Il 10 maggio l’aula della Camera dei deputati ha respinto la proposta di legge, a prima firma della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, per introdurre, tra le altre cose, l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Si sono schierati contro la riforma della Costituzione il Partito democratico e il Movimento 5 stelle, mentre a favore i partiti di centrodestra. I deputati di Italia viva si sono invece astenuti.
Poco prima del voto, Meloni aveva dichiarato alla stampa che la proposta di legge, per introdurre in Italia un semipresidenzialismo simile a quello in vigore in Francia, è «la madre di tutte le riforme per chiunque creda che la sovranità appartenga al popolo, per chiunque voglia una politica capace di decidere e di assumersi le responsabilità delle sue decisioni».
Anche se il testo fosse stato approvato dalla Camera, sarebbe stato quasi impossibile arrivare a un definitivo via libera entro la fine della legislatura, che, salvo sorprese, terminerà tra meno di un anno. Come tutte le proposte di riforma costituzionale, il testo difeso da Meloni e da Fdi sarebbe dovuto infatti essere approvato due volte da entrambe le camere, a distanza di almeno tre mesi, dopo l’esame delle commissioni.
Poco prima del voto, Meloni aveva dichiarato alla stampa che la proposta di legge, per introdurre in Italia un semipresidenzialismo simile a quello in vigore in Francia, è «la madre di tutte le riforme per chiunque creda che la sovranità appartenga al popolo, per chiunque voglia una politica capace di decidere e di assumersi le responsabilità delle sue decisioni».
Anche se il testo fosse stato approvato dalla Camera, sarebbe stato quasi impossibile arrivare a un definitivo via libera entro la fine della legislatura, che, salvo sorprese, terminerà tra meno di un anno. Come tutte le proposte di riforma costituzionale, il testo difeso da Meloni e da Fdi sarebbe dovuto infatti essere approvato due volte da entrambe le camere, a distanza di almeno tre mesi, dopo l’esame delle commissioni.