Negli ultimi tempi, diversi esponenti del governo hanno intensificato le richieste di modificare le regole che disciplinano le indagini nei confronti degli appartenenti alle forze dell’ordine coinvolti nell’uccisione di una persona mentre erano in servizio.
Il 22 giugno, in un’intervista con Libero, il segretario della Lega Matteo Salvini ha annunciato che il suo partito proporrà in Parlamento l’introduzione del cosiddetto “Codice blu”, «una tutela per le forze dell’ordine che non saranno più indagate in automatico qualora sparassero durante un’attività di servizio». A sostegno della proposta, il vicepresidente del Consiglio ha citato il caso del carabiniere Carlo Legrottaglie, ucciso il 12 giugno durante l’inseguimento di due rapinatori. Uno dei due è stato arrestato con l’accusa di concorso in omicidio, mentre l’altro è morto durante la fuga, colpito da due agenti attualmente indagati per “omicidio colposo a seguito di eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”.
Lo scorso gennaio, nella conferenza stampa di inizio anno, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva dichiarato che è necessario fare «un approfondimento sulle norme», per scongiurare «calvari giudiziari» ai danni delle forze dell’ordine. In quell’occasione, Meloni prese le difese del carabiniere Luciano Masini che, pochi giorni prima, aveva ucciso un uomo dopo che questo aveva accoltellato quattro persone e aveva tentato di aggredirlo. Masini è stato indagato per eccesso colposo di legittima difesa, ma il 17 giugno la Procura di Rimini ha chiesto l’archiviazione delle indagini.
In quei giorni si era parlato della possibilità che il governo inserisse una sorta di “scudo penale” per le forze dell’ordine nel disegno di legge “Sicurezza”, allora all’esame del Parlamento. L’ipotesi però non si è concretizzata, nemmeno quando il disegno di legge è stato trasformato in decreto-legge. Rispondendo a una domanda sul tema in Senato, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva dichiarato che il governo stava «studiando un provvedimento», senza fornire ulteriori dettagli, ma aggiungendo che, secondo lui, finire tra gli indagati per le forze dell’ordine rappresenta un «marchio anticipato d’infamia».
Al momento, non sono ancora noti i dettagli della nuova proposta della Lega, ma in un’intervista con Il Messaggero, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari ne ha anticipato a grandi linee i contenuti. In sintesi, la Lega vuole introdurre una fase preliminare di accertamento che consenta di valutare in tempi rapidi se un agente ha agito per legittima difesa o stato di necessità, evitando così l’iscrizione automatica nel registro degli indagati.
Ma che cosa succede oggi quando un agente uccide una persona in servizio? Quali tutele già esistono? E perché la nuova proposta descritta da Ostellari solleva più di un dubbio, anche di costituzionalità?
Il 22 giugno, in un’intervista con Libero, il segretario della Lega Matteo Salvini ha annunciato che il suo partito proporrà in Parlamento l’introduzione del cosiddetto “Codice blu”, «una tutela per le forze dell’ordine che non saranno più indagate in automatico qualora sparassero durante un’attività di servizio». A sostegno della proposta, il vicepresidente del Consiglio ha citato il caso del carabiniere Carlo Legrottaglie, ucciso il 12 giugno durante l’inseguimento di due rapinatori. Uno dei due è stato arrestato con l’accusa di concorso in omicidio, mentre l’altro è morto durante la fuga, colpito da due agenti attualmente indagati per “omicidio colposo a seguito di eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”.
Lo scorso gennaio, nella conferenza stampa di inizio anno, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva dichiarato che è necessario fare «un approfondimento sulle norme», per scongiurare «calvari giudiziari» ai danni delle forze dell’ordine. In quell’occasione, Meloni prese le difese del carabiniere Luciano Masini che, pochi giorni prima, aveva ucciso un uomo dopo che questo aveva accoltellato quattro persone e aveva tentato di aggredirlo. Masini è stato indagato per eccesso colposo di legittima difesa, ma il 17 giugno la Procura di Rimini ha chiesto l’archiviazione delle indagini.
In quei giorni si era parlato della possibilità che il governo inserisse una sorta di “scudo penale” per le forze dell’ordine nel disegno di legge “Sicurezza”, allora all’esame del Parlamento. L’ipotesi però non si è concretizzata, nemmeno quando il disegno di legge è stato trasformato in decreto-legge. Rispondendo a una domanda sul tema in Senato, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva dichiarato che il governo stava «studiando un provvedimento», senza fornire ulteriori dettagli, ma aggiungendo che, secondo lui, finire tra gli indagati per le forze dell’ordine rappresenta un «marchio anticipato d’infamia».
Al momento, non sono ancora noti i dettagli della nuova proposta della Lega, ma in un’intervista con Il Messaggero, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari ne ha anticipato a grandi linee i contenuti. In sintesi, la Lega vuole introdurre una fase preliminare di accertamento che consenta di valutare in tempi rapidi se un agente ha agito per legittima difesa o stato di necessità, evitando così l’iscrizione automatica nel registro degli indagati.
Ma che cosa succede oggi quando un agente uccide una persona in servizio? Quali tutele già esistono? E perché la nuova proposta descritta da Ostellari solleva più di un dubbio, anche di costituzionalità?