Il Parlamento è di nuovo in ritardo nell’elezione di un giudice della Corte Costituzionale

Da mesi non riesce a sostituire un membro a cui è scaduto il mandato, nonostante la legge imponga tempestività. Questo rinvio è una prassi ed è dovuto alle logiche di spartizione tra i partiti
Alcuni giudici della Corte Costituzionale durante un’udienza il 21 novembre 2023 – Fonte: Ansa
Alcuni giudici della Corte Costituzionale durante un’udienza il 21 novembre 2023 – Fonte: Ansa
Da quasi sette mesi la Camera e il Senato continuano a rimandare l’elezione di un nuovo giudice della Corte Costituzionale, che giudica la legittimità costituzionale delle leggi e risolve i conflitti tra lo Stato e le regioni. L’11 novembre 2023 è scaduto infatti il mandato di nove anni della giudice Silvana Sciarra, eletta dal Parlamento a novembre 2014 e poi divenuta presidente della stessa Corte Costituzionale a novembre 2022. Una volta scaduto il mandato di Sciarra, il ruolo di presidente è stato assunto dal professor Augusto Barbera e il Parlamento in seduta comune, ossia la Camera e il Senato riuniti insieme, è stato chiamato a eleggere il sostituto o la sostituta di Sciarra. 

Da novembre a oggi, però, il Parlamento si è riunito in seduta comune cinque volte, l’ultima lo scorso 25 giugno, e i deputati e i senatori non sono riusciti a eleggere il nuovo giudice. Anzi, in tutte le votazioni che si sono tenute finora hanno prevalso le schede bianche, con molti parlamentari assenti. Così la Corte Costituzionale sta operando in questi mesi con un giudice in meno e con un presidente, Barbera, il cui mandato scadrà fra pochi mesi, a dicembre 2024. 

Eppure, la legge prevede espressamente che i giudici costituzionali con mandato scaduto siano sostituiti entro un mese per non pregiudicare il buon andamento dei lavori della Corte. Nel corso della storia repubblicana questo obbligo è stato costantemente disatteso e in alcuni casi ha creato situazioni di stallo. Il motivo di questi ritardi ha a che fare con gli equilibri politici e con le logiche di spartizione tra i partiti.

Che cos’è la Corte Costituzionale

Innanzitutto è bene spiegare brevemente che cos’è la Corte Costituzionale, perché ha un ruolo importante nell’ordinamento italiano, chi sono i suoi membri e come sono eletti. Come stabilisce l’articolo 134 della Costituzione, la Corte Costituzionale giudica se le leggi sono coerenti e in linea con quanto scritto nella Costituzione, decide sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e tra lo Stato e le regioni. In più deve giudicare sulle eventuali accuse nei confronti del presidente della Repubblica, quando è accusato di alto tradimento o attentato alla Costituzione. L’alto tradimento consiste nella lesione dell’immagine e dell’onore della Repubblica, mentre l’attentato alla Costituzione si verifica quando il capo dello Stato viola o tenta di cambiare l’ordinamento costituzionale. 

Nella storia dell’Italia repubblicana la Corte Costituzionale ha ricoperto un ruolo importante in varie situazioni, colmando con le sue sentenze vuoti normativi su determinate materie. Per esempio nel 2019, dopo il caso del suicidio assistito di Fabiano Antoniani, meglio noto come dj Fabo, la Corte Costituzionale ha dichiarato «non punibile», in determinate condizioni, «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile» che è causa di sofferenze «fisiche o psicologiche» intollerabili. In sostanza, in questo modo la Corte ha stabilito che in Italia il suicidio assistito a certe condizioni è permesso, nonostante non sia ancora espressamente regolato dalla legge. 

Tornando alla sua organizzazione, la Corte Costituzionale è composta da 15 giudici, il cui mandato dura nove anni: cinque giudici sono nominati dal presidente della Repubblica, altri cinque sono nominati dalla Corte di Cassazione, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti, mentre i restanti cinque sono eletti appunto dal Parlamento in seduta comune. I giudici devono essere scelti tra i magistrati ordinari e amministrativi, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati con almeno venti anni di esercizio della professione. Quando un giudice costituzionale termina il suo mandato, l’organo che lo ha eletto deve eleggere il sostituto entro un mese. Per esempio, il 6 novembre 2023 il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato prima ancora della scadenza ufficiale i sostituti dei giudici Daria de Pretis e Nicolò Zanon, ossia il professor Giovanni Pitruzzella e la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi. Non ci sono comunque particolari sanzioni se l’obbligo di eleggere entro un mese i giudici costituzionali scaduti è disatteso e il Parlamento di solito ne approfitta (su questo torneremo più avanti).
Immagine 1. Una riunione dei giudici della Corte Costituzionale nella sede di Piazza del Quirinale – Fonte: Corte Costituzionale
Immagine 1. Una riunione dei giudici della Corte Costituzionale nella sede di Piazza del Quirinale – Fonte: Corte Costituzionale

Il ritardo nella sostituzione di Sciarra

La Costituzione prevede che i cinque giudici costituzionali spettanti al Parlamento siano eletti con voto segreto con la maggioranza dei due terzi dei deputati e dei senatori riuniti insieme. Questa soglia corrisponde oggi a 403 parlamentari sul totale dei 605 tra deputati e senatori. Se per tre votazioni il Parlamento in seduta comune non riesce a eleggere nessun giudice la soglia scende a tre quinti, ossia ad almeno 363 parlamentari. «Queste soglie sono così alte perché l’idea alla base è quella di “sganciare” l’elezione di un giudice costituzionale dalla maggioranza politica di turno, obbligando in un certo senso le varie forze politiche a trovare un accordo su un nome condiviso, al di là degli schieramenti», ha spiegato a Pagella Politica Ugo Adamo, professore di Istituzioni di diritto pubblico all’Università della Calabria.

E qui veniamo al ritardo sul successore di Silvana Sciarra, per cui da novembre il Parlamento si è riunito cinque volte senza che in nessuna di queste sia stato eletto nessuno. «Il mancato accordo è dovuto proprio al fatto che i partiti devono accordarsi tra loro e la maggioranza non può eleggere un giudice senza la condivisione di almeno una parte dell’opposizione. Per questo non si fanno nomi sui candidati più papabili finché la trattativa tra i partiti non raggiunge un risultato», ha spiegato a Pagella Politica Enrico Costa, deputato di Azione e viceministro della Giustizia nel governo Renzi, con una lunga esperienza da deputato iniziata nel 2006. 

Al momento la maggioranza di centrodestra composta da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi Moderati può contare sul voto di 354 tra deputati e senatori, 49 in meno rispetto alla maggioranza dei due terzi, e 10 in meno della maggioranza dei tre quinti. Per questo occorre l’accordo con i partiti di opposizione, o almeno con alcuni di essi. Le trattative per l’elezione dei giudici costituzionali spettanti al Parlamento avvengono più che altro tra i vertici dei partiti e i capi dei gruppi parlamentari, e la decisione sulla figura da eleggere è comunicata ai singoli deputati il più delle volte poco prima della votazione. 

«Il problema è che nel caso della sostituzione di Sciarra stiamo parlando della nomina di un solo giudice ed è difficile dunque mettere d’accordo maggioranza e opposizione su un’unica figura. Così di solito, e credo finirà in questo modo pure stavolta, si ricorre alle nomine “a pacchetto”: si aspetta che ci siano più giudici scaduti da sostituire per una spartizione tra i vari partiti», ha aggiunto Costa. 

Sebbene siano trascorsi quasi sette mesi, al momento candidati ufficiali per la sostituzione di Sciarra non ci sono. L’unico nome emerso durante le votazioni che si sono tenute finora è quello del viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, storico esponente di Forza Italia, che però nella seconda votazione del 29 novembre ha ottenuto solo dieci voti. Tra l’altro Sisto non è nuovo a questo genere di candidatura. A novembre 2015, durante il governo Renzi, Forza Italia aveva trovato un’intesa con la maggioranza sostenuta tra gli altri dal PD per eleggere tra i nuovi giudici costituzionali proprio Sisto, ma la sua candidatura è tramontata dopo varie votazioni in cui non è riuscito a superare il quorum a causa dei cosiddetti “franchi tiratori”, ossia i parlamentari che grazie al voto segreto hanno votato per un altro candidato o hanno deciso di fare scheda bianca, andando contro le indicazioni del proprio partito.
Immagine 2. Francesco Paolo Sisto, a sinistra, insieme al ministro della Giustizia Carlo Nordio durante una seduta al Senato, 13 febbraio 2024 – Fonte: Ansa
Immagine 2. Francesco Paolo Sisto, a sinistra, insieme al ministro della Giustizia Carlo Nordio durante una seduta al Senato, 13 febbraio 2024 – Fonte: Ansa
Tornando a oggi, fonti del Partito Democratico hanno detto a Pagella Politica che al momento non hanno ricevuto dalla maggioranza nessuna indicazione sulla figura da candidare per la sostituzione di Sciarra. Allo stesso modo, fonti di Fratelli d’Italia hanno confermato che non esiste per ora nessuna candidatura ufficiale e che non è escluso che questa si emergerà a dicembre, quando il Parlamento dovrà sostituire altri tre giudici di cui scadrà il mandato di nove anni: il già citato Barbera, il costituzionalista Franco Modugno e il giuslavorista Giulio Prosperetti, tutti e tre eletti dal Parlamento a dicembre 2015. In quel caso i giudici da eleggere sarebbero quattro, e non più uno solo, e questo faciliterebbe le trattative tra i partiti. «Sul punto mi sento di esortare sia i gruppi di maggioranza, ma anche quelli di opposizione, a procedere all’elezione del giudice mancante sin da adesso, evitando di cedere alla tentazione di un’impropria attesa per un inammissibile spoils system su organi di garanzia», ha detto Barbera il 28 giugno in un’intervista a Il Sole 24 Ore.

Una storia di spartizioni

Il fatto che i partiti temporeggino sull’elezione dei giudici costituzionali non è una cosa nuova, anzi. «La Corte Costituzionale è stata creata nel 1953, ma è diventata operativa solo nel 1956, perché i partiti di allora non riuscivano a mettersi d’accordo sulle nomine dei giudici. Poi nella prima repubblica si collaudò un sistema per cui almeno un giudice doveva andare rispettivamente alla Democrazia Cristiana, al Partito Socialista Italiano e al Partito Comunista, e poi gli altri due ai partiti minori», ha spiegato a Pagella Politica Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre. 

In ogni caso, sia per Celotto sia per Adamo, l’assenza prolungata anche di un solo giudice costituzionale è grave. «Il fatto che il collegio dei giudici costituzionali rimanga incompleto è un rischio, perché la Corte Costituzionale funziona e può prendere decisioni solo se sono presenti almeno 11 giudici su 15, il cosiddetto “quorum funzionale”. Più mancano giudici, più gli altri sono costretti a esserci sempre, nonostante imprevisti personali o indisposizioni di altro genere», ha spiegato Adamo. 

Nonostante i rischi e l’andare oltre i tempi consentiti dalla legge, i ritardi nell’elezione dei giudici costituzionali sono proseguiti appunto anche durante la seconda repubblica, ossia dopo il 1992. «Nel 2002, quando sono stato eletto giudice della Corte costituzionale, la mia nomina da parte del Parlamento avvenne dopo un vuoto di due anni, in cui i partiti non erano riuscito a mettersi d’accordo», ha raccontato a Pagella Politica il costituzionalista Ugo De Siervo, giudice della Corte Costituzionale dal 2002 al 2011 e presidente dello stesso organo tra il 2010 e il 2011. «All’epoca lo stallo fu dovuto soprattutto al fatto che il secondo governo guidato da Berlusconi, e la maggioranza di centrodestra, proposero più volte la candidatura a giudice costituzionale di Filippo Mancuso, già ministro della Giustizia del governo Dini e figura contestata dall’opposizione, anche perché da ministro dovette dimettersi perché sfiduciato dal Parlamento», ha aggiunto De Siervo. 

A marzo 2002, di fronte allo stallo del Parlamento nell’elezione dei giudici mancanti della Corte Costituzionale, l’allora leader dei Radicali Italiani Marco Pannella promosse uno sciopero della sete, che spinse l’allora capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi a intervenire, esortando il Parlamento a trovare un accordo. La stessa esortazione fu fatta dall’allora presidente del Senato Marcello Pera, oggi senatore con Fratelli d’Italia, e da quello della Camera Pierferdinando Casini.
Immagine 3. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi esorta il Parlamento a trovare un accordo sui nuovi giudici della Corte Costituzionale, 22 aprile 2002 – Fonte: Archivio storico La Stampa
Immagine 3. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi esorta il Parlamento a trovare un accordo sui nuovi giudici della Corte Costituzionale, 22 aprile 2002 – Fonte: Archivio storico La Stampa
Negli anni successivi la tendenza comunque non è cambiata. Basti pensare che, più di recente, a ottobre 2015, l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella esortò a sua volta il Parlamento a sostituire i tre giudici costituzionali scaduti dal mandato oltre un anno prima. In seguito, l’elezione dei tre giudici è avvenuta a dicembre 2015, quando Modugno, Prosperetti e Barbera sono stati eletti rispettivamente dopo 32, 11 e 9 scrutini. Più di recente, nella scorsa legislatura il Parlamento è stato chiamato a sostituire uno solo giudice tra i cinque che gli spettano, ossia l’avvocato Giuseppe Frigo dimessosi a novembre 2016 per motivi di salute. A luglio 2018, dopo quasi un anno e mezzo di stallo, il Parlamento ha eletto come suo successore il costituzionalista Luca Antonini, su proposta della Lega, che all’epoca sosteneva il primo governo Conte insieme al Movimento 5 Stelle. In precedenza, Antonini aveva espresso posizioni scettiche nei confronti dell’obbligo vaccinale, nonché vicinanza al leader della Lega Matteo Salvini. 

Secondo Adamo i ritardi cronici del Parlamento sono un problema serio. «Il problema non sono i quorum troppo alti, ma il fatto che la politica pieghi queste soglie a proprio piacimento, inserendo l’elezione dei giudici costituzionali che gli spettano nella logica dello scambio e della contrattazione tra partiti», ha detto il costituzionalista. Secondo Celotto le trattative tra i partiti sono invece una cosa naturale e scontata: «Se queste soglie sono elevate, è naturale che ci sia una dialettica tra i partiti, e non ci vedo nulla di strano». «Il fatto che manchino dei giudici è una cosa grave, ma allo stesso tempo il fatto che i partiti temporeggino non mi preoccupa più di tanto, dato che per fortuna esistono gli altri dieci giudici, che sono tempestivamente eletti dal presidente della Repubblica e dalle supreme magistrature», ha sottolineato anche De Siervo.

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