Mercoledì 11 settembre il sindaco di Genova Marco Bucci ha annunciato che sarà il candidato presidente della coalizione di centrodestra alle elezioni regionali del 27 e 28 ottobre, in cui sarà eletto il sostituto del dimissionario Giovanni Toti alla guida della Regione Liguria. «Ho deciso di candidarmi alla presidenza della Regione Liguria: l’ho fatto convinto che questo sia un impegno necessario per poter proseguire un lavoro di crescita e sviluppo che la nostra terra ha iniziato nel 2015 e quella visione di città che vede Genova protagonista dal 2017», ha scritto su Facebook Bucci, che è stato eletto per la prima volta sindaco sette anni fa come candidato civico e rieletto nel 2022 al primo turno, con il 55,5 per cento dei voti.

Soltanto 12 giorni fa, però, in un’intervista con il quotidiano Libero, lo stesso Bucci aveva smentito che si sarebbe candidato alla presidenza della regione. Alla domanda: «È vero che hanno insistito molto perché si candidasse lei?», il sindaco di Genova ha risposto: «Molti cittadini me l’hanno chiesto, e lo hanno fatto anche i partiti. Mi sarebbe piaciuto ma ho subito risposto di no per due ragioni: ho preso un impegno con i genovesi fino al 2027 e sarebbe un tradimento non rispettarlo e poi non godo di ottima salute e non potrei garantire il mio impegno assoluto per i prossimi cinque anni. Candidarsi pertanto avrebbe significato prendere in giro gli elettori».

Il secondo mandato da sindaco di Bucci scade infatti nel 2027, tra tre anni, e il riferimento alle condizioni di salute riguarda l’operazione d’urgenza a cui è stato sottoposto quest’estate Bucci per una metastasi linfonodale da neoplasia cutanea. Ho un «cancro metastatico alle ghiandole linfatiche nel collo. Me l’hanno diagnosticato il 30 maggio. Operato il 3 giugno. Mi hanno levato una trentina di linfonodi», ha dichiarato Bucci il 12 settembre in un’intervista con il Corriere della Sera. Sto «fisicamente bene, per quanto possibile. Ho appena finito le mie trenta sedute di radioterapia. Ho appena cominciato con l’immunoterapia».

Nonostante la malattia e il mandato da sindaco, Bucci ha quindi cambiato idea rispetto a fine agosto e ha accettato la candidatura a presidente della regione. Nell’intervista con il Corriere della Sera e in un messaggio pubblicato su Facebook, il sindaco di Genova ha provato a giustificare quella che fino a pochi giorni fa considerava una «presa in giro» degli elettori. «Negli ultimi giorni ho ricevuto richieste da tutti i leader politici del centrodestra e dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni con la quale ho avuto un colloquio lungo e amichevole. In queste ultime settimane mi sono accorto che il modo migliore per garantire il completamento delle opere e dei progetti che abbiamo iniziato, è quello di estendere il nostro metodo di lavoro a tutta la Liguria», ha scritto Bucci, che al momento non risulta indagato nelle inchieste che hanno coinvolto l’ex presidente della regione Toti (il centrodestra governa la Liguria dal 2015). 

In una nota Meloni e gli altri leader dei partiti di centrodestra che sostengono il suo governo hanno ringraziato Bucci per aver accettato la candidatura, che sarà contrapposta a quella di Andrea Orlando. Ministro in tre governi, in questa legislatura Orlando è deputato del Partito Democratico e finora ha ricevuto l’appoggio del Movimento 5 Stelle, di Azione e di Italia Viva. La stessa Italia Viva, per voce del suo leader Matteo Renzi, ha dovuto annunciare la sua uscita dalla giunta di Bucci, di cui fa parte l’assessore Mauro Avvenente. Quest’ultimo ha ribadito comunque la sua fiducia a Bucci, considerato dallo stesso Renzi un «bravo sindaco».  

Secondo fonti stampa, se Bucci dovesse vincere le elezioni, sarebbe sostituito temporaneamente alla guida del comune di Genova dal suo vicesindaco e assessore al Bilancio Pietro Piciocchi. In primavera si dovrebbero tenere le elezioni comunali anticipate. In caso di vittoria di Orlando, Bucci rimarrebbe sindaco della città, a meno di sue dimissioni.

Quella di promettere di non candidarsi, parlando di eventuali “prese in giro” agli elettori, per poi cambiare idea è una vecchia abitudine dei politici italiani. Lo hanno dimostrato le recenti elezioni europee, tenutesi l’8 e 9 giugno. Per esempio il leader di Azione Carlo Calenda aveva più volte ripetuto che non si sarebbe candidato al Parlamento europeo, dicendo che avrebbe dovuto rinunciare al seggio e che sarebbe stata una «presa in giro». Calenda poi si è candidato, ma la lista di Azione non ha superato la soglia di sbarramento. Emma Bonino (Più Europa) aveva invece criticato le candidature di Meloni e della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, perché entrambe avrebbero rinunciato al seggio al Parlamento europeo. «Chi si candida in qualsiasi istituzione europea poi deve compiere quel mandato», ha dichiarato a gennaio di quest’anno Bonino in un’intervista a la Repubblica, aggiungendo che le candidature di Meloni e Schlein erano «una presa in giro», visto che gli elettori «votano una persona e poi se ne ritrovano un’altra». La stessa Bonino però si è candidata nel 1994 alle elezioni europee e ha rinunciato al seggio.