Comincerà martedì 13 luglio la discussione in Senato sulla proposta di legge contro l’omotransfobia promossa dal deputato del Partito democratico Alessandro Zan. Ma le negoziazioni tra i partiti sono ancora in corso e secondo alcuni la legge potrebbe finire per non avere i numeri necessari all’approvazione, anche a causa del ricorso al voto segreto.

Vediamo cosa sta succedendo e come si stanno muovendo le forze politiche in vista della discussione.

Un ripasso

Come abbiamo già spiegato, la legge Zan punta fondamentalmente a equiparare le discriminazioni legate basate «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità» a quelle con sfondo razziale, etnici o religiose, già oggi perseguibili penalmente.

Mentre il centrodestra, con la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, cerca da mesi di affossare il testo, il centrosinistra con Pd, Movimento 5 stelle, Liberi e uguali e Italia Viva intende invece di accelerare i tempi per arrivare a un’approvazione definitiva.

La proposta di legge è stata approvata alla Camera lo scorso 5 novembre, ma si è poi arenata per diversi mesi alla Commissione giustizia del Senato, presieduta dal leghista Andrea Ostellari.

Una delle questioni chiave della discussione è la definizione che il testo dà di “identità di genere” – e lo stesso inserimento del concetto nel testo – considerata troppo ampia e aperta a diverse interpretazioni da parte dei giudici. Altri invece sostengono che la legge vieterebbe di esprimere opinioni contrarie alla comunità Lgbtq+, pena il carcere. Come abbiamo già spiegato il testo cerca di difendersi dal rischio di condannare le opinioni con un apposito articolo (il numero 4) che tutela espressamente la pluralità delle idee e colpisce soltanto quelle condotte che possono determinare «il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Resta che sul «concreto pericolo» si dovrebbe esprimere un giudice, e dunque, secondo i contrari, rimangono i problemi e i rischi legati alla libera espressione delle opinioni.

A inizio maggio Lega e Forza Italia – le due forze di centrodestra che sostengono il governo Draghi – hanno presentato un testo alternativo, molto più breve, che poneva l’omofobia come un’aggravante (e non come un vero e proprio reato d’odio, come previsto dalla legge Zan) ed eliminava invece tutte le definizioni e le iniziative di sensibilizzazione presenti nella legge originale. La proposta però è stata definita«irricevibile» dal centrosinistra e incompatibile con la legge approvata alla Camera lo scorso novembre.

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La proposta di Italia Viva

Il 2 luglio l’ostruzionismo del centrodestra ha convinto il leader di Italia Viva Matteo Renzi a cercare una mediazione proponendo di modificare il testo legge Zan: «Preferisco un buon compromesso a chi pensa di avere ragione solo lui ma non cambia le cose» ha detto intervistato da La Repubblica.

In particolare, Italia Viva ha presentato quattro emendamenti che avvicinano il testo alla proposta di legge presentata il 4 luglio 2018 da Ivan Scalfarotto, allora esponente del Pd ma oggi deputato di Italia Viva, e firmata al tempo anche da Alessandro Zan. Questo testo si componeva di un solo articolo, che proponeva di aggiungere ai crimini d’odio e all’elenco delle aggravanti (articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale) anche le discriminazioni basate «sull’omofobia o sulla transfobia».

Il testo di Scalfarotto quindi non fa direttamente riferimento allo spinoso tema dell’identità di genere, criticato dal centrodestra e anche dal Vaticano. Questa legge, insieme ad altre, è poi confluita nel disegno di legge approvato alla Camera lo scorso 4 novembre e noto come “ddl Zan”.

Secondo Renzi la proposta di Scalfarotto verrebbe accettata dal centrodestra e passerebbe quindi sicuramente sia alla Camera che al Senato: «Con la Zan si rischia, con la Scalfarotto si passa» ha detto in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook il 5 luglio.

Le reazioni

Il Partito democratico ha criticato l’iniziativa di Renzi per continuare a difendere il testo originale approvato alla Camera: «Non capisco la posizione di Italia viva che ha fatto un lavoro di merito importante alla Camera, e insieme a Pd, Leu e M5S ha votato la legge a Montecitorio e improvvisamente ha cambiato idea», ha detto il segretario Enrico Letta, sostenendo che la legge può e deve passare anche in Senato grazie ai voti dei partiti che l’hanno sostenuta a Montecitorio.

Inoltre, in un tweet il deputato Alessandro Zan ha definito la proposta di Italia Viva «insostenibile» proprio perché questa eliminerebbe le tutele legate in modo specifico al tema dell’identità di genere. Anche il Movimento 5 stelle, complessivamente, ha bocciato la proposta di Italia Viva per sostenere il testo originale.

Al contrario, il leader della Lega Matteo Salvini ha spiegato che il suo partito sarebbe pronto ad approvare il testo solo dopo aver eliminato «l’ideologia, il coinvolgimento dei bambini e l’attacco alla libertà di pensiero». Solo in questo modo si può «smettere di litigare e si approva una norma di protezione e civiltà».

Come accennato, la determinazione di Salvini nell’eliminare determinati temi si riallaccia anche alle richieste del Vaticano, che il 22 giugno ha chiesto formalmente allo Stato italiano di rivedere il ddl poiché questo violerebbe il concordato che regola i rapporti tra i due enti.

Diversi politici e organi di stampa hanno ipotizzato che la proposta di Renzi possa far parte di un calcolo più ampio, mirato principalmente ad avvicinare gli elettori di centrodestra a Italia Viva e aumentare i propri consensi, o anche ad assicurarsi un peso maggiore nelle negoziazioni che decideranno il prossimo presidente della Repubblica, nel 2022.

In ogni caso, il 7 luglio il Senato ha calendarizzato per il 13 luglio l’inizio della discussione sul ddl Zan, nella sua forma già approvata alla Camera. Italia Viva ha fatto sapere che proporrà gli emendamenti: se questi dovessero essere accettati, il testo modificato dovrebbe essere approvato nuovamente anche dalla Camera.

Il nodo del voto segreto

Un altro punto di scontro sta nel fatto che al Senato – come tra l’altro già accaduto alla Camera – il ddl potrebbe essere votato con la modalità del “voto segreto”, con cui sarebbe impossibile sapere realmente chi ha sostenuto la legge e chi invece ha votato contro. Questo meccanismo di voto lascerebbe anche più margini di manovra ai senatori che volessero votare in dissenso con il loro gruppo o partito.

Il regolamento del Senato prevede (articolo 13, comma 4) questa possibilità solo per i voti inerenti a un elenco preciso di tematiche che incidono «sui rapporti civili ed etico-sociali», in cui rientra anche il ddl Zan. Il voto segreto deve essere richiesto da almeno venti senatori, un numero quindi piuttosto semplice da raggiungere.

Renzi sostiene che al momento la legge Zan ha una maggioranza troppo risicata in Senato, e con il voto segreto è probabile che alcuni parlamentari decidano di non seguire le linee guida del proprio partito e votare contro la legge, che quindi non verrebbe approvata.

Anche Zan ha criticato la possibilità di un voto segreto in Senato e ha affermato, ospite a RaiNews24, che se coloro che hanno approvato il disegno a Montecitorio lo sostenessero anche a Palazzo Madama la legge avrebbe una «maggioranza netta».

Nemmeno la Lega, almeno secondo il suo capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, è interessata a richiedere il voto segreto, ma questo potrebbe non bastare: lo scorso novembre la richiesta di voto segreto alla Camera era arrivata da esponenti di Fratelli d’Italia, il cui gruppo al Senato conta proprio venti membri.