Tagliare le tasse sulla benzina è una buona idea?

Questa strategia è stata seguita dall’Italia e da molti altri Paesi europei, ma secondo alcuni i costi sono maggiori dei benefici
ANSA/GIORGIO BENVENUTI
ANSA/GIORGIO BENVENUTI
Secondo i dati più aggiornati del Ministero della Transizione ecologica, nella settimana tra il 6 e il 12 giugno il prezzo della benzina in Italia è tornato in media a superare i 2 euro al litro, con il gasolio in crescita, a circa 1,94 euro al litro. Negli ultimi giorni diversi politici, tra cui il leader della Lega Matteo Salvini, hanno chiesto al governo guidato da Mario Draghi di estendere a tutta l’estate il taglio delle tasse sui carburanti, introdotto a marzo dal governo e prorogato fino al prossimo 8 luglio. 

L’obiettivo della riduzione delle imposte su benzina e gasolio è quello di contenere gli aumenti dei prezzi dei carburanti, in parte dovuti anche all’inizio della guerra in Ucraina. L’Italia non è stato l’unico Paese ad adottare questa strategia. Secondo Transport & Environment, un gruppo di organizzazioni non governative europee che promuovono la mobilità sostenibile, a maggio almeno 18 Paesi dell’Unione europea avevano stanziato risorse per far fronte ai rincari dei carburanti.

Se da un lato, in un contesto economico come quello attuale, i benefici di un taglio delle imposte sembrano evidenti (si evitano costi aggiuntivi per chi usa quotidianamente mezzi di trasporto privato, per esempio per motivi di lavoro), dall’altro lato diversi osservatori hanno segnalato come questa strategia, costata all’Italia già quasi 3,4 miliardi di euro, non sia esente da rischi.

Gli effetti sulla domanda

Un primo problema del taglio delle imposte sono i suoi effetti sulla domanda e l’offerta di petrolio. Come ha sottolineato a fine marzo la rivista britannica The Economist, ridurre il prezzo della benzina e del gasolio rischia di incentivarne il consumo tra gli automobilisti, in un periodo in cui c’è scarsità di questi due carburanti, per ragioni anche geopolitiche, come confermato dai recenti dati dell’Opec, l’organizzazione che raggruppa i principali produttori di petrolio al mondo. Se gli automobilisti, grazie ai tagli, percepiscono che il prezzo dei carburanti si abbassa, si rischia un aumento della domanda e a sua volta una spinta al rialzo dei prezzi oppure l’eventuale introduzione di razionamenti, per far fronte alla carenza di carburanti. 

Secondo i sostenitori del taglio delle imposte, quest’ultime in Italia sono tra le più alte nell’Unione europea. È vero: i dati lo confermano, anche se è scorretto dire che con le accise paghiamo ancora la guerra in Etiopia del 1935. Ma il taglio introdotto in questi mesi dal governo italiano non è un intervento strutturale: per intenderci, non è stato introdotto per rimanere per sempre e non affronta direttamente «le tensioni più ampie che interessano il mercato» in questi mesi, come ha spiegato a marzo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). 

Secondo l’Iea, che ha pubblicato un piano con dieci suggerimenti per ridurre la dipendenza europea dal petrolio russo, bisogna agire soprattutto sul lato della riduzione della richiesta di carburanti, fronte su cui, come abbiamo visto, i tagli delle imposte hanno dei limiti.

Un aiuto ai più ricchi?

La stessa Iea ha evidenziato un problema nell’investire ingenti risorse pubbliche nel taglio dei prezzi di benzina e petrolio. «Quando possibile, gli interventi sui prezzi dovrebbero essere progettati con attenzione, dando la precedenza alle fasce più povere della popolazione e a quei cittadini che utilizzano le auto come parte indispensabile della loro attività economica», ha sottolineato l’agenzia. 

La riduzione indiscriminata sulle imposte dei carburanti ha benefici per tutti quelli che usano auto e moto, senza distinzioni per esempio di reddito. Secondo le stime di Transport & Environment, il 10 per cento degli automobilisti più ricchi beneficiano con il taglio del prezzo di benzina e gasolio di una cifra otto volte superiore rispetto a quelli più poveri, perché in media consumano molto più carburante.

Gli incentivi al trasporto pubblico

Con il decreto “Aiuti” approvato a maggio, e ora all’esame della Camera, il governo ha provato a introdurre una serie di misure per aiutare più direttamente le fasce della popolazione con i redditi più bassi nell’ambito dei trasporti. Per esempio, sono stanziati 79 milioni di euro per la creazione di un fondo a sostegno dell’utilizzo del trasporto pubblico. Fino a esaurimento dei soldi messi a disposizione, chi nel 2021 ha dichiarato un reddito inferiore ai 35 mila euro lordi potrà ricevere dallo Stato un bonus per il valore massimo di 60 euro per l’acquisto di un solo abbonamento per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale o per i servizi di trasporto ferroviario nazionale. 

Quando si potrà richiedere questo bonus da 60 euro? Al momento, si è ancora in attesa della pubblicazione di un decreto attuativo del Ministero del Lavoro, di quello dell’Economia e di quello delle Infrastrutture, che chiarirà come presentare le domande. 

Altri Paesi europei hanno cercato soluzioni più ambiziose per incentivare i cittadini a usare di più il trasporto pubblico e meno quello privato, riducendo così la domanda di carburanti. Per esempio, in Germania dal 1° giugno fino alla fine di agosto i cittadini residenti e i turisti possono acquistare un biglietto mensile da 9 euro, che permette di viaggiare su tutta la linea di trasporto pubblico nazionale. Anche questa proposta – finanziata con circa 2,5 miliardi di euro dal governo federale tedesco – non è stata esente da critiche, visto che parallelamente lo stesso governo tedesco ha deciso di tagliare le imposte sui carburanti.

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