Quanto è diffusa la separazione delle carriere dei magistrati in Europa

Il modello italiano, dove giudici e pm fanno parte dello stesso ordine, è una minoranza, anche se le differenze tra Paesi sono sfumate
ANSA/LUCA ZENNARO
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Tra i sostenitori della riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere dei magistrati, uno degli argomenti più citati è che questo modello sarebbe già in vigore nella maggior parte dei Paesi europei. Lo ha ribadito più volte il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che il 28 ottobre, due giorni prima prima dell’approvazione finale della riforma in Senato, ha affermato: «La separazione esiste in tutta Europa», replicando così alle critiche.

La separazione delle carriere riguarda il rapporto tra giudici e pubblici ministeri (pm). I primi svolgono la “funzione giudicante”: decidono sulle controversie e scrivono le sentenze; i secondi svolgono invece la “funzione requirente”: rappresentano l’accusa e conducono le indagini nei procedimenti penali. Attualmente, in Italia tutti i magistrati seguono lo stesso percorso formativo e possono cambiare funzione, passando dal ruolo di giudice a quello di pm o viceversa, una sola volta durante la loro carriere, e solo entro i primi dieci anni di servizio. La riforma costituzionale introduce una netta separazione: vieta ogni possibilità di passaggio da giudice a pm, e viceversa. Ogni magistrato dovrà scegliere il proprio ruolo all’inizio della carriera, senza possibilità di cambiare in seguito.

E nel resto d’Europa come funziona? Per capire quanto i sistemi giudiziari europei siano realmente “separati”, abbiamo guardato alla collocazione istituzionale dei pubblici ministeri: se fanno parte del potere giudiziario, dell’esecutivo o se operano come autorità indipendenti. In breve, la situazione è molto varia: ogni Paese adotta un proprio modello e non esiste una linea di confine netta tra sistemi “separati” e “unificati”. In alcuni ordinamenti i pubblici ministeri fanno parte del potere giudiziario, in altri sono collocati come autorità indipendenti o all’interno dell’esecutivo, ma con diversi gradi di autonomia.
Per fare il punto sulle posizioni dei pm negli altri Paesi europei, abbiamo analizzato i dati raccolti dalla Commissione per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ), relativi al 2022 e a 49 Paesi del continente europeo. Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale, distinta dall’Unione europea, che si occupa di promuovere la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto. La CEPEJ è un organismo tecnico che raccoglie e analizza dati sui sistemi giudiziari dei Paesi membri, con l’obiettivo di valutarne l’efficienza, la qualità e l’indipendenza e di promuovere buone pratiche nel funzionamento della giustizia.

Secondo i dati aggiornati allo scorso agosto, la maggior parte dei Paesi europei si divide in due categorie: quelli in cui il pubblico ministero ha una posizione indipendente come entità separata tra le istituzioni dello Stato, e quelli in cui fa parte del potere giudiziario, pur godendo di indipendenza funzionale. Nel primo caso, il pm non appartiene formalmente né all’esecutivo né alla magistratura, ma opera come autorità autonoma con proprie regole e garanzie. Nel secondo caso, resta parte del sistema giudiziario ma agisce con ampi margini di indipendenza nelle indagini e nelle decisioni. 

Diciannove Paesi – quasi tutti nell’Europa orientale – rientrano nella prima categoria, mentre diciotto nella seconda: tra questi ci sono l’Italia, la Spagna, il Belgio, i Paesi Bassi e la Grecia.
In nove Paesi, invece, il pubblico ministero è formalmente inserito nell’ambito del potere esecutivo, ma dispone di autonomia nelle sue funzioni, cioè può decidere in modo indipendente se e come avviare un procedimento penale e nella conduzione delle indagini, senza ricevere istruzioni dirette dal governo o dal Ministero della Giustizia. Tra gli altri, fanno parte di questa categoria la Germania, la Polonia e i Paesi scandinavi.

Ci sono poi tre casi particolari, considerati a parte dalla CEPEJ. Il sistema in vigore in Francia è catalogato come “misto”: i pubblici ministeri francesi fanno parte dell’autorità giudiziaria, come i giudici, ma sono sottoposti, almeno formalmente, all’autorità del Ministero della Giustizia. In Svizzera le regole cambiano da un cantone all’altro, mentre in Austria i pubblici ministeri appartengono alla magistratura ma possono ricevere istruzioni dal Ministero della Giustizia, pur restando distinti dai giudici nelle loro funzioni.

Questa distinzione descrive solo la cornice istituzionale in cui si colloca il pubblico ministero. All’interno di ciascun modello, poi, esistono altre differenze significative: in alcuni Paesi, per esempio, i pm hanno un potere più ampio di indirizzo delle indagini o di intervento nelle politiche penali, in altri sono soggetti a controlli o limiti più stringenti.

Ricapitolando: circa due terzi dei Paesi europei analizzati dalla CEPEJ adottano modelli in cui le carriere di giudici e pubblici ministeri sono istituzionalmente separate, mentre un terzo mantiene un sistema unitario o fortemente collegato, come quello italiano.
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