Anche il fondo complementare al Pnrr è in ritardo

Può contare su quasi 31 miliardi di euro finanziati non dall’Ue, ma con risorse nazionali. Da mesi la sua attuazione sta riscontrato vari problemi
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Entro il 30 giugno il governo italiano avrebbe dovuto rispettare 27 scadenze concordate con l’Unione europea per chiedere l’erogazione dei 16 miliardi di euro della quarta rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Alcune delle scadenze non sono state rispettate e con tutta probabilità la rata sarà richiesta quando (e se) nelle prossime settimane sarà raggiunta un’intesa con l’Ue per la revisione del piano. Mentre l’erogazione dei 19 miliardi della terza rata è ancora bloccata, ci sono altri progetti con risorse legate all’attuazione del Pnrr che sono in ritardo. Stiamo parlando del fondo complementare al Pnrr (il suo nome ufficiale è “Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr”), finanziato con quasi 31 miliardi di euro. Questo fondo è stato creato nel 2021 dal governo di Mario Draghi ed è finanziato con risorse nazionali, dunque non provenienti dall’Ue. Come suggerisce il nome, il suo obiettivo è quello di contribuire al finanziamento dei progetti del Pnrr e al raggiungimento delle finalità del piano con una serie di investimenti a parte. 

Negli scorsi mesi il fondo complementare al Pnrr ha incontrato varie difficoltà che ne hanno rallentato l’attuazione, come dimostrano i monitoraggi finora realizzati dalla Ragioneria generale dello Stato, un dipartimento che fa parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il piano iniziale

A differenza del Pnrr le scadenze fissate per l’implementazione del suo fondo complementare non sono soggette a un controllo da parte dell’Ue, che in questo caso non ci mette i soldi. Per fare un confronto, nell’attuazione del piano complementare al Pnrr non è stato fissato ogni sei mesi il raggiungimento di traguardi e obiettivi, come avviene invece per il piano finanziato dalle risorse europee (i traguardi indicano il raggiungimento di risultati qualitativi, gli obiettivi il raggiungimento di risultati quantitativi). Ma il rispetto della tabella di marcia resta importante per evitare che i quasi 31 miliardi di euro siano spesi in ritardo e che i rallentamenti possano danneggiare l’attuazione dello stesso Pnrr. Tra le altre cose i soldi del fondo complementare sono destinati a misure per la transizione digitale e per quella ecologica, per il turismo e per infrastrutture come le linee ferroviarie ad alta velocità.

In base al programma originario il fondo complementare al Pnrr ha una serie di tappe procedurali da rispettare per far sì che la sua attuazione venga fatta nei tempi concordati. In totale la tabella di marcia del fondo prevede 302 tappe da raggiungere tra il 2021 e il 2026, come mostra il Grafico 1, consultabile sul sito Italia domani, il portale ufficiale del Pnrr (qui è possibile scaricare tutte le tappe, con la loro descrizione).
Grafico 1. Le tappe previste dal fondo complementare del Pnrr – Fonte: Italia Domani
Grafico 1. Le tappe previste dal fondo complementare del Pnrr – Fonte: Italia Domani

I ritardi

«In via generale si evidenzia, rispetto alla situazione registrata nei trimestri precedenti, un maggiore ritardo nel rispetto delle scadenze, in particolare per quelle relative all’ultimo trimestre», si legge nel rapporto della Ragioneria generale dello Stato relativo agli adempimenti fissati entro il 31 dicembre 2022. In base ai dati più aggiornati, tra gli obiettivi fissati per il terzo trimestre dello scorso anno (luglio-settembre 2022) il 16 per cento non era stato conseguito e il 42 per cento era stato solo parzialmente conseguito (all’epoca il governo in carica era quello di Draghi). Tra quelli fissati per il quarto trimestre (ottobre-dicembre 2022) il 25 per cento non era stato conseguito, mentre il 54 per cento era stato raggiunto solo parzialmente.

Alla fine di giugno la Ragioneria generale dello Stato ha pubblicato un rapporto con il monitoraggio sugli adempimenti previsti da raggiungere entro il 31 marzo 2023. Il documento ha ribadito il «ritardo nel rispetto delle scadenze», individuandone tre cause: «la crisi economica e l’incremento dei prezzi»; le procedure per verificare la compatibilità degli interventi del fondo complementare con la normativa europea in materia di aiuti di Stato; e «i cronoprogrammi procedurali a volte non coerenti con le procedure amministrative utilizzate per la “messa a terra” delle risorse».

Che cosa ha fatto il governo

Sul primo punto è già intervenuto l’anno scorso il governo Draghi con la creazione del “Fondo per l’avvio delle opere indifferibili”. Come spiega la Ragioneria generale dello Stato, il fondo può contare su uno stanziamento complessivo di 8,4 miliardi di euro tra il 2022 e il 2027, a cui la prima legge di Bilancio del governo Meloni ha aggiunto un rifinanziamento per un totale di 10 miliardi di euro tra il 2023 al 2027.

Sui rallentamenti procedurali il governo Meloni è poi intervenuto a febbraio con il decreto-legge, convertito in legge dal Parlamento ad aprile, che ha modificato la gestione e il controllo del Pnrr. Tra le altre cose il governo ha stabilito che un decreto il Ministero dell’Economia e delle Finanze aggiornasse il cronoprogramma degli obiettivi iniziali, intermedi e finali dei progetti finanziati con i soldi del fondo complementare, ferma restando la scadenza al 2026.

Come si legge nell’ultimo rapporto di monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha raccolto dalle varie amministrazioni coinvolte nell’attuazione del piano complementare le proposte di modifica del cronoprogramma. «È stato predisposto il nuovo decreto con i cronoprogrammi aggiornati che è attualmente in fase di concertazione con il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr» Raffaele Fitto, spiega la Ragioneria. Per questo motivo il rapporto non contiene un aggiornamento sugli obiettivi relativi ai primi tre mesi del 2023, visto che le scadenze sono in fase di ridefinizione. In ogni caso il documento ha individuato nove progetti con le maggiori difficoltà attuative. Tra questi ci sono il rinnovo delle flotte dei bus, dei treni e delle navi verdi, l’elettrificazione delle banchine portuali e gli interventi per le aree del terremoto del 2009 e 2016.

Ai ritardi si aggiunge il fatto che, un po’ come avvenuto per il Pnrr, sul fondo complementare è difficile poter fare un monitoraggio puntuale sui progetti. Al di là dei rapporti pubblicati dalla Ragioneria generale dello Stato, la disponibilità dei dati resta lacunosa. Alla fine dello scorso gennaio scriveva così la fondazione Openpolis, attiva nel chiedere più trasparenza alla politica: «La ricerca di informazioni sull’attuazione del fondo complementare non solo è più difficile di quella del Pnrr, ma quasi impossibile. Una situazione grave, considerando che si tratta di risorse nazionali per le quali è forse ancor più necessario sapere come e quanto vengono spese. Anche per prevenire rischi di sprechi, corruzione e cattiva gestione».

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