Il PD sbaglia: il governo non ha aumentato le tasse per tutti

L’errore è confondere la crescita della pressione fiscale con un aumento generale delle imposte pagate da tutti i contribuenti
ANSA
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L’8 novembre il Partito Democratico, insieme alla segretaria Elly Schlein, ha pubblicato sui social una grafica con un’accusa molto netta: «Il governo Meloni ha aumentato le tasse per tutti». A sostegno di questa tesi, il partito ha aggiunto che con l’attuale esecutivo «la pressione fiscale è salita al 42,8 per cento».
È vero che, secondo l’ISTAT, tra il 2023 e il 2024 la pressione fiscale in Italia è passata dal 41,2 al 42,5 per cento, e che le previsioni del governo indicano per il 2025 un ulteriore aumento fino al 42,8 per cento. La cifra citata dal PD, quindi, non descrive la situazione attuale ma una proiezione per l’anno in corso. L’errore principale, però, è un altro: Schlein e il suo partito confondono l’aumento della pressione fiscale con un aumento generalizzato delle tasse per tutti i cittadini.
La pressione fiscale è un indicatore che misura il rapporto tra tutte le imposte e i contributi versati in Italia e il valore complessivo del Prodotto interno lordo (PIL). In altre parole, dice quanta parte della ricchezza prodotta in un anno finisce nelle casse pubbliche. Come ha spiegato l’ISTAT, nel 2024 l’aumento delle entrate fiscali e contributive dello Stato è stato più alto della crescita del PIL. Da qui, la pressione fiscale è salita di oltre un punto rispetto all’anno precedente.
Ma se la pressione fiscale aumenta, non significa che tutti paghino più tasse o che siano state introdotte nuove imposte. Il valore può crescere anche per motivi che non dipendono da scelte politiche. Per esempio, se il PIL sale poco ma il gettito rimane stabile, il rapporto aumenta comunque.

In un articolo pubblicato a ottobre su lavoce.info, gli economisti Massimo Bordignon e Leonzio Rizzo hanno spiegato quali sono le cause principali dell’aumento della pressione fiscale. Lo scorso anno, uno dei motivi è stato l’andamento dei redditi da lavoro. I salari sono tassati molto più dei profitti: pur rappresentando circa il 38 per cento del PIL italiano, contribuiscono da soli a quasi la metà delle entrate fiscali. Per questo, quando crescono occupazione e retribuzioni, il gettito aumenta più rapidamente del PIL, facendo salire «meccanicamente» la pressione fiscale, cioè per un effetto automatico del sistema tributario, senza che il governo introduca nuove tasse o aumenti altre esistenti. Nel 2024 è accaduto proprio questo: i profitti sono rimasti stabili o in lieve calo, mentre i salari medi e il numero degli occupati sono aumentati, contribuendo all’aumento complessivo della pressione fiscale.

C’è anche una seconda ragione dietro la crescita della pressione fiscale nel 2024, hanno aggiunto Bordignon e Rizzo. I redditi da lavoro dipendente sono “tassati” con due strumenti: i contributi, che sono proporzionali, e l’IRPEF, che è progressiva, cioè applica aliquote più alte a redditi più elevati. Questa progressività riguarda però quasi solo i lavoratori dipendenti, che costituiscono la gran parte della platea dei contribuenti soggetti all’IRPEF, mentre molti altri redditi – come quelli da capitale o degli autonomi che beneficiano della flat tax – sono tassati con aliquote fisse più basse.

Nel 2024, l’aumento dei salari dovuto ai rinnovi contrattuali ha portato a un prelievo medio più alto, anche se in molti casi si trattava di recuperare parte del potere d’acquisto perso con l’inflazione negli anni precedenti. Poiché il fisco considera questi incrementi come veri aumenti di reddito, li tassa di più, generando il cosiddetto fiscal drag (il “drenaggio fiscale”): un aumento automatico del prelievo medio, che ha contribuito alla crescita della pressione fiscale complessiva.

Questo non significa però che tutti abbiano pagato più tasse. Il drenaggio fiscale agisce solo su chi ha visto crescere il proprio reddito espresso in termini nominali (cioè in valore assoluto, senza tener conto dell’inflazione), mentre altri contribuenti non ne sono toccati. Insomma, l’aumento della pressione fiscale misura un effetto medio sull’economia, non un rincaro generalizzato per tutti i cittadini. 

Va inoltre ricordato che il governo ha adottato misure, come il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote IRPEF, proprio per restituire in parte gli effetti del fiscal drag sui redditi da lavoro.

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