A partire dagli anni Cinquanta il termine “franchi tiratori” è entrato nel linguaggio politico italiano, con un significato diverso. «Si iniziò a utilizzare questa espressione per definire quei parlamentari che durante l’elezione del presidente della Repubblica sfruttavano lo scrutinio segreto per votare un candidato diverso da quello sostenuto dal proprio partito», ha sottolineato Brizzi.
Secondo il sito di sondaggi politici YouTrend, dal 1948 a oggi i voti dei “franchi tiratori”
hanno affossato almeno otto candidati al Quirinale, tra i quali ci sono anche diversi nomi illustri.
La prima vittima
Il primo candidato al Quirinale che si trovò a fare i conti con i “franchi tiratori” fu
Carlo Sforza, membro del Partito repubblicano e ministro degli Esteri tra il 1947 e il 1951.
«Nel 1948 la Democrazia cristiana aveva vinto ampiamente le elezioni politiche e, anche per dare una prova di fedeltà agli Stati Uniti, l’allora presidente del Consiglio De Gasperi propose Sforza come presidente della Repubblica, il quale era una figura di spicco della diplomazia italiana», ha raccontato Brizzi a
Pagella Politica.
Alle elezioni del 10 maggio 1948, il risultato del candidato di De Gasperi fu però al di sotto di ogni aspettativa. Nel primo scrutinio
ottenne 353 voti [1], mentre nel secondo 405, rispettivamente 183 e 195 in meno della maggioranza dei due terzi dei “grandi elettori”, fissata a 600 voti. All’epoca i “grandi elettori” erano infatti 900 [1] e tra questi non c’era nessun delegato regionale. Solo dal 1971, dopo la costituzione effettiva delle regioni a statuto ordinario,
si arrivò ad avere l’attuale numero dei 58 delegati regionali (tre per regione, più uno per la Valle d’Aosta).
Ma chi tra i “grandi elettori” del capo dello Stato non aveva votato per il candidato indicato da De Gasperi? «Molto probabilmente una parte della stessa Dc, soprattutto la corrente guidata da Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira, che considerava Sforza come un anticlericale e un libertino», ha spiegato Brizzi a
Pagella Politica.
“Sforza rinuncia alla candidatura”,
titolava così il quotidiano
La Stampa l’11 maggio 1948. Venuta meno la candidatura dell’allora ministro degli Esteri, il Parlamento
elesse come presidente della Repubblica, al quarto scrutinio, l’esponente del Partito liberale Luigi Einaudi (Figura 1).