Giovedì 18 settembre la Camera ha approvato per la seconda volta la riforma costituzionale della giustizia, che prevede la separazione delle carriere dei magistrati. Per diventare definitiva, la riforma dovrà ora ottenere un secondo via libera dal Senato. 

Trattandosi di una legge costituzionale, la procedura richiede due votazioni in ciascuna camera, a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra, come stabilito dall’articolo 138 della Costituzione. Lo stesso articolo prevede che, se nella seconda votazione la legge ottiene in entrambe le camere il sostegno dei due terzi dei componenti, non si procede a referendum. Alla Camera la riforma ha raccolto 243 voti favorevoli, meno di quelli necessari per raggiungere i due terzi dei 400 deputati. Se dopo l’approvazione del Senato ed entro tre mesi dalla pubblicazione della legge ne faranno richiesta un quinto dei parlamentari di una camera, oppure 500 mila elettori o cinque Consigli regionali, si dovrà tenere un referendum confermativo, che il governo considera ormai inevitabile. Secondo alcune fonti di stampa, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha indicato marzo 2027 come data possibile per il voto.

La seduta della Camera è stata segnata da forti tensioni tra maggioranza e opposizione. Dopo gli applausi di alcuni ministri per l’approvazione della riforma, vari esponenti del Partito Democratico hanno protestato e il clima si è rapidamente surriscaldato. Dai banchi si è passati agli insulti, fino a spintoni e tentativi di scontro fisico al centro dell’aula. I commessi e alcuni parlamentari sono dovuti intervenire per dividere i contendenti e il presidente di turno ha infine sospeso la seduta.

La riforma prevede una separazione netta tra giudici e pubblici ministeri. Oggi tutti i magistrati seguono lo stesso percorso formativo e nei primi dieci anni di carriera possono cambiare funzione una volta, passando dal ruolo giudicante a quello requirente o viceversa. Con le nuove regole, invece, ogni magistrato dovrà scegliere sin dall’inizio se diventare giudice o pubblico ministero, senza possibilità di passaggi successivi. I sostenitori della riforma ritengono che ciò garantirebbe una maggiore imparzialità dei giudici, mentre i critici avvertono che potrebbe aumentare l’influenza della politica sulla magistratura.

Un altro elemento centrale è la creazione di due Consigli superiori della magistratura distinti, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, con membri scelti tramite sorteggio per limitare il peso delle correnti interne all’Associazione nazionale magistrati. La riforma introduce inoltre l’Alta Corte disciplinare, un nuovo organo composto da 15 membri che avrà il compito di decidere sulle sanzioni ai magistrati, oggi di competenza del Consiglio superiore della magistratura.

Dopo l’eventuale entrata in vigore della riforma, il Parlamento dovrà approvare entro un anno altre norme per adeguare il sistema giudiziario alla riforma, tra cui le regole specifiche per il funzionamento dei due nuovi Consigli superiori della magistratura.