I parlamentari italiani hanno davvero gli stipendi più alti d’Europa?

Rispondere con precisione a questa domanda è tutt’altro che semplice: c’entrano le voci che si aggiungono alle indennità e i diversi sistemi previdenziali e di tassazione
ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
In meno di un mese sono tornate di moda le critiche verso gli stipendi percepiti dai parlamentari italiani. Il 13 luglio alla Camera è stato deciso di aumentare di circa 1.200 euro netti l’indennità dei capigruppo, mentre il 3 agosto il deputato del Partito Democratico Piero Fassino ha detto in aula che lui e i suoi colleghi non percepiscono «stipendi d’oro», ma meno di 5 mila euro al mese. Con le critiche è ripresa a circolare la notizia secondo cui i parlamentari italiani sarebbero i più pagati d’Europa. Ma è davvero così? Avere una risposta definitiva a questa domanda è tutt’altro che semplice per varie ragioni.  

Prendiamo come termine di paragone i membri delle camere basse dei Parlamenti dei cinque principali Paesi europei: Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. 

In Italia un deputato ha un’indennità (l’equivalente dello stipendio per gli altri lavoratori) pari a 10.435 euro, che equivalgono a circa 5 mila euro netti togliendo varie voci, tra cui le imposte e i contributi previdenziali. A questa indennità si aggiungono però altri benefici. C’è la cosiddetta “diaria”, ossia il rimborso delle spese di soggiorno a Roma, che è pari a circa 3.500 euro al mese (ridotti per ogni giorno di assenza del deputato nelle votazioni elettroniche). Ci sono poi il rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, pari a circa 3.700 euro mensili e un rimborso per i trasferimenti verso l’aeroporto usato in direzione di Roma. Tra le altre cose, i deputati hanno 1.200 euro di rimborso annuo per le spese telefoniche e la possibilità di viaggiare gratuitamente sulle autostrade, in treno, in nave e in aereo a livello nazionale. 

In Germania i membri del Bundestag godono di un’indennità lorda di 10.591 euro, di fatto uguale a quella dei deputati italiani. Oltre all’indennità, i parlamentari tedeschi godono poi di un rimborso spese legato alla loro attività che ammonta a 4.725 euro mensili.

In Francia i parlamentari dell’Assemblée nationale ricevono invece una retribuzione più bassa, pari a 7.605 euro lordi al mese, circa 6 mila euro netti. In questa somma sono comprese l’indennità come parlamentare e altre voci.

In Spagna i membri del Congreso de los diputados godono tutti di un’indennità pari a 3.127 euro lordi al mese, a cui si aggiungono però una serie di indennità aggiuntive e di benefit, che cambiano a seconda del ruolo. Per esempio il presidente della camera guadagna circa 3.400 euro lordi in più, a cui si sommano circa 3.700 euro lordi per spese di rappresentanza e altri 3 mila euro lordi dedicati ad altre spese eventuali. 

Infine i membri della House of Commons hanno un’indennità di circa 8.300 euro al mese, frutto di aumenti introdotti dal 2010 in poi. I parlamentari che ricoprono particolari funzioni, come i presidenti delle commissioni parlamentari, percepiscono una retribuzione aggiuntiva pari a 17.354 sterline lorde all’anno, circa 20 mila euro lordi.

Un confronto non semplice

Sulla base di questi numeri sembra corretto dire che i deputati italiani siano tra i più pagati. In realtà le cose sono più complicate di così, come ha dimostrato in passato un tentativo di fare ordine sui costi dei parlamentari.

Nel 2011 il quarto governo Berlusconi creò una commissione con il compito di raccogliere i dati, a livello italiano ed europeo, sugli stipendi dei vertici delle principali amministrazioni pubbliche e sui parlamentari, per fissare un tetto alle retribuzioni. Alla fine di quell’anno la commissione, presieduta dall’allora presidente dell’Istat Enrico Giovannini (poi ministro delle Infrastrutture nel governo Draghi) ha pubblicato una relazione sui suoi lavori con un confronto tra le retribuzione dei parlamentari di Italia, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Austria. 

Oltre dieci anni fa i parlamentari che percepivano l’indennità più elevata tra i Paesi considerati erano gli italiani (circa 11.280 euro lordi per i deputati), seguiti da quelli dei Paesi Bassi (circa 8.500 euro) e dagli austriaci (8.160 euro). I benefit registrati dalla commissione variavano molto da Paese a Paese, dimostrando già a quel tempo quanto fosse difficile avere una cifra complessiva di quanto percepito dai parlamentari. Per esempio all’epoca la diaria per i deputati italiani corrispondeva a circa 3.500 euro mensili, esenti da tassazione, mentre la diaria dei deputati francesi erano tariffe agevolate per alloggi di proprietà dell’Assemblée nationale. La commissione non era poi riuscita a fare un confronto tra le retribuzioni dei senatori italiani e quelli tedeschi. I membri del Bundesrat, il Senato tedesco, non vengono eletti direttamente dai cittadini ma tra gli amministratori locali, e non sono per questo comparabili ai senatori italiani.

I diversi regimi previdenziali e di tassazione sui redditi rendevano – e rendono ancora tutt’oggi – di fatto impossibile sapere quanto resta nel complesso in busta paga a un parlamentare, considerando il valore netto.

Il rapporto del 2016

Nel 2016 varie fonti stampa hanno rilanciato i risultati di una ricerca condotta dall’Independent parliamentary standards authority (Ipsa), un’autorità indipendente del Regno Unito, creata nel 2009 per determinare stipendi e pensioni dei parlamentari e di regolare i loro costi e spese. Secondo questo studio, all’epoca un parlamentare italiano arrivava a ricevere complessivamente 120.546 sterline lorde all’anno, tra indennità, diaria e rimborsi, al primo posto tra i Paesi considerati. A seguire c’erano l’Australia (117.805 sterline), gli Stati Uniti (114.660), il Canada (100.166) e la Norvegia (87.964). Nella seconda parte della classifica c’erano invece Irlanda (79.556), Germania (78.979), Nuova Zelanda (74.154), Svezia (69.017). Infine gli ultimi tre erano Regno Unito (66.396), Francia (56.815) e Spagna (28.969). 

Come abbiamo spiegato nel 2019 in un fact-checking per l’agenzia stampa Agi, all’epoca non c’erano i dati necessari per una comparazione valida tra le varie camere dei Paesi europei.

La Camera dei deputati aveva inoltre sollevato alcuni dubbi sui tentativi di fare confronti sulle retribuzioni. «È difficile fare un raffronto tra importi lordi, che risentono di regimi fiscali e previdenziali non sempre pienamente confrontabili», aveva sottolineato la Camera nel 2016 in una nota. Come abbiamo visto sopra, confrontare solo i valori lordi ha senso solo fino a un certo punto, perché si terrebbe in considerazione il peso delle tasse e dei contributi, che varia da Paese a Paese e che cambia in modo significativo il netto che alla fine percepiscono gli onorevoli.

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