«I tecnici dell’Iss, parlando con i tecnici dell’Assessorato al Welfare, richiesero di dare dei dati, di valorizzare alcuni dati, di implementare alcune nozioni, su loro richiesta. Noi non abbiamo mai sbagliato a dare i nostri dati, non abbiamo mai rettificato i nostri dati: abbiamo semplicemente risposto a una richiesta che proveniva dall’Iss» – Attilio Fontana, presidente Regione Lombardia, 23 gennaio (Conferenza stampa, min 6:40)
Per capire quali dati sono stati modificati dalla Regione Lombardia bisogna entrare un po’ più nel tecnico: anche in questo caso, la dichiarazione fatta il 23 gennaio da Fontana in conferenza stampa è imprecisa e fuorviante.
In breve: una rettifica dei dati da parte della Regione Lombardia c’è stata. Il problema riguardava l’assenza nel database inviato dalla Lombardia all’Iss di alcune statistiche – quelle relative alla sintomaticità dei contagiati – che permettono di calcolare con maggiore affidabilità l’indice Rt. Dopo l’ingresso in zona rossa, la regione ha mandato dei nuovi dati all’Iss e questo ha permesso di tornare in zona arancione. Questa lacuna nei dati della Lombardia non è stata oltretutto una novità degli ultimi giorni, ma era nota da tempo. Vediamo i dettagli.
I «dati valorizzati» e le «nozioni implementate» a cui ha fatto riferimento il presidente leghista nella conferenza stampa del 23 gennaio corrispondono – come spiegato nella stessa occasione dal direttore generale al Welfare Marco Trivelli – ai campi “data di inizio sintomi” e “stato clinico” associati ai casi positivi della Regione Lombardia. La compilazione di tali campi non è obbligatoria, ma rimane necessaria se si vuole ottenere una valutazione il più possibile accurata e standardizzata della situazione epidemiologica del territorio. Ciò è dovuto ai criteri secondo i quali viene effettuato il calcolo dell’indice Rt nel monitoraggio settimanale dell’Iss.
In linea di principio, l’indice Rt – che misura la trasmissibilità del virus in un dato tempo “t” in condizioni di diffusione controllata – dovrebbe essere calcolato utilizzando la totalità dei positivi accertati in un determinato territorio. Tuttavia, poiché i casi asintomatici sono spesso difficili da individuare, per avere un indice più affidabile, nel monitoraggio l’Iss
usa il cosiddetto “indice Rt sintomi”, ossia l’indice Rt calcolato a partire dai soli casi sintomatici per i quali sia nota una data di inizio sintomi. Un caso viene classificato come sintomatico se al campo “stato clinico” esso riporta la dicitura “sintomatico” (o equivalenti, per esempio “severo” o “critico”) oppure se esso riporta una data di inizio sintomi, anche qualora lo stato clinico non venga specificato.
Tornando al nocciolo della questione: il flusso inviato da Regione Lombardia all’Iss il 13 gennaio presentava un gran numero di casi positivi per i quali il campo “stato clinico” non veniva specificato, ma per i quali veniva fornita una data di inizio sintomi. Questi, di conseguenza,
sono stati automaticamente classificati come sintomatici e utilizzati dall’Iss per il calcolo dell’indice Rt.
La situazione era nota all’Iss, tanto che quest’ultimo si era premurato di notificarne la criticità a Regione Lombardia almeno dal 7 gennaio, quando il “decreto Natale” – che stabiliva alcuni giorni rossi e arancioni a livello nazionale durante le feste –
aveva cessato i suoi effetti. «Caro, ti ricordo il problema dei vostri dati con data inizio sintomi e mai uno stato clinico a conferma di questo»,
si legge in un’email inviata da un tecnico dell’Iss alla Regione Lombardia. «Dobbiamo cercare di lavorare per risolvere questo problema vista la forte differenza tra Lombardia e le altre regioni al riguardo». Secondo fonti stampa, però, questa email
non ha avuto effetto.
Solo il 20 gennaio – ossia quattro giorni dopo l’ingresso in zona rossa – la Regione Lombardia avrebbe inviato all’Iss un nuovo set di dati, integrando le informazioni sui campi “data inizio sintomi” e “stato clinico”, le quali hanno portato a una risuddivisione dei casi positivi tra sintomatici e asintomatici e, di conseguenza, al ricalcolo dell’indice Rt.
Per comprendere l’entità dell’anomalia esistita fino al 13 gennaio, riportiamo i numeri
pubblicati il 23 gennaio dall’Iss (Figura 2).