Il decreto “Sicurezza” è legge

È stato approvato definitivamente dal Senato. Introduce nuovi reati e inasprimenti di pena, oltre a misure a favore delle forze dell’ordine
ANSA
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Il 4 giugno il Senato ha approvato definitivamente la conversione in legge del decreto “Sicurezza”, che il 28 maggio aveva ricevuto il via libera della Camera. In entrambe le aule il governo ha posto la questione di fiducia sul decreto, limitando così il dibattito parlamentare e impedendo di modificare ulteriormente il testo. Durante il voto in Senato, alcuni parlamentari del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi-Sinistra si sono seduti in mezzo all’aula, in segno di protesta, bloccando momentaneamente i lavori.
Nel decreto “Sicurezza” è confluita gran parte del disegno di legge che porta lo stesso nome, e che è stato criticato per mesi dai partiti all’opposizione e da diverse associazioni. Il disegno di legge “Sicurezza” – spesso abbreviato con il nome “ddl Sicurezza” – era stato presentato dal governo in Parlamento all’inizio del 2024, ma dopo l’approvazione alla Camera, arrivata lo scorso settembre, il suo percorso in Senato si era arenato a causa di divisioni all’interno dei partiti di maggioranza, dell’ostruzionismo dei partiti all’opposizione e di alcune obiezioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Per velocizzare l’introduzione della maggior parte delle nuove norme contenute nel disegno di legge “Sicurezza”, il governo ha deciso di inserirle in un decreto-legge, approvato lo scorso aprile. I decreti-legge, a differenza dei disegni di legge, entrano subito in vigore, ma devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla loro approvazione, altrimenti decadono.
Secondo i nostri calcoli, con il disegno di legge “Sicurezza” il governo voleva introdurre una trentina tra nuovi reati, aggravanti, sanzioni e ampliamenti di pena, quasi tutti finiti nel decreto “Sicurezza”.

Per esempio, il decreto introduce il reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” e il reato di “rivolta all’interno di un istituto penitenziario”, che punisce anche i comportamenti di resistenza passiva. Il testo, poi, inasprisce le pene per chi blocca una strada con il proprio corpo, per chi fa accattonaggio o danneggia cose pubbliche durante le manifestazioni che si svolgono in un luogo pubblico o aperto al pubblico. Vengono rese più severe le regole per il cosiddetto “Daspo urbano”, cioè il divieto di accedere a luoghi pubblici che può essere disposto dai sindaci o dalle autorità di pubblica sicurezza nei confronti di singoli cittadini.

In più, vengono inasprite le pene per chi commette violenze contro i pubblici ufficiali, con aggravanti specifiche se le vittime dei reati sono forze dell’ordine. In proposito, il decreto prevede la possibilità per gli agenti di polizia di usare le bodycam, microtelecamere da apporre sulle divise mentre sono in servizio. Il provvedimento riconosce anche un beneficio fino a 10 mila euro per assistere legalmente gli agenti coinvolti in vicende giudiziarie.

Il decreto “Sicurezza” stabilisce che le donne condannate incinte, o con figli sotto l’anno d’età, scontino la pena in un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM), mentre per le madri con figli tra uno e tre anni potrà essere disposto il trattenimento in carcere. 

Un’altra norma contestata è quella che vieta la vendita delle infiorescenze della canapa, anche lavorate, sebbene resti consentita la produzione agricola dei semi. Rispetto al disegno di legge “Sicurezza”, il decreto è meno rigido, ma punta comunque a impedire l’uso ricreativo della cannabis light, quella con una bassa percentuale di tetraidrocannabinolo (THC).

Il decreto “Sicurezza” prevede inoltre restrizioni per i migranti che vogliono acquistare SIM telefoniche: dovranno mostrano al negoziante una copia del permesso di soggiorno o del passaporto o di un documento di viaggio equipollente o di un documento di riconoscimento che siano in corso di validità. In precedenza, il disegno di legge “Sicurezza” obbligava i migranti a mostrare una copia del permesso di soggiorno, impedendo così ai migranti irregolari di comprare una SIM.

Il provvedimento voluto dal governo Meloni amplia i reati che possono essere “scriminati” – cioè non punibili – se compiuti dagli agenti dei servizi segreti durante operazioni autorizzate. Questo intervento, criticato da diversi parlamentari all’opposizione e da alcuni familiari delle vittime di terrorismo, è stato giustificato dal governo con esigenze operative nella lotta al terrorismo.

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