Rozzano non vuole essere la Caivano del Nord

Qui il governo vuole replicare il modello del comune campano, ma al di là dei soldi che arriveranno, c’è chi racconta una città diversa
Una veduta di Cascina Grande a Rozzano – Fonte: Pagina Facebook del Comune di Rozzano
Una veduta di Cascina Grande a Rozzano – Fonte: Pagina Facebook del Comune di Rozzano
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Il centro di Rozzano è fatto di cemento: palazzi alti, tutti uguali. Un po’ di verde resiste tra le aiuole e lungo i binari del tram 15, che collega la città al centro di Milano. Ma basta allontanarsi di qualche centinaio di metri per ritrovare la natura: distese verdi, campi, il torrente Lambro. Rozzano vive da sempre in questa doppia dimensione: cemento e natura, difficoltà e riscatto, fragilità ed eccellenze. Una contrapposizione che si riflette anche nel modo in cui la città viene raccontata. C’è chi la descrive come un luogo invivibile, insicuro, abbandonato. E chi invece l’ha scelta per viverci tutta la vita, perché la considera casa.

La fama di Rozzano è spesso appesantita da stereotipi, che finiscono per oscurare l’intera città. Dopo l’inserimento nel decreto “Caivano-bis” del governo, Rozzano viene sempre più spesso associata alla malavita, allo spaccio, all’abbandono scolastico, come se non esistesse altro. Ma non tutti condividono questa visione. «Per me Rozzano è una città normalissima, non ho mai avuto paura di girarci di giorno, di sera, di notte, a nessuna età. Quando ero adolescente tornavo a casa passando in mezzo ai quartieri “popolari”, ma non posso dirti nulla di diverso da qualsiasi altra città», racconta Virginia Danese, nata e cresciuta qui, fondatrice dell’associazione Resilia, che si occupa di interculturalità. «Ci sono quelle due o tre vie dove si sa che c’è più criminalità, ma come c’è a Milano, c’è a Torino, c’è ovunque», aggiunge Guido Bramato, rozzanese d’adozione. Nato a Cosenza, cresciuto a Bergamo, oggi lavora con Virginia e ha scelto di trasferirsi a Rozzano.

Nel comune vivono poco più di 41 mila abitanti, quasi la metà nelle case di edilizia residenziale pubblica. Una delle peculiarità di Rozzano è proprio questa: non ha un centro storico. Il centro coincide con i palazzi del quartiere ALER (l’Azienda lombarda per l’edilizia residenziale), le cosiddette “case popolari”. Attorno a questi edifici si sviluppa piazza Giovanni Foglia, intitolata al sindaco che guidò la città negli anni Ottanta, sulla quale si affaccia il municipio.

Proprio a causa dell’elevata concentrazione di alloggi popolari, nel 2021 il sindaco Gianni Ferretti (Forza Italia) chiese al governo che Rozzano fosse riconosciuta come “comune speciale”, per ottenere maggiori risorse. «Quando il decreto “Caivano-bis” era ancora in fase di definizione, Giorgia Meloni è venuta a conoscenza della nostra realtà e ha deciso di includerla nel progetto», ha spiegato la vicesindaca Maria Laura Guido (Fratelli d’Italia), che da novembre 2024 ha assunto le funzioni di sindaca dopo la morte di Ferretti, eletto per la prima volta nel 2019 e riconfermato nel 2024.
Una delle piazze del quartiere ALER – Foto: Pagella Politica
Una delle piazze del quartiere ALER – Foto: Pagella Politica

L’ingresso nel “modello Caivano”

Il nome del decreto viene da Caivano, un comune della città metropolitana di Napoli salito agli onori della cronaca nell’agosto 2023, quando si è scoperto che nel quartiere Parco Verde due bambine erano state stuprate per mesi. Il Parco Verde, costruito dopo il terremoto del 1980 per ospitare gli sfollati, è diventato nel tempo un ghetto: edifici fatiscenti, nessun servizio essenziale, un contesto di grave degrado. Il caso delle bambine ha portato alla luce le profonde difficoltà del territorio: abbandono scolastico, spaccio, povertà, assenza dello Stato.

Per affrontare questa situazione, nel settembre 2023 il governo Meloni ha approvato un decreto-legge, ribattezzato “Caivano”, che ha introdotto «misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale». Con quel provvedimento il governo ha affidato al commissario Fabio Ciciliano – medico e capo della Protezione civile – «il compito di predisporre e attuare un piano straordinario di interventi infrastrutturali o di riqualificazione funzionale al territorio». A quel piano sono seguiti investimenti straordinari: sono stati ristrutturati spazi di aggregazione, come il centro sportivo ex-Delphinia, e culturali, come l’università; è stato installato un sistema di videosorveglianza nelle strade e sono aumentati i controlli delle forze dell’ordine.

A un anno di distanza dalla denuncia degli stupri, Meloni ha annunciato l’estensione del modello di rigenerazione sociale sperimentato a Caivano ad altri territori. «Siamo al lavoro per completare il risanamento di Caivano e per estendere quel modello» ad altre «periferie degradate e che hanno bisogno del ritorno dello Stato», ha dichiarato ad agosto 2024, durante un Consiglio dei ministri. L’intenzione si è concretizzata con il decreto “Caivano-bis”, approvato il 31 dicembre 2024.
La sede del Comune di Rozzano – Foto: Pagella Politica
La sede del Comune di Rozzano – Foto: Pagella Politica
Il nuovo decreto introduce «misure urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza» e individua comuni e aree metropolitane «ad alta vulnerabilità» in cui replicare il “modello Caivano”. Tra questi ci sono i quartieri Alessandrino e Quarticciolo a Roma, Scampia e Secondigliano a Napoli, San Cristoforo a Catania, Borgo Nuovo a Palermo, e i comuni di Orta Nova (Foggia), Rosarno e San Ferdinando (Reggio Calabria). Rozzano è l’unica città del Nord inclusa nel piano.

Il decreto stabilisce che il piano di rigenerazione sarà gestito dal commissario straordinario Ciciliano, avrà una durata di tre anni e sarà finanziato con 180 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione, uno strumento pensato per ridurre i divari territoriali nel Paese. Al momento, però, non è ancora noto quanti soldi riceverà ciascun comune.

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Un piano, tre anni, 180 milioni

Il 28 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta del piano straordinario elaborato dal commissario Fabio Ciciliano, in collaborazione con i comuni coinvolti e con il Dipartimento per le Politiche di coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio. Il piano raccoglie gli interventi strutturali e i progetti di riqualificazione sociale previsti nelle aree selezionate dal decreto “Caivano-bis”. «È un modello operativo che prevede la durata di tre anni, finisce il 31 dicembre 2027», ha spiegato Ciciliano in conferenza stampa.

Il piano si articola in tre aree di intervento: opere infrastrutturali, progetti di riqualificazione sociale e ambientale, e ulteriori iniziative integrative. «In questo momento sono in piedi 96 progettualità che sono state identificate come prioritarie dai comuni insieme alla struttura commissariale», ha aggiunto Ciciliano, precisando che la spesa prevista per questi progetti è di circa 147 milioni di euro.

Dietro la selezione delle proposte c’è stato un lungo lavoro di confronto tra amministrazione e territorio, testimoniato anche dalla pila di documenti sulla scrivania della vicesindaca di Rozzano: si tratta dei progetti avanzati da associazioni, rappresentanti politici e parrocchie. «Abbiamo contattato tutte le associazioni culturali, sportive, tutte le chiese, di tutti i credi, Protezione civile, Croce Rossa, Croce Viola, tutte le realtà non associative legate al sociale, tutti i capigruppo di opposizione, di maggioranza. E abbiamo aperto tavoli di lavoro», ha raccontato Guido. In generale, sono stati accettati tutti i progetti tranne quelli con costi insostenibili sul lungo periodo o che prevedevano nuovo consumo di suolo. Particolare attenzione è stata data agli interventi su luoghi di aggregazione giovanile: impianti sportivi, scuole, oratori.

Secondo Carlo Papetti, vicepresidente dell’associazione Resilia, la capacità di collaborazione tra realtà associative e istituzioni politiche è uno dei punti di forza storici di Rozzano. «Il Consiglio comunale, perlomeno quelli con cui abbiamo lavorato noi, e poi di conseguenza la Giunta, è sempre stata apertissima a riempire i buchi, essere presente, fare quello che c’era da fare», ha detto Papetti. «Io vivo a Milano ma casa mia è Rozzano, vengo qui praticamente ogni giorno. Qua ho sempre trovato unione, coesione, disponibilità al prossimo, al progetto, all’idea, di qualsiasi stampo. L’ultimo sindaco era il primo di destra penso praticamente da sempre, e ci ha aperto le porte».
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Le opposizioni, però, lamentano un coinvolgimento tardivo. «Siamo stati contattati tardivamente e in maniera isolata come componente politica di opposizione. Avremmo preferito discuterne insieme, conoscere il commissario», ha raccontato Oscar Bersi, capogruppo del Partito Democratico in consiglio comunale. Passeggiando per la città, Bersi ha sottolineato che «i soldi che arrivano sul territorio non si rifiutano, sono utili perché le finanze comunali sono sempre più messe in crisi», ma resta da capire «come saranno spesi». Secondo lui, l’occupazione giovanile è uno dei nodi centrali: «Bisognerebbe dare alle persone la possibilità di riconquistare la città e riportare la marginalità a essere, come dice davvero il termine, al margine. Qui abbiamo un problema di occupazione, in particolare giovanile. Credo che davvero le tematiche su socialità e lavoro siano quelle più pressanti».

Questa posizione è condivisa da Virginia Danese dell’associazione Resilia, attiva a Rozzano dal 2012. «Sicuramente si dovrebbe fare un lavoro a partire dagli adolescenti. C’è poca consapevolezza di sé, delle proprie risorse».
La sede dell’associazione Resilia – Foto: Virginia Danese
La sede dell’associazione Resilia – Foto: Virginia Danese
Resilia ha sede nel cuore del quartiere ALER, in via Garofani, presso la Casa delle associazioni. Offre diversi servizi alla comunità: lezioni di italiano e inglese, corsi di arteterapia e danza orientale. «Ci sono contesti un po’ più fragili, spesso i ragazzi delle seconde generazioni si portano dietro tematiche culturali che influiscono nel loro inserimento sociale», ha aggiunto Danese. La presidente parla da uno dei luoghi più curati di Rozzano: Cascina Grande, un centro culturale immerso nel verde. A pochi minuti dalle case popolari, ospita una biblioteca, un bar, spazi studio e un osservatorio astronomico.
Uno scorcio di Cascina grande a Rozzano – Foto: Pagella Politica
Uno scorcio di Cascina grande a Rozzano – Foto: Pagella Politica

Una promessa che divide

Anche don Luigi Scarlino, parroco dell’oratorio Sant’Angelo, ha confermato il coinvolgimento della cittadinanza. «L’amministrazione ha coinvolto tutti, facendo presentare delle proposte. Secondo noi, la priorità è la lotta alle dipendenze», ha spiegato, aggiungendo che la comunità ecclesiale ha chiesto di destinare parte dei fondi all’ampliamento dei servizi per le tossicodipendenze (SERT).

A Rozzano dal 2020, don Luigi ha imparato a conoscerne luci e ombre. «È un posto fatto di contrasti: ci sono aree che non vivono in uno stato emergenziale, e altre che invece hanno delle fragilità al loro interno», ha raccontato, seduto a un banco di una grande sala dell’oratorio di Sant’Angelo. Secondo lui, sul territorio mancano spazi religiosi di aggregazione aperti a tutte le confessioni. E anche l’oratorio ha bisogno di interventi: costruito tra gli anni Sessanta e Settanta, non è mai stato ristrutturato. «L’oratorio non è in grado di mantenersi da solo perché le offerte sono scese. La gente non contribuisce più alle spese comunitarie come un tempo, soprattutto in questi luoghi dove la priorità è pagare la bolletta», ha aggiunto don Luigi.
L’oratorio di Sant’Angelo a Rozzano – Foto: Pagella Politica
L’oratorio di Sant’Angelo a Rozzano – Foto: Pagella Politica
Secondo la vicesindaca, essere inclusi nel decreto “Caivano-bis” offre a Rozzano «un’opportunità unica, incredibile», perché permette di intervenire su «infrastrutture che, vista la vastità del territorio, non sarebbe stato possibile portare avanti in breve tempo». «Dunque, questo decreto ci dà una capacità di riqualificare credo unica storicamente», ha aggiunto Guido.

Non ovunque, però, il decreto è stato accolto con entusiasmo. A Quarticciolo, quartiere popolare di Roma incluso anch’esso nel piano, a inizio marzo i cittadini sono scesi in strada per chiedere riforme strutturali, non misure spot. A Rozzano, al contrario, almeno per ora non si sono registrate proteste. 

«Essere nel decreto “Caivano-Bis” non significa essere paragonati a Caivano: Rozzano non è Caivano, così come l’Italia non è Caivano. Allo stesso tempo, certamente Caivano non è il Parco Verde: ogni luogo ha le sue criticità», ha aggiunto la vicesindaca. Secondo Guido, il paragone non è tra realtà diverse, ma nell’applicazione di un modello di investimento, che deve essere spiegato alla città facendo della comunicazione mirata. Il 20 marzo il Comune ha pubblicato sul proprio sito un video in cui la vicesindaca fa il punto della situazione, promettendo che ogni novità sui progetti verrà condivisa con i cittadini.

Per molti, il decreto rappresenta un’opportunità concreta. «È un’occasione unica perché permette di riqualificare le strutture fatiscenti, dà la possibilità alle associazioni di creare dei percorsi, dei progetti, per poi metterli in campo per il territorio», ha spiegato Guido Bramato dell’associazione Resilia. Anche don Luigi condivide questo entusiasmo: «È uno strumento straordinario che serve per appianare i contrasti all’interno delle città». Per il parroco, il decreto «aiuterà a creare una città che sappia prendersi cura di sé stessa. Bisogna prendersi cura un po’ di più del quartiere ALER, nel modo in cui se ne parla, nel modo di occuparsene».

Non tutti, però, sono d’accordo. Oscar Bersi, capogruppo del PD in Consiglio comunale, parla di misura di facciata. «Servirebbero non delle politiche spot, con bonus a pioggia, per risolvere i problemi. Ma delle politiche nazionali o sovranazionali che affrontino le emergenze sociali, i problemi della sicurezza, le prospettive per le giovani generazioni». Secondo Bersi, il decreto è parte di una strategia elettorale, tanto a livello locale – a Rozzano si vota quest’anno – quanto nazionale.

«Con questo decreto vogliono distruggere una città che sta crescendo bene. Farebbero comodo a tutti quei milioni di euro, ma non faranno qualcosa di buono: butteranno un po’ di polvere negli occhi e poi chi si è visto si è visto». A parlare è Gennaro Speria, più conosciuto a Rozzano come “Genny lo zio”. È originario di Napoli ed è a Rozzano da 27 anni. «Rozzano mi ha dato una possibilità: è il posto in cui mi sono salvato e in cui ora posso salvare gli altri», ha detto. Speria è un ex detenuto che dopo essere uscito dal carcere ha fondato l’associazione Area 51, dove dal lunedì al sabato i volontari aiutano le famiglie in difficoltà, fornendo prodotti alimentari, consulenza legale e supporto psicologico. Secondo il fondatore di Area 51, il problema di Rozzano sono gli sfratti: «Le persone sfrattate saranno futuri delinquenti, quelle che sono lasciate in strada e che non hanno niente da perdere. I soldi del decreto dovrebbero essere usati per azzerare i debiti nei confronti dell’ALER: così le persone potranno partire da zero. Se hai una casa tua, stai attento a chi ti circonda, a com’è la via, vuoi che sia tutto pulito e in ordine. Se invece stai per essere sfrattato, non te ne frega niente». 

Speria è netto anche sul resto: «Tutta questa delinquenza di cui si parla a Rozzano non c’è. Certo, dovrebbero creare lavoro, magari un centro per l’impiego. Ma questa è solo una gara a chi vuole acchiappare di più. E te lo dico da ex ragazzo di strada: dove ci sono i soldi, c’è delinquenza facile».

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