di riapertura.
Dall’altro lato, però, a partire dal Dpcm dell’11 giugno, il governo ha dato la possibilità alle regioni di far ripartire anticipatamente queste attività rispettando una serie di linee guida. Con l’ordinanza del Ministero della Salute del 16 agosto questa possibilità è stata di fatto eliminata.
Il dibattito sulle discoteche rientra dunque in quello più generale sul complicato rapporto tra Stato e regioni, come abbiamo visto in passato essere accaduto anche per i primi provvedimenti della “Fase 2” o, più di recente, per la questione del ritorno alla piena capienza dei treni ad alta velocità.
In alcune occasioni è infatti accaduto che il governo stabilisse una misura a livello nazionale, ma concedendo deroghe alle regioni ha creato un quadro a volte confusionario.
In questo caso specifico, Speranza ha ragione quando dice che «in tutti i Dpcm non è mai stato che dovessero riaprire» le discoteche, mentre Conte è fuorviante quando afferma che «il governo non ha mai autorizzato l’apertura delle discoteche». Il punto è che l’esecutivo ne ha sì autorizzato la riapertura, ma sulla base del rispetto di alcune linee guida e dando libertà di azione alle singole regioni.
In conclusione
Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare della chiusura delle discoteche disposta dal Ministero della Salute. Nel difendere questa decisione dalle critiche, Speranza ha detto che nessun Dpcm aveva detto che le discoteche «dovessero riaprire», mentre secondo Conte «il governo non ha mai autorizzato» la loro riapertura.
Da un lato, è vero che da maggio in poi, i vari Dpcm hanno sempre ribadito la sospensione delle attività in discoteca e in locali simili.
Dall’altro lato, il governo – con il Dpcm dell’11 giugno e quelli successivi – ha concesso alle regioni di procedere con la riapertura delle discoteche, facendo rispettare una serie di regole, come la riorganizzazione degli spazi, il mantenimento della distanza personale e lo svolgimento all’esterno delle attività da ballo.
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