Il ddl Zan è tornato, ma ha poche speranze

Il Pd ha presentato in Senato un testo identico a quello bocciato sei mesi fa, ma è difficile che possa essere approvato, visto il tempo a disposizione e la posizione del centrodestra
ANSA/GIUSEPPE LAMI
ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il 4 maggio il Partito democratico ha organizzato una conferenza stampa in Senato per annunciare una proposta di legge, con un contenuto identico al cosiddetto “ddl Zan”, il disegno di legge contro l’omotransfobia, che prende il nome dal deputato Alessandro Zan e che è stato di fatto bocciato dal Senato a ottobre 2021, dopo essere stato approvato dalla Camera quasi un anno prima.

«Non mettiamo un ultimatum», ha dichiarato (min. 25:13) il segretario del Pd Enrico Letta, commentando il rapporto con gli altri partiti della maggioranza di governo. «Ci muoviamo in una logica di offerta, a questo Senato, di una grande occasione per recuperare un rapporto con una parte molto importante del Paese. Crediamo che questo sia possibile con il dovuto dialogo». 

Ma che cosa succede adesso? Quali sono le speranze del ddl Zan di essere approvato?

Un riassunto delle puntate precedenti

Il ddl Zan è un disegno di legge, composto da dieci articoli, che tra le altre cose propone di estendere le pene per le discriminazioni basate su motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, anche a quelle fondate «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità». Un’altra proposta è l’introduzione il 17 maggio della Giornata nazionale contro l’omotransfobia, in occasione della quale le scuole sono tenute a organizzare attività di sensibilizzazione per «contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere». L’articolo 1 del ddl Zan definisce inoltre che cosa si intende nel disegno di legge per sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Quest’ultima – una delle definizioni più criticate – è definita come «l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione».

A novembre 2020, durante il secondo governo Conte, il ddl Zan ha ricevuto l’approvazione della Camera, passando poi al Senato. Qui i partiti di centrodestra hanno cercato di ostacolare il percorso del disegno di legge, definito un provvedimento «liberticida» e contro la libertà di opinione.

Dopo numerose audizioni – anche di ultracattolici e no-vax – in Commissione Giustizia del Senato e diversi tentativi di ostruzionismo del centrodestra, a fine ottobre 2021 il testo è arrivato in aula. Qui, con un voto segreto, i senatori hanno approvato la proposta di non esaminare le varie proposte di modifica del disegno di legge (un meccanismo chiamato in gergo parlamentare la “tagliola”), di fatto sancendo la fine dell’esame del testo. 

Pd e Movimento 5 stelle hanno attaccato il centrodestra ma anche Italia viva, accusata di essersi piegata alla linea di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Questi ultimi hanno invece condannato «l’arroganza di Letta» e del centrosinistra, secondo loro poco disponibili ad accogliere le proposte di modifica al ddl Zan avanzate dal centrodestra.

Ora che cosa succede

Come mai, visto il voto di ottobre scorso, ora il Pd è tornato a parlare di ddl Zan? La risposta sta nelle norme che regolano il funzionamento di Palazzo Madama. In base all’articolo 76 del regolamento del Senato, le commissioni non possono vedersi assegnare disegni di legge che «riproducano sostanzialmente il contenuto di disegni di legge precedentemente respinti, se non siano trascorsi sei mesi dalla data della reiezione». 

Visto che il voto negativo del Senato era arrivato lo scorso 27 ottobre, il 27 aprile – ossia sei mesi dopo – è, per così dire, scaduto il periodo in cui un testo identico a quello del ddl Zan non poteva essere ripresentato in Senato. 

Il percorso del nuovo disegno di legge – di cui non è ancora pubblico il testo ufficiale, ma che il Pd ha confermato essere identico al precedente ddl Zan – è tutt’altro che semplice. Innanzitutto, la nuova proposta, che dovrà essere firmata non da Zan, che è un deputato, ma dai senatori del Pd, deve prima essere assegnata a una commissione, poi passare dal voto del Senato, e in caso di approvazione, ricevere il via libera in una forma identica anche alla Camera. Il tutto con un meno di un anno di tempo, visto che la legislatura terminerà – salvo elezioni anticipate – a marzo 2023.

Il nodo centrale da sciogliere resta, come sei mesi fa, l’opposizione in Senato dei partiti di centrodestra. Il presidente della Commissione Giustizia al Senato è, per esempio, ancora Andrea Ostellari (Lega), uno degli artefici dell’ostruzionismo verso il ddl Zan nel corso del 2021. «Ripresentano lo stesso testo della legge Zan? Queste sono le priorità del Pd. Ma se errare è umano, perseverare, come si sa è diabolico», ha scritto su Twitter Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia. «Punire più severamente le discriminazioni è doveroso. Introdurre reati di opinione è una scelta sbagliata, che si confermerà perdente».

Durante la conferenza stampa del 4 maggio, i rappresentanti del Pd hanno aperto alla possibilità di modificare il testo della proposta di legge, senza però snaturarne il contenuto. «Se c’è la volontà di portare a casa una legge, gli spazi di compromesso ci sono», ha dichiarato l’11 aprile il deputato Zan, intervistato da la Repubblica

Il segretario del Pd Letta ha anche annunciato che il 14, il 21 e il 28 maggio saranno organizzate rispettivamente a Milano, a Palermo e a Padova tre “Agorà democratiche” sulla proposta di legge depositata in Senato. Queste agorà sono lo strumento di democrazia partecipativa utilizzata dal Pd per raccogliere le proposte dei propri elettori, eventualmente di modifica anche al ddl Zan.

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