Il 19 febbraio il leader di Italia Viva Matteo Renzi è stato ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta su Rai1, dove ha parlato di diversi temi, dalla possibilità di andare a nuove elezioni alla giustizia, passando per l’economia e il reddito di cittadinanza.
Abbiamo verificato sei dichiarazioni dell’ex presidente del Consiglio, per scoprire se corrispondono al vero o meno.
Quanti innocenti finiscono in carcere ogni anno
«1.028 italiani che ogni anno vengono arrestati da innocenti. Questa è la media degli arresti degli ultimi anni di persone poi giudicate innocenti» (min. -1:20:28)
Come abbiamo scritto di recente, non è semplice avere dati ufficiali, lungo un arco di più anni, sul numero di persone innocenti che finiscono in carcere in Italia.
Questa eventualità può accadere in due modi: quando un presunto colpevole viene mandato in carcere come misura cautelare, salvo poi essere successivamente riconosciuto innocente (qui si parla di “ingiusta detenzione”); oppure quando un soggetto condannato al carcere con sentenza definitiva viene successivamente riconosciuto innocente grazie un processo di revisione (in questo caso si parla di “errore giudiziario”).
In questo ambito, il database più citato è quello del progetto dei due giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, chiamato Errori Giudiziari, autodefinitosi come «il primo archivio su errori giudiziari e ingiusta detenzione».
Per quanto riguarda le ingiuste detenzioni, «dal 1992 (anno da cui parte la contabilità ufficiale delle riparazioni per ingiusta detenzione nei registri conservati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) al 31 dicembre 2018, si sono registrati oltre 27.500 casi: in media, 1.057 innocenti in custodia cautelare ogni anno», si legge sul sito www.errorigiudiziari.com.
Dal 1991 al 31 dicembre 2018, i casi di errori giudiziari sono invece stati in totale 153, con una media superiore a 5 l’anno.
Il dato citato da Renzi («1.028») è dunque lievemente impreciso, ma non si discosta di molto dalla media annuale di 1.063 innocenti che finiscono in carcere, sommando ingiuste detenzioni ed errori giudiziari.
Che cosa è successo in Giappone con l’aumento dell’Iva
«Sapete che cosa è successo in un Paese simile al nostro per l’economia che è il Giappone, dove in autunno, a ottobre, hanno aumentato l’Iva? L’economia ha fatto -6,3 per cento» (min. -1:14:08)
Renzi ha rivendicato come un suo successo l’aver evitato l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia introdotte dal governo Conte I (anche se il leader di Italia Viva si è “dimenticato” di dire che, per effetto della legge di Bilancio per il 2020 approvata dal Conte II, per il 2021 e il 2022 è previsto un aumento dell’Iva rispettivamente di 20,1 miliardi di euro e 27,1 miliardi di euro).
In ogni caso, sono corretti i dati citati sul Giappone?
In primo luogo è vero che nel Paese asiatico, il 1° ottobre 2019, è aumentata la tassa sui consumi (l’equivalente della nostra Iva) dall’8 per cento al 10 per cento. Una percentuale, questa, che secondo i dati dell’Ocse relativi al 2019 rimane comunque ampiamente sotto la media dei Paesi avanzati (19,3 per cento).
Lunedì 17 febbraio 2020 poi, come riportano fonti stampa giapponesi e internazionali, il governo di Tokyo ha pubblicato delle stime preliminari sulla crescita dell’economia relativa all’ultimo quarto del 2019. Tra ottobre e dicembre dello scorso anno, il Pil giapponese si sarebbe contratto del 6,3 per cento (come correttamente citato da Renzi) rispetto ai tre mesi precedenti.
Come hanno però spiegato, tra gli altri, la Bbc e Il Sole 24 Ore, la causa del calo non è da ricercare nel solo aumento della tassa sui consumi, ma anche nel passaggio sul Giappone di alcuni tifoni (come quello Hagibis) e nella guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti.
Lo Stato ha 120 miliardi di euro che non spende?
«Ci sono 120 miliardi di euro di cantieri bloccati» (min. -1:07:46)
Già a novembre 2019 Pagella Politica si era occupata del Piano “Italia Shock”, presentato in una prima versione da Renzi a Torino il 15 novembre dello scorso anno.
Come avevamo scritto all’epoca, il messaggio che passa dall’ex presidente del Consiglio «è che effettivamente ci siano nelle disponibilità dello Stato italiano 120 miliardi di euro da spendere in strade e ferrovie, scuole e ospedali, che sono stati “bloccati” negli ultimi anni. Insomma, le risorse non sarebbero un problema: basterebbe solo sbloccarle».
Ma davvero lo Stato italiano ha così tanti soldi messi da parte, non utilizzati?
Al di là della cifra citata in sé, il problema è che questi miliardi di euro fanno in generale riferimento a stanziamenti fatti negli anni, e non a risorse vere e proprie già a disposizione dello Stato. In pratica non si sta parlando di soldi già recuperati, o finanziati, per esempio prendendoli a prestito o aumentando le tasse: l’impegno vero e proprio da pagare avviene con l’inizio della realizzazione di un’opera, ed è in quel momento che lo Stato raccoglie le risorse per far fronte alla spesa prevista.
Questo però potrebbe comportare, a meno di non voler aumentare le tasse o ridurre la spesa pubblica, il rischio di intaccare debito e deficit pubblici. Infine si porrebbe il problema di riuscire a spendere i soldi effettivamente recuperati (Italia Viva, ad esempio, suggerisce a questo proposito di nominare decine e decine di commissari per la realizzazione delle opere).
Insomma, è vero che in Italia esiste un problema di trasformare in realtà gli investimenti previsti con i vari stanziamenti fatti negli anni, ma non è vero che ci sono decine di miliardi di euro già a disposizione dello Stato, pronti per essere spesi.
Quanto costano gli errori giudiziari
«Sapete quanto abbiamo pagato noi italiani per gli errori giudiziari? Segnalo un sito: www.errorigiudiziari.com. Gli italiani hanno pagato in questi anni 760 milioni di euro per il cattivo funzionamento della giustizia. Vi rendete conto che cifra enorme è?» (min. -1:04:24)
Come abbiamo visto sopra, si parla di “errore giudiziario” quando una persona che è stata condannata con sentenza definitiva viene riconosciuto innocente grazie a un processo di revisione (dal 1991 al 2018 la media in Italia è di cinque casi all’anno circa). Se vittima di un errore di questo tipo, il cittadino può ottenere un risarcimento dallo Stato per essere ingiustamente rimasto in carcere.
Secondo i dati del progetto Errori giudiziari, dal 1991 al 31 dicembre 2018 (mancano ancora i dati per il 2019) la spesa dello Stato in risarcimenti per errori giudiziari è stata di «61.335.224 euro (pari a poco più di 2 milioni 271 mila euro l’anno)».
Un numero oltre 12 volte più basso di quello indicato da Renzi, che però fa quasi certamente riferimento – con un termine impreciso – agli indennizzi per i casi di “ingiusta detenzione” (quando un presunto colpevole viene messo in carcere come misura cautelare, per poi essere successivamente dichiarato innocente dai giudici). Dal 1992 al 31 dicembre 2018, secondo Errori giudiziari, la spesa dello Stato in indennizzi per le gli oltre 27.500 casi di ingiusta detenzione è stata di oltre «750 milioni di euro» (numero vicino ai 760 citati da Renzi), «per una media di circa 29 milioni di euro l’anno».
Mettendo insieme errori giudiziari e ingiuste detenzioni, si ottiene una cifra di «molto vicina agli 800 milioni di euro», distribuita come abbiamo visto sull’arco di 26 anni.
Oltre 31 milioni di euro spesi all’anno dallo Stato per errori giudiziari e ingiuste detenzioni sono una «cifra enorme» come dice Renzi? Senza entrare nel merito del giudizio espresso dal leader di Italia Viva, possiamo calcolare che stiamo parlando dello 0,003 per cento della spesa pubblica annuale italiana, che nel 2018 si è attestata intorno agli 854,6 miliardi di euro.
Perché se cade il governo non si può andare subito al voto
«Anche se si rompesse la maggioranza di governo, per la fase politica che stiamo vivendo, che è una fase in cui c’è un referendum sulla riduzione dei parlamentari e la conseguente ridefinizione dei collegi elettorali, non si può votare fino più o meno all’autunno. Per altro non si è mai votato in autunno nella storia repubblicana, quindi è presumibile pensare che fino al 2021 non si voti. […] Non si può andare a votare per questo impedimento tecnico» (min. -51:04)
Di questa questione, vista la sua rilevanza nel dibattito pubblico, ci siamo occupati in un’apposita analisi.
In sintesi, non è vero che sia teoricamente impossibile andare al voto prima dell’autunno, e a maggior ragione prima del 2021. In concreto, viste le tempistiche e le prassi, è però praticamente certo che non si potrebbe votare prima dell’autunno e anche votare nella seconda metà dell’anno in corso sarebbe un inedito nella storia repubblicana che porrebbe una serie di problemi.
I numeri del reddito di cittadinanza
«Le persone che hanno ricevuto il reddito cittadinanza sono 2 milioni e 300 mila in Italia. Di questi 39 mila hanno trovato lavoro. Su 2,3 milioni, l’1,7 per cento ha trovato lavoro» (min. -23:27)
In base ai dati più aggiornati dell’Inps, al 10 febbraio 2020 il numero totale delle persone che godono del reddito di cittadinanza (RdC) – anche indirettamente, infatti questa misura viene data alle famiglie, che possono essere composte da un numero variabile di individui – era di 2.231.492, a cui vanno aggiunti i 134.094 beneficiari delle pensioni di cittadinanza. In totale stiamo parlando di oltre 2 milioni e 365 mila persone, un numero di poco superiore a quello citato da Renzi.
Ricordiamo che non tutti i beneficiari del RdC sono obbligati a recarsi presso i Centri per l’impiego per trovare un’occupazione, ma solo quelli «avviabili al lavoro» (sono ad esempio esclusi i bambini).
Secondo l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), al 31 gennaio 2020 i beneficiari «avviabili al lavoro» tenuti a recarsi ai Centri per l’impiego per il RdC erano 908.198, mentre al 10 febbraio 2020 i percettori del RdC che hanno avuto un rapporto di lavoro dopo l’approvazione della domanda erano 39.760.
La percentuale, quindi, non va calcolata tra i quasi 40 mila che hanno trovato lavoro e i 2,3 milioni di beneficiari, ma tra i quasi 40 mila e i circa 900 mila beneficiari «avviabili al lavoro». In questo modo risulta sbagliato l’1,7 per cento citato da Renzi: la percentuale sale infatti al 4,4 per cento circa.
Ricapitolando: Renzi cita un numero sostanzialmente corretto sul numero dei beneficiari del RdC che ora hanno trovato un lavoro, ma una percentuale fuorviante.
Questi dati hanno comunque un problema di fondo: ad oggi mostrano solo una correlazione, ossia quanti beneficiari che prendono il RdC hanno poi trovato lavoro, non un rapporto di causa-effetto. I dati di Anpal sono, per così dire, ancora troppo grezzi per quantificare con precisione quali siano i risultati delle politiche attive per il lavoro introdotte dal reddito di cittadinanza. Non si può dimostrare che senza il Rdc non avrebbero trovato lavoro più o meno persone rispetto a queste quasi 40 mila.
Conclusione
Abbiamo verificato sei dichiarazioni fatte da Matteo Renzi, ospite a Porta a Porta su Rai1.
Per quanto riguarda le ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari, il leader di Italia Viva ha citato dati sostanzialmente corretti. Per quanto riguarda il Giappone, è vero che stime preliminari dicono che il Pil nipponico è sceso del 6,3 per cento tra ottobre e dicembre 2019, anche se questo fatto non è da imputare esclusivamente all’aumento della tassa sui consumi (passata nel Paese asiatico dall’8 al 10 per cento), ma anche ad altri fattori.
Renzi ha poi sostanzialmente ragione sull’impossibilità di andare a votare prima dell’autunno e sul fatto che – considerati i precedenti – sia presumibile un voto non prima nel 2021, anche se da un punto di vista teorico entrambe le possibilità non si possono escludere completamente.
I dati di Renzi sui beneficiari del reddito di cittadinanza sono poi di fatto corretti, anche se la percentuale dei circa 40 mila che hanno trovato lavoro andrebbe calcolata sugli avviabili al lavoro, e non su tutti i beneficiari come invece ha fatto l’ex presidente del Consiglio.
Infine, come avevamo già spiegato in passato, il leader di Italia Viva è fuorviante quando dice che lo Stato italiano ha da parte 120 miliardi di euro da spendere: questa cifra fa in generale riferimento a stanziamenti, e non a soldi già recuperati, per esempio presi a prestito sui mercati.
Economia
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