Quanto rischia di tornare in carcere Ilaria Salis

Il Parlamento europeo deve decidere se toglierle l’immunità: quali sono i prossimi passaggi e gli scenari possibili
Ansa
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«Apprendo che il voto in Parlamento europeo sulla richiesta di revoca della mia immunità è stato rinviato. Grazie di cuore a tutte e tutti per i tanti messaggi di solidarietà e sostegno. La battaglia continua!». Con queste parole, lo scorso 17 giugno, la parlamentare europea Ilaria Salis ha commentato gli sviluppi del suo caso, che potrebbero presto riportarla in carcere in Ungheria, se il Parlamento europeo darà il via libera alla revoca dell’immunità.

Salis è stata detenuta per oltre un anno in un carcere di Budapest, da febbraio 2023 a maggio 2024, in attesa del processo che la vede imputata per aver aggredito alcuni militanti neonazisti durante uno scontro in Ungheria. A giugno 2024, dopo alcuni giorni agli arresti domiciliari, l’insegnante e attivista italiana è tornata in libertà grazie alla sua elezione al Parlamento europeo, nelle liste di Alleanza Verdi-Sinistra. La sua candidatura era stata promossa proprio per consentirle di ottenere l’immunità parlamentare e uscire dal carcere.

Secondo i suoi sostenitori, Salis è vittima di un’ingiustizia e le accuse nei suoi confronti sono motivate politicamente. I critici, invece, la accusano di aver sfruttato l’elezione per evitare il processo, sostenendo che dovrebbe affrontarlo per dimostrare la propria innocenza.

Non entriamo nel merito delle accuse contro Salis né di quelle rivolte al governo ungherese. Ora che ci sono stati nuovi sviluppi, quanto rischia davvero la parlamentare europea di tornare in carcere? E quali saranno i prossimi passaggi?

L’immunità dei parlamentari europei

In base all’articolo 343 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), l’Ue «gode, sul territorio degli Stati membri, delle immunità e dei privilegi necessari all’assolvimento dei suoi compiti», secondo quanto previsto da uno specifico protocollo.

Questo protocollo prevede che i parlamentari europei «non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni». Inoltre, durante le sessioni del Parlamento europeo, godono di ulteriori tutele: nel proprio Paese, hanno diritto alle stesse immunità previste per i parlamentari nazionali; negli altri Stati membri, sono «esentati da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario».

Come spiega il sito del Parlamento europeo, l’immunità prevista serve a tutelare l’indipendenza dei parlamentari europei, evitando che possano subire pressioni politiche attraverso l’avvio di procedimenti giudiziari, anche all’estero.

L’immunità, però, non si applica ai reati commessi in flagrante, poiché in questi casi il rischio di persecuzioni politiche è considerato inesistente e l’immunità decade automaticamente.

Alcuni aspetti dell’immunità non sono regolati nel dettaglio dal protocollo, ma derivano da pratiche consolidate nel tempo. Per esempio, come ha sottolineato un approfondimento della rivista federalismi.it, in alcuni casi la prassi ha riconosciuto che l’immunità parlamentare si applica anche ai fatti commessi prima dell’inizio del mandato, perché «ai fini della tutela dei principi di indipendenza e buon funzionamento del Parlamento europeo» non importa «che il fatto sia stato commesso prima o dopo l’inizio del mandato». Ma, appunto, si tratta di prassi e non di una norma scritta, e questo potrebbe incidere sul caso di Salis.

Il voto in commissione

Il Regolamento interno del Parlamento europeo, all’articolo 9, disciplina la procedura per la revoca dell’immunità. Quando un’autorità nazionale chiede al Parlamento di revocare l’immunità di un parlamentare europeo, il presidente del Parlamento rende nota la richiesta durante una seduta e la trasmette alla Commissione Affari giuridici del Parlamento europeo (JURI). Questo organismo è competente per le questioni legali, comprese le richieste di revoca o difesa dell’immunità dei parlamentari europei.

La commissione può raccogliere tutte le informazioni o spiegazioni che ritiene necessarie. Il parlamentare coinvolto ha diritto di essere ascoltato e di presentare documenti o altri elementi scritti. Riunita a porte chiuse, la commissione formula una raccomandazione – favorevole o contraria alla revoca – che viene poi sottoposta al voto dell’aula. La decisione viene presa a maggioranza semplice, cioè se i voti favorevoli sono più di quelli contrari.

Che cos’è successo finora

Il 22 ottobre 2024, la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola ha annunciato di aver ricevuto dalle autorità ungheresi una richiesta di revoca dell’immunità di Salis, che come previsto è stata inoltrata alla Commissione JURI. 

«Non è una coincidenza che la trasmissione della richiesta al Parlamento sia avvenuta il 10 ottobre, il giorno successivo al mio intervento in plenaria sulla presidenza ungherese, quando ho criticato duramente l’operato di Orbán. Evidentemente, i tiranni faticano a digerire le critiche», aveva commentato su X Salis, che da tempo accusa il primo ministro ungherese di aver instaurato un regime autoritario in Ungheria.

Il 9 ottobre, l’attivista italiana aveva tenuto un discorso al Parlamento europeo alla presenza di Orbán, dichiarando che sotto il suo governo l’Ungheria «è diventata un regime illiberale e oligarchico, uno Stato etnico autoritario che alcuni addirittura chiamano una moderna tirannia».

La richiesta dell’Ungheria è stata presa in carico dalla Commissione JURI, che ha iniziato l’iter previsto in questi casi. Il 23 gennaio, i componenti della commissione si sono riuniti per discutere la revoca dell’immunità di sette parlamentari europei, tra cui Salis. Durante l’incontro, il dibattito sull’immunità della parlamentare italiana si è limitato a uno scambio di opinioni tra gli esponenti della commissione, guidato dal relatore designato della proposta ungherese, il parlamentare spagnolo del Partito Popolare Europeo (PPE) Adrián Vázquez Lázara. 

La commissione, poi, si è riunita una seconda volta il 13 febbraio, giorno in cui Salis è stata ascoltata davanti ai parlamentari. E una terza riunione è avvenuta lo scorso 4 giugno. 

Nei giorni successivi, era attesa la relazione finale del relatore Vázquez Lázara, con il parere della commissione sulla richiesta dell’Ungheria. La presentazione era prevista per il 24 giugno, ma è stata rinviata e non risulta più all’ordine del giorno della commissione.

Secondo fonti stampa, il rinvio sarebbe dovuto a un ritardo da parte del relatore Lázara nel depositare il testo. Il voto potrebbe quindi slittare a luglio o a settembre, dopo la pausa estiva in cui i lavori del Parlamento Ue si interrompono.

Gli scenari

Prevedere come si evolverà la situazione non è semplice: tutto dipenderà dal contenuto della relazione e dagli equilibri tra gruppi politici al Parlamento europeo. 

Salis è stata eletta come indipendente nella lista di Alleanza Verdi-Sinistra, formata da Sinistra Italia ed Europa Verde. Lo scorso anno, i parlamentari europei di questa lista si sono divisi nel voto sulla nuova Commissione europea, guidata per la seconda volta consecutiva da Ursula von der Leyen, e dunque nel sostegno alla nuova maggioranza in Parlamento. Salis è stata tra i parlamentari a votare contro.

Un precedente recente non gioca a favore di Salis. A febbraio, la Commissione JURI ha dato parere positivo alla revoca dell’immunità per il parlamentare polacco Adam Bielan, che fa parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (ECR). Bielan era stato denunciato per diffamazione in seguito ad alcune dichiarazioni fatte durante una trasmissione radiofonica nel 2023. Secondo la commissione, le dichiarazioni di Bielan, per le quali era stato denunciato, non avevano un collegamento «diretto ed evidente» con il suo mandato al Parlamento europeo e pertanto non doveva essere applicata l’immunità. L’11 marzo, il Parlamento europeo ha confermato la revoca dell’immunità al parlamentare polacco, che potrà essere processato. 

Il caso di Salis è diverso, ma non è da escludersi che la Commissione JURI si esprima allo stesso modo. Se questa eventualità dovesse verificarsi, il processo contro di lei sarebbe riaperto, ma non è detto che Salis finisca di nuovo in carcere o agli arresti domiciliari, in attesa della sentenza di primo grado. 

La Commissione JURI, però, potrebbe anche rigettare la domanda dell’Ungheria, ed evidenziare i rischi di una sentenza politica e l’intento persecutorio del Paese nei confronti della parlamentare italiana. In più, come abbiamo visto, è già successo in passato che ad altri parlamentari sia stata confermata l’immunità anche per accuse su fatti commessi prima dell’elezione al Parlamento Ue.

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