Il 13 ottobre è stata approvata all’unanimità dalla Camera (393 voti favorevoli, zero contrari) una proposta di legge sulla parità salariale tra i generi, che andrà a integrare il preesistente Codice delle pari opportunità, che dal 2006 riunisce le disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna.
Il provvedimento punta a ridurre il cosiddetto “gender pay gap”, ossia la differenza di salario tra donne e uomini, e a far emergere ulteriori discriminazioni in ambito lavorativo. Dopo il sì della Camera, il disegno di legge passa ora al Senato. Vediamo nei dettagli che cosa contiene il testo approvato e quali sono nello specifico le misure messe in campo.
Quanto pesa il divario salariale in Italia
Secondo i dati Eurostat aggiornati al 2019, la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne in Italia si attesta al 4,7 per cento (terzi nell’Ue dopo Romania e Lussemburgo), ben al di sotto del 14,1 per cento della media europea. La percentuale però cambia di molto se si considera il divario retributivo di genere complessivo, cioè lo scarto tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini, che tiene conto di diversi elementi, tra cui il fatto che gli uomini lavorano in media più ore all’anno rispetto alle donne. In questo caso la differenza (dati 2018) sale al 43 per cento, terzo divario più alto dopo Paesi Bassi e Austria.
Per quanto riguarda l’occupazione in generale invece, l’Italia è tra i Paesi Ue con il più alto divario occupazionale di genere (ossia la differenza tra gli occupati uomini e donne), pari al 19,6 per cento, contro una media europea pari a meno del 12 per cento.
Le novità della legge
La proposta di legge, presentata con un testo unificato dalla relatrice Chiara Gribaudo del Partito democratico, è il risultato di una serie di proposte di legge avanzate nel corso di questa legislatura. La prima risale al 17 aprile 2018 ed è a prima firma della deputata M5s Tiziana Ciprini, ma in questi tre anni quasi tutti i partiti hanno presentato disegni di legge per superare il divario retributivo tra i sessi, anche FdI con una proposta a prima firma di Giorgia Meloni, non accorpata però al testo unificato. Ma che cosa stabilisce quella appena approvata a Montecitorio?
Il testo unificato, approvato dalle Commissioni parlamentari, si compone di sei articoli che propongono delle modifiche al Codice delle pari opportunità adottato nel 2006 e altre disposizioni sul gender gap in ambito lavorativo.
L’articolo 1 modifica l’articolo 20 del Codice pari opportunità, passando dal ministro del Lavoro a una figura apposita il compito di «redigere ogni due anni una relazione di monitoraggio sulla disparità di genere in ambito lavorativo».
L’articolo 2 modifica l’articolo 25 del Codice, aggiungendo tra le discriminazioni indirette (cioè quei comportamenti apparentemente neutri che possono mettere le donne in quanto tali in una posizione di svantaggio) «la modifica delle condizioni e dei tempi di lavoro che sfavoriscono in ragione del sesso e delle esigenze familiari».
Il testo stabilisce inoltre (art. 3), per le aziende con più di 50 dipendenti (prima era 100), «la redazione di un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile» in base a diversi parametri.
Con l’articolo 4 invece si inserisce nel Codice l’articolo 46-bis, che istituisce la «certificazione della parità di genere», un sistema che servirà ad attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere. Gli sgravi fiscali fino a 50 mila euro per le aziende che ottengono tale certificato sono descritti all’articolo 5.
Infine, l’articolo 6 dispone l’equilibrio di genere negli organi delle società pubbliche non quotate, in base al quale il genere meno rappresentato deve ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti.
Insomma, tra le novità introdotte dalla legge ci sono nuovi strumenti per la lotta alla discriminazione di genere sul posto di lavoro, come l’individuazione di ulteriori forme di discriminazione indirette e l’obbligo per le aziende di redigere rapporti sul divario di genere tra i propri dipendenti. Viene inoltre introdotta la “certificazione della parità di genere”, che comporterà sgravi fiscali per le aziende meritevoli, e il principio di equilibrio di genere negli organi delle società pubbliche.
Nei prossimi giorni verranno stabilite le tempistiche con le quali il testo di legge verrà esaminato dalle Commissioni al Senato e poi votato, prima di poter eventualmente entrare definitivamente in vigore.
Commenti positivi da tutti gli schieramenti
I partiti hanno commentato favorevolmente il passaggio della legge alla Camera, votato favorevolmente da tutti i 393 deputati presenti in Assemblea.
Gribaudo, nel suo intervento alla Camera prima della votazione, ha voluto sottolineare come questa legge sia il risultato di un lavoro congiunto da parte di tutte le forze politiche «a dimostrazione che, quando si dà spazio al Parlamento e al dialogo, i risultati possono arrivare». Gribaudo ha inoltre dedicato questa «bella pagina del Parlamento italiano» a tutte le donne «pagate meno dei colleghi uomini, alle donne che hanno i titoli ma non il sesso giusto per essere dirigenti. La democrazia comporta fatica ma può consentirci di costruire diritti e futuro».
Per la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini di Forza Italia, firmataria di una delle leggi poi accorpate nel testo unico, quello del 13 ottobre è stato «un passo avanti importante, che l’Italia aspetta da tempo. Il futuro delle donne passa dal lavoro». Anche l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina del M5s, ha commentato il buon esito della votazione, esprimendo però la necessità di un’attività politica adeguata che attui quanto scritto nella legge: «È una legge che contiene tante buone idee, ora sta a noi “metterle a terra”».
Plausi anche dalla Lega, con la deputata Elena Murelli che ha dichiarato: «Dobbiamo fare in modo che tutte le donne possano ricevere il rispetto dovuto e il trattamento appropriato alla loro posizione». Fratelli d’Italia, che aveva presentato alcuni emendamenti al testo di legge, tutti respinti, ha comunque votato a favore. La deputata di FdI Carmela Bucalo ha giustificato la decisione con «la speranza che questo porti a migliorare l’accesso delle donne ai posti di lavoro dignitosi, per poter svolgere con professionalità il doppio ruolo al quale la natura le deve indirizzare senza discriminazioni di genere».
In conclusione
Il 13 ottobre la Camera ha approvato all’unanimità una proposta di legge sulla parità salariale tra i generi, che integrerà il preesistente Codice delle pari opportunità.
Attualmente, in Italia la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne in Italia si attesta al 4,7 per cento, ma sale fino al 43 per cento se si considera la disparità salariale al netto dei tassi di occupazione e delle ore di lavoro.
Il provvedimento si divide in sei articoli e introduce nuovi strumenti per la lotta alla discriminazione di genere sul posto di lavoro, sgravi fiscali per le aziende che promuovo la parità di genere e nuove disposizioni per gli organi direttivi delle società pubbliche.
La legge, frutto di un lavoro condiviso tra i partiti, ha ricevuto commenti positivi da tutti gli schieramenti. Adesso il testo dovrà essere sottoposto all’esame delle varie commissioni al Senato e poi votato, prima di entrare in vigore.
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