Un primo problema del reddito di cittadinanza
è quello di avere criteri di accesso troppo severi per i cittadini stranieri, come
abbiamo spiegato in passato in altre analisi sul tema. Per ricevere il sussidio bisogna essere residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due continuativi. «Questo requisito esclude potenzialmente un’ampia quota di nuclei in cui tutti i componenti sono stranieri con residenza in Italia da meno di 10 anni»,
si legge nella relazione del comitato (come
spiega un dossier del Parlamento, il requisito di avere 10 anni di residenza in Italia è inoltre molto probabilmente incostituzionale).
La proposta degli esperti nominati dal Ministero del Lavoro è quella di ridurre il requisito della residenza da 10 a cinque anni (un periodo
considerato più ragionevole anche dalla giurisprudenza costituzionale). Secondo le stime del comitato, questa modifica
costerebbe meno di 300 milioni di euro l’anno, poco più del 3 per cento degli 8,8 miliardi messi a bilancio nel 2021 per finanziare la misura.
Un secondo problema del sussidio, così come è strutturato oggi, è che
penalizza le famiglie numerose con minori, a vantaggio dei percettori single. Questo limite è dovuto al modo in cui è strutturata la cosiddetta “scala di equivalenza”, lo strumento che sulla base di alcuni coefficienti determina la soglia di accesso al reddito di cittadinanza. Senza entrare troppo nei dettagli, all’aumentare del numero dei componenti di una famiglia, al momento c’è un’eccessiva riduzione del beneficio, rispetto a quello percepito dai nuclei con un solo componente.
In questo caso la proposta del comitato
è quella di rivedere l’attuale scala di equivalenza, ripensando i coefficienti in maniera tale da riequilibrare la distribuzione del sussidio.
Discorso analogo vale anche per il contributo economico che viene dato per coprire una parte dell’affitto di un’abitazione. Secondo gli esperti, serve «differenziare il contributo per l’affitto in base alla dimensione del nucleo familiare, riducendolo per i nuclei di una sola persona e incrementandolo progressivamente al crescere del numero dei componenti».
C’è poi la questione sulle
soglie patrimoniali. Oggi se un richiedente ha un patrimonio, mobiliare o immobiliare, superiore anche di poco ai 6 mila euro, è escluso dal beneficio. In questo caso si suggerisce di modulare l’accesso al contributo del reddito di cittadinanza in modo più flessibile, evitando «le esclusioni e i salti provocati dalle attuali previsioni normative».