Salvini sottovaluta il peso degli allevamenti sul clima

Secondo il leader della Lega le loro emissioni non sono un problema, in realtà i numeri dicono una cosa diversa
Fonte: Pagina Facebook di Matteo Salvini
Fonte: Pagina Facebook di Matteo Salvini
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Il 29 novembre, ospite dell’assemblea annuale della Confederazione italiana agricoltori (Cia), il leader della Lega Matteo Salvini ha parlato di transizione ecologica e agricoltura. Tra le altre cose il vicepresidente del Consiglio ha minimizzato (min. 3:06) l’impatto degli allevamenti sulle emissioni inquinanti. «Come se il problema delle emissioni fossero gli allevamenti», ha detto Salvini, aggiungendo: «Abbiamo tanti altri problemi che non prendercela con gli allevatori del nostro Paese».

Abbiamo verificato che cosa dicono davvero i numeri e la situazione è meno ottimistica di come l’ha descritta il leader della Lega.

Le emissioni degli allevamenti in Italia

Partiamo dai dati più recenti pubblicati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), un ente pubblico vigilato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Secondo Ispra, nel 2021 l’intero settore dell’agricoltura ha contribuito a produrre quasi l’8 per cento di tutte le emissioni di gas serra in Italia. Questi gas, di cui fanno parte tra gli altri l’anidride carbonica (CO2) e il metano (CH4), intrappolano il calore del sole in atmosfera, causando il riscaldamento globale. Rispetto a trent’anni fa, le emissioni agricole sono scese del 13 per cento, grazie al calo del bestiame allevato, dei campi coltivati e dell’uso di fertilizzanti.

Proprio il bestiame e gli allevamenti hanno il peso maggiore sulle emissioni dell’agricoltura: circa il 75 per cento di queste emissioni infatti è generato dalla gestione degli animali allevati (Grafico 1). Sul totale delle emissioni nazionali, dunque, circa il 6 per cento proviene dagli allevamenti di animali, come mucche, maiali e pecore.
Grafico 2. Emissioni del settore agricolo divise per categoria emissiva – Fonte: Ispra
Grafico 2. Emissioni del settore agricolo divise per categoria emissiva – Fonte: Ispra
In questo settore la principale fonte di emissioni è la «fermentazione enterica delle razioni nell’apparato digerente del bestiame», in particolare dei ruminanti. La fermentazione enterica è il processo naturale con cui il cibo ingerito dal bestiame, come le mucche, è fermentato da batteri presenti nello stomaco degli animali. Attraverso questo processo viene prodotto gas metano, poi espulso dagli animali perlopiù attraverso la bocca, con l’eruttazione. Curiosità: solo una piccola parte delle emissioni di gas metano prodotta dai bovini è espulsa con le flatulenze. Altre fonti di emissioni negli allevamenti sono la gestione delle deiezioni degli animali e dei «reflui zootecnici», ossia degli escrementi e delle urine degli animali nei pascoli.

Non tutti gli animali hanno lo stesso peso sulle emissioni generate dagli allevamenti. In Italia quasi il 70 per cento di tutte le emissioni prodotte dagli animali allevati proviene dalle vacche da latte o da altri bovini (Grafico 2). Detta altrimenti, le mucche in Italia generano circa il 4 per cento delle emissioni di gas serra nazionali. Per avere un ordine di grandezza, è oltre il doppio delle emissioni generate nel nostro Paese dalle navi, dagli aerei e da altre forme di trasporto, escluso quello stradale.
Grafico 2. Peso delle emissioni di gas serra negli allevamenti, suddiviso per categoria di animali – Fonte: Ispra
Grafico 2. Peso delle emissioni di gas serra negli allevamenti, suddiviso per categoria di animali – Fonte: Ispra
Più nel dettaglio, spiega Ispra, il metano generato dalla fermentazione enterica rappresenta circa il 45 per cento delle emissioni dell’agricoltura. Queste emissioni sono generate soprattutto dalle vacche da latte e dipendono in buona parte dalla qualità e dalla quantità del cibo dato a questi animali. La gestione delle deiezioni degli animali è invece responsabile del 20 per cento delle emissioni totali del settore agricoltura.

A livello internazionale il peso dell’agricoltura e degli allevamenti sulle emissioni di gas serra è più alto rispetto a quello stimato per l’Italia. Qui le stime differiscono a seconda dei metodi di calcolo usati, dei periodi di tempo considerati e delle aree geografiche. Per esempio secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), oltre il 14 per cento delle emissioni di gas serra nel mondo è riconducibile agli allevamenti. Da regione a regione queste percentuali cambiano, ma in generale le previsioni raccolte dalla Fao indicano che nei prossimi anni il numero di capi di bestiame allevato continuerà a crescere a livello mondiale, sebbene in alcuni Paese si stiano registrando cali.

Il peso del metano

Come abbiamo visto, gli allevamenti generano soprattutto metano e secondo Ispra oltre il 30 per cento del metano emesso dall’Italia è prodotto dalla fermentazione enterica degli animali. Come sottolinea l’Agenzia europea dell’ambiente, che è un organismo dell’Unione europea, il metano è più efficace dell’anidride carbonica nell’intrappolare il calore e negli anni le sue concentrazioni nell’atmosfera stanno aumentando, contribuendo all’aumento medio delle temperature a livello globale. Circa il 17 per cento dei gas serra a livello mondiale è metano, mentre la CO2 pesa per quasi il 75 per cento. 

Gli effetti nocivi del metano sono stati sottolineati anche dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite che periodicamente realizza i report considerati tra i più autorevoli a livello internazionale sui cambiamenti climatici e i loro effetti. Secondo le stime dell’Ipcc, l’aumento di temperature registrato tra il 2010 e il 2019, rispetto al periodo tra il 1850 e il 1900, è imputabile per 0.5°C proprio al metano, mentre per 0.8°C alla CO2. Non tutto il metano è generato dagli allevamenti: il 60 per cento delle emissioni di questo gas serra è causato dalle attività umane, e un terzo dal settore energetico. Gli allevamenti giocano comunque un ruolo significativo nella sua produzione.

Di conseguenza ridurre le emissioni di metano – e degli allevamenti, a differenza di quanto lasciato intendere da Salvini – è quindi fondamentale da un lato per contrastare i cambiamenti climatici, dall’altro lato per migliorare la qualità dell’aria e della salute delle persone. Ispra ha ribadito nei suoi rapporti che «la riduzione delle emissioni di metano è essenziale per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serre di almeno il 55 per cento al 2030 e la neutralità emissiva nel 2050». L’Unione europea ha lanciato alcune iniziative per ridurre le emissioni di metano degli Stati membri e vari studi negli ultimi anni hanno mostrato che una riduzione del consumo di carne può portare benefici ambientali. La stessa Ipcc ha sottolineato nei suoi rapporti più recenti che gli interventi sull’agricoltura e gli allevamenti possono contribuire positivamente a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Infine non va dimenticato, sempre rimanendo nel campo delle emissioni, che in Italia l’agricoltura è anche la principale fonte di ammoniaca, di cui sono in parte responsabili anche gli allevamenti intensivi. L’ammoniaca, una volta dispersa nell’aria, può contribuire alla formazione del cosiddetto “particolato fine” (PM2,5), una sostanza inquinante che come spiega il Ministero della Salute è una delle prime cause della malattie respiratorie.

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