Il 22 dicembre il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha accusato il governo e i partiti della maggioranza di aver «infilato» nella nuova legge di Bilancio «una norma vergognosa che calpesta e penalizza i lavoratori sottopagati». «Con questa decisione di Meloni e soci, un lavoratore non può più avere gli arretrati, anche se un giudice stabilisce che ne ha diritto perché il suo stipendio è troppo basso e viola l’articolo 36 della Costituzione», ha scritto Conte su Facebook.
Per capire se questa accusa è corretta bisogna chiarire di quale norma si parla e, soprattutto, che cosa cambia davvero quando un giudice ritiene che il salario minimo previsto da un contratto collettivo sia troppo basso rispetto ai principi contenuti nell’articolo 36 della Costituzione. Quest’ultimo, infatti, stabilisce al primo comma che «il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
Per capire se questa accusa è corretta bisogna chiarire di quale norma si parla e, soprattutto, che cosa cambia davvero quando un giudice ritiene che il salario minimo previsto da un contratto collettivo sia troppo basso rispetto ai principi contenuti nell’articolo 36 della Costituzione. Quest’ultimo, infatti, stabilisce al primo comma che «il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».