Nella mattinata di lunedì 3 novembre il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè (Forza Italia) ha annunciato che sono state presentate due raccolte firme tra i parlamentari per chiedere l’organizzazione del referendum sulla riforma costituzionale, approvata dal Senato il 30 ottobre, che introduce la separazione delle carriere dei magistrati.
Una raccolta firme è stata presentata dai capigruppo dei partiti di centrodestra che sostengono il governo Meloni: Galeazzo Bignami (Fratelli d’Italia), Riccardo Molinari (Lega), Paolo Barelli (Forza Italia) e Maurizio Lupi (Noi Moderati). La seconda è stata presentata dai capigruppo di tre partiti all’opposizione: Simona Bonafè (Partito Democratico), Carmela Auriemma (Movimento 5 Stelle) e Marco Grimaldi (Alleanza Verdi-Sinistra).
Per avere successo, le due raccolte firme dovranno essere sottoscritte da almeno un quinto dei componenti della Camera, ossia da almeno 80 dei 400 deputati totali.
I deputati potranno firmare presso l’aula delle Giunte della Camera, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 19. Il raggiungimento della soglia di sottoscrizioni è abbastanza scontato e, a seguire, i deputati delegati per ciascuna raccolta presenteranno la propria richiesta di referendum alla Corte di Cassazione, il massimo grado della giustizia italiana che valuta la legittimità dei referendum.
Dopo la presentazione delle firme, la Cassazione avrà cinque giorni di tempo per verificare le sottoscrizioni. In caso di esito positivo, entro 60 giorni dalla decisione della Cassazione spetterà al presidente della Repubblica indire il referendum, su proposta del Consiglio dei ministri. Viste le tempistiche, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha già fatto sapere negli scorsi giorni che la consultazione potrebbe tenersi tra marzo e aprile 2026.
In occasione del secondo via libera del Senato, la riforma ha ottenuto meno dei due terzi dei parlamentari sia alla Camera sia al Senato. Per questo, la riforma può essere sottoposta a referendum se entro tre mesi, almeno 500 mila, cinque consigli regionali o almeno un quinto dei parlamentari di una delle due camere ne fanno richiesta.
Se sarà effettivamente organizzato, il referendum sulla separazione delle carriere servirà a confermare o meno la riforma. In sostanza, chi vuole confermare la riforma deve votare Sì, mentre chi non la vuole far entrare in vigore deve votare No. Al referendum sulla separazione delle carriere non è previsto nessun quorum, ossia una soglia minima di votanti. In altre parole, il risultato del referendum è valido qualsiasi sia la percentuale di partecipanti.
Una raccolta firme è stata presentata dai capigruppo dei partiti di centrodestra che sostengono il governo Meloni: Galeazzo Bignami (Fratelli d’Italia), Riccardo Molinari (Lega), Paolo Barelli (Forza Italia) e Maurizio Lupi (Noi Moderati). La seconda è stata presentata dai capigruppo di tre partiti all’opposizione: Simona Bonafè (Partito Democratico), Carmela Auriemma (Movimento 5 Stelle) e Marco Grimaldi (Alleanza Verdi-Sinistra).
Per avere successo, le due raccolte firme dovranno essere sottoscritte da almeno un quinto dei componenti della Camera, ossia da almeno 80 dei 400 deputati totali.
I deputati potranno firmare presso l’aula delle Giunte della Camera, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 19. Il raggiungimento della soglia di sottoscrizioni è abbastanza scontato e, a seguire, i deputati delegati per ciascuna raccolta presenteranno la propria richiesta di referendum alla Corte di Cassazione, il massimo grado della giustizia italiana che valuta la legittimità dei referendum.
Dopo la presentazione delle firme, la Cassazione avrà cinque giorni di tempo per verificare le sottoscrizioni. In caso di esito positivo, entro 60 giorni dalla decisione della Cassazione spetterà al presidente della Repubblica indire il referendum, su proposta del Consiglio dei ministri. Viste le tempistiche, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha già fatto sapere negli scorsi giorni che la consultazione potrebbe tenersi tra marzo e aprile 2026.
In occasione del secondo via libera del Senato, la riforma ha ottenuto meno dei due terzi dei parlamentari sia alla Camera sia al Senato. Per questo, la riforma può essere sottoposta a referendum se entro tre mesi, almeno 500 mila, cinque consigli regionali o almeno un quinto dei parlamentari di una delle due camere ne fanno richiesta.
Se sarà effettivamente organizzato, il referendum sulla separazione delle carriere servirà a confermare o meno la riforma. In sostanza, chi vuole confermare la riforma deve votare Sì, mentre chi non la vuole far entrare in vigore deve votare No. Al referendum sulla separazione delle carriere non è previsto nessun quorum, ossia una soglia minima di votanti. In altre parole, il risultato del referendum è valido qualsiasi sia la percentuale di partecipanti.