Il percorso a tappe verso la legge di Bilancio per il 2024 sta entrando nel vivo e il governo Meloni dovrà decidere quante risorse destinare per i prossimi anni ai vari settori della spesa pubblica. Quest’anno uno dei più discussi è quello relativo alla difesa.
Secondo gli impegni presi con la Nato, l’alleanza militare di cui fa parte l’Italia insieme ad altri 30 Paesi, entro il 2024 tutti gli Stati membri dovranno raggiungere una spesa per la difesa pari al 2 per cento del Prodotto interno lordo (Pil). Questo significa che, entro la fine del prossimo anno, anche l’Italia dovrebbe arrivare a spendere il 2 per cento della ricchezza nazionale in spese militari. In realtà, come abbiamo spiegato in passato, non si tratta di un impegno vincolante, ma piuttosto di un obiettivo fissato nel 2014 per assicurare la prontezza militare della Nato e per cui non sono previste particolari sanzioni in caso di mancato rispetto. Nel caso dell’Italia il governo Draghi aveva stabilito che l’obiettivo del 2 per cento del Pil in spese militari sarà raggiunto in modo graduale entro il 2028, come indicato nel Documento programmatico della Difesa per il triennio 2022-2024.
A giugno, durante un question time alla Camera, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha confermato l’impegno di portare al 2 per cento il rapporto tra le spese per la difesa e il Pil, compatibilmente con la limitata disponibilità di risorse per la manovra di bilancio. Più di recente la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, ospite della trasmissione Otto e mezzo, ha dichiarato che il raggiungimento della soglia del 2 per cento «non è la priorità» di fronte ai «problemi della sanità pubblica, della scuola pubblica e dei salari delle persone». All’interno del PD non tutti sono però d’accordo con la linea della segretaria, a partire dall’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini.
Ma quanto spende oggi l’Italia per il settore della difesa? E quanto è lontana dal raggiungimento del 2 per cento del rapporto tra spese militari e Pil?
Secondo gli impegni presi con la Nato, l’alleanza militare di cui fa parte l’Italia insieme ad altri 30 Paesi, entro il 2024 tutti gli Stati membri dovranno raggiungere una spesa per la difesa pari al 2 per cento del Prodotto interno lordo (Pil). Questo significa che, entro la fine del prossimo anno, anche l’Italia dovrebbe arrivare a spendere il 2 per cento della ricchezza nazionale in spese militari. In realtà, come abbiamo spiegato in passato, non si tratta di un impegno vincolante, ma piuttosto di un obiettivo fissato nel 2014 per assicurare la prontezza militare della Nato e per cui non sono previste particolari sanzioni in caso di mancato rispetto. Nel caso dell’Italia il governo Draghi aveva stabilito che l’obiettivo del 2 per cento del Pil in spese militari sarà raggiunto in modo graduale entro il 2028, come indicato nel Documento programmatico della Difesa per il triennio 2022-2024.
A giugno, durante un question time alla Camera, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha confermato l’impegno di portare al 2 per cento il rapporto tra le spese per la difesa e il Pil, compatibilmente con la limitata disponibilità di risorse per la manovra di bilancio. Più di recente la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, ospite della trasmissione Otto e mezzo, ha dichiarato che il raggiungimento della soglia del 2 per cento «non è la priorità» di fronte ai «problemi della sanità pubblica, della scuola pubblica e dei salari delle persone». All’interno del PD non tutti sono però d’accordo con la linea della segretaria, a partire dall’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini.
Ma quanto spende oggi l’Italia per il settore della difesa? E quanto è lontana dal raggiungimento del 2 per cento del rapporto tra spese militari e Pil?