Nel tardo pomeriggio del 21 giugno il Senato, con 219 voti favorevoli, ha approvato una risoluzione dopo che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha tenuto le sue comunicazioni (qui il nostro fact-checking) in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. Su questa risoluzione, con cui il Senato chiede al governo di seguire un determinato indirizzo, in questo caso relativo alla gestione della guerra in Ucraina, c’è stata molta confusione negli ultimi giorni.
Fino all’ultimo, i partiti che sostengono il governo guidato da Mario Draghi hanno dovuto trattare per trovare un testo condiviso ed evitare, dunque, spaccature nell’esecutivo. In particolare, il Movimento 5 stelle guidato da Giuseppe Conte – agitato dalle voci di scissione e di fuoriuscita di Luigi Di Maio e di altri parlamentari – chiedeva che il governo si impegnasse a coinvolgere di più il Parlamento nella gestione della guerra e sull’invio di armi all’esercito ucraino.
Tra le altre cose, la risoluzione impegna il governo a esigere «l’immediata cessazione delle operazioni belliche» e il ritiro dell’esercito russo dall’Ucraina, aumentando «gli sforzi diplomatici intesi a trovare una soluzione pacifica basata sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina e dei principi del diritto internazionale».
Il testo chiede poi al governo di «continuare a garantire, secondo quanto previsto dal decreto-legge 14/2022, il necessario e ampio coinvolgimento delle camere, con le modalità ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari». Secondo fonti stampa, questo è stato il passaggio su cui si è concentrato maggiormente il confronto tra i partiti.
Il decreto-legge n. 14 del 25 febbraio 2022, noto anche con il nome di “decreto Ucraina”, stabilisce che il ministro della Difesa e il ministro degli Esteri debbano riferire alla Camera e al Senato, «con cadenza almeno trimestrale», sull’«evoluzione» della guerra in Ucraina e sull’invio delle armi italiane all’Ucraina. Proprio il decreto di febbraio, citato nella risoluzione, è quello che consente al governo di inviare armi al Paese in guerra con la Russia, fino alla fine di dicembre, senza ogni volta dover chiedere il permesso con un voto al Parlamento.
Infine, nella risoluzione approvata dal Senato, si impegna il governo a «garantire sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine», confermando il ruolo dell’Italia «nel quadro dell’azione multilaterale, a partire dall’Unione europea e dall’Alleanza Atlantica, finalizzata al raggiungimento del primario obiettivo del cessate il fuoco e della pace».
Prima del voto, la risoluzione aveva ricevuto il parere favorevole del governo, che si è invece espresso contro altre quattro risoluzioni, tra cui una presentata da Fratelli d’Italia, bocciate anche dall’aula.
Fino all’ultimo, i partiti che sostengono il governo guidato da Mario Draghi hanno dovuto trattare per trovare un testo condiviso ed evitare, dunque, spaccature nell’esecutivo. In particolare, il Movimento 5 stelle guidato da Giuseppe Conte – agitato dalle voci di scissione e di fuoriuscita di Luigi Di Maio e di altri parlamentari – chiedeva che il governo si impegnasse a coinvolgere di più il Parlamento nella gestione della guerra e sull’invio di armi all’esercito ucraino.
Tra le altre cose, la risoluzione impegna il governo a esigere «l’immediata cessazione delle operazioni belliche» e il ritiro dell’esercito russo dall’Ucraina, aumentando «gli sforzi diplomatici intesi a trovare una soluzione pacifica basata sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina e dei principi del diritto internazionale».
Il testo chiede poi al governo di «continuare a garantire, secondo quanto previsto dal decreto-legge 14/2022, il necessario e ampio coinvolgimento delle camere, con le modalità ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari». Secondo fonti stampa, questo è stato il passaggio su cui si è concentrato maggiormente il confronto tra i partiti.
Il decreto-legge n. 14 del 25 febbraio 2022, noto anche con il nome di “decreto Ucraina”, stabilisce che il ministro della Difesa e il ministro degli Esteri debbano riferire alla Camera e al Senato, «con cadenza almeno trimestrale», sull’«evoluzione» della guerra in Ucraina e sull’invio delle armi italiane all’Ucraina. Proprio il decreto di febbraio, citato nella risoluzione, è quello che consente al governo di inviare armi al Paese in guerra con la Russia, fino alla fine di dicembre, senza ogni volta dover chiedere il permesso con un voto al Parlamento.
Infine, nella risoluzione approvata dal Senato, si impegna il governo a «garantire sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine», confermando il ruolo dell’Italia «nel quadro dell’azione multilaterale, a partire dall’Unione europea e dall’Alleanza Atlantica, finalizzata al raggiungimento del primario obiettivo del cessate il fuoco e della pace».
Prima del voto, la risoluzione aveva ricevuto il parere favorevole del governo, che si è invece espresso contro altre quattro risoluzioni, tra cui una presentata da Fratelli d’Italia, bocciate anche dall’aula.