Mancano pochi giorni alle elezioni comunali di ottobre, che eleggeranno il sindaco in oltre mille comuni italiani, di cui sei capoluoghi di regione. La campagna elettorale è ai titoli di coda, ma secondo gli ultimi sondaggi prima del cosiddetto “blackout elettorale” – il periodo in cui è vietata la pubblicazione di sondaggi – più di un cittadino su due è indeciso sul candidato da votare.

Se per i comuni fino a 15 mila abitanti non è previsto un eventuale secondo turno e il sindaco e il consiglio comunale vengono eletti a maggioranza relativa, gli indecisi potrebbero essere l’ago della bilancia nelle città e nei capoluoghi: specialmente in caso di ballottaggio, quando la scelta si riduce soltanto a due candidati. Ma quante volte, da quando esiste l’elezione diretta del sindaco, il candidato che era davanti negli scrutini del primo turno poi è stato superato dal secondo arrivato?

Abbiamo analizzato le tornate elettorali dal 1993 in poi nelle cinque maggiori città al voto: Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. Su 31 tornate elettorali, in sei occasioni (quasi una volta su cinque) chi è arrivato in testa al primo turno, poi è stato sconfitto al secondo.

Da Alemanno a de Magistris, passando per lo “storico” Guazzaloca

Partiamo da Roma, che sembra essere una delle maggiori incognite di questa tornata elettorale. Dal 1993 ad oggi a Roma sono state sette le tornate elettorali, che hanno portato in Campidoglio cinque sindaci diversi. Per due volte (Rutelli II e Veltroni II) il sindaco è stato eletto al primo turno; nelle restanti cinque si è andati al ballottaggio.

In quello dell’aprile 2008, tra Francesco Rutelli, che cercava un terzo mandato, e Gianni Alemanno a spuntarla fu proprio quest’ultimo, candidato del centrodestra, con il 53,7 per cento dei voti. Un fatto per nulla scontato, dal momento che il centrosinistra con Rutelli al primo turno aveva il 45 per cento delle preferenze, cinque punti in più dello sfidante Alemanno. A causare l’emorragia di quasi 90 mila voti al centrosinistra fu, secondo Rutelli, la questione sicurezza, che la destra cavalcò in vista delle elezioni.

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Più recente è il caso di Napoli. Nonostante in questa tornata elettorale l’esito appaia quasi scontato – secondo i sondaggi Gaetano Manfredi può vincere anche al primo turno – in passato la corsa per il posto di sindaco è stata decisamente più incerta. Dieci anni fa, nel 2011, al primo turno il candidato in vantaggio – e favorito per la vittoria finale – era quello di centrodestra, Gianni Lettieri, con il 38,5 per cento delle preferenze. Ben 11 punti sotto era arrivato lo sfidante Luigi de Magistris, a capo di una coalizione che univa parte della sinistra radicale con l’Italia dei valori. Il ballottaggio fu già di per sé una sorpresa, dal momento che i sondaggi davano come principale sfidante di Lettieri il candidato del Pd Mario Morcone. Invece a Palazzo San Giacomo finì proprio l’ex magistrato e attuale sindaco di Napoli, che ottenne un inaspettato 65 per cento delle preferenze contro il 35 dell’ex favorito Gianni Lettieri. «Abbiamo scassato e abbiamo arrevotato (abbiamo fatto una rivoluzione, ndr)», urlò festante de Magistris da piazza del Municipio.

Un’altra vittoria storica e poco prevedibile, ma di segno opposto, fu quella alle elezioni amministrative del 1999, quando la “rossa” Bologna, dopo 54 anni di amministrazione della sinistra, passò sorprendentemente in mano al centrodestra. Il candidato del Polo delle libertà Giorgio Guazzaloca vinse al ballottaggio contro la candidata dell’Ulivo Silvia Bartolini, ottenendo il 50,7 per cento delle preferenze. Al primo turno, Bartolini era però in testa con il 46,6 per cento dei voti, più di 5 punti sopra Guazzaloca. Lo storico “ribaltone” colse tutti di sorpresa, anche perché in quelle elezioni il “terzo polo” era Rifondazione comunista, all’apparenza più vicino a Bartolini che Guazzaloca.

Il caso di Torino

Nel significativo – ma comunque ridotto – gruppo di sorpassi al ballottaggio, c’è però una città che del “ribaltone” sembra aver fatto quasi una tradizione. A Torino, delle sei tornate elettorali dal 1993 ad oggi, la metà ha visto eleggere un sindaco battuto al primo al primo turno. Per ben due volte, nel 1993 e nel 1997, l’indipendente di centrosinistra Valentino Castellani diventò primo cittadino dopo aver perso al primo turno: prima contro l’ex sindaco comunista Diego Novelli – che al primo turno con il 36 per cento dei voti lo batteva di 16 punti – e poi contro il candidato di centrodestra Raffaele Costa, dopo che il forzista era avanti con il 43,3 per cento delle preferenze e Castellani si fermava al 35,4 per cento.

Più recente è il caso della vittoria di Chiara Appendino. Nel 2016 la sindaca uscente, già autrice di un exploit al primo turno (31 per cento), andò oltre le aspettative e vinse le elezioni al ballottaggio contro l’ex segretario Ds Piero Fassino, che al primo turno la superava di 11 punti.

Niente sorpresa a Milano?

L’unico capoluogo nel quale il candidato vincitore al primo turno si è sempre confermato al ballottaggio è Milano. In due occasioni (Albertini II e Moratti) il candidato sindaco del centrodestra ha vinto al primo turno. Per le restanti quattro, il vantaggio al primo turno è stato comunque garanzia di vittoria nella successiva corsa a due.

Un’abitudine che secondo i sondaggi sarà molto probabilmente riconfermata anche questo ottobre. Il sindaco uscente Beppe Sala, secondo le rilevazioni, sembra avere buone possibilità di vittoria già al primo turno, e anche nel caso di ballottaggio le possibilità dello sfidante Luca Bernardo sembrano minime.

In conclusione

Le elezioni comunali del 3 e 4 ottobre potranno regalare alcune sorprese. Sebbene in qualche città il risultato finale sembri essere scontato, in alcuni dei sei capoluoghi di regione la sfida è quanto mai aperta.

Vincere al primo turno non è infatti garanzia di successo. Dal 1993 in poi, in sei occasioni sulle 31 tornate elettorali tenutesi tra Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, chi si è piazzato al secondo posto al primo turno, è poi riuscito a rimontare e a diventare sindaco.