Sei in cinque anni. Sono le volte in cui i governi italiani hanno prorogato il cosiddetto “scudo erariale” per i funzionari pubblici. Lo scudo erariale è un provvedimento che limita la responsabilità dei pubblici ufficiali ai soli casi di dolo e di gravi omissioni, escludendo la colpa grave in tutti gli altri casi in cui un funzionario firma un atto o prende una decisione. Questa misura è stata introdotta per la prima volta nel 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle), con l’intento di fronteggiare la situazione eccezionale dovuta dalla pandemia da Covid-19, consentendo sostanzialmente più libertà ai funzionari pubblici di prendere decisioni senza il rischio di incappare in indagini e processi. In seguito, lo scudo è stato però prorogato dai successori di Conte anche dopo la pandemia, e lo scorso 9 maggio il governo Meloni ne ha allungato ancora la durata fino alla fine del 2025 con un decreto-legge, che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore il 12 maggio.
Eppure, in questi anni diversi giuristi e rappresentanti di istituzioni come la Corte dei Conti hanno sollevato dubbi sulla scelta di continuare a prorogare lo scudo erariale, perché limiterebbe il potere della giustizia contabile di chiedere conto ai pubblici ufficiali dei danni commessi contro lo Stato. E in più in una sentenza dello scorso anno la Corte Costituzionale ha posto dei limiti al ricorso dello scudo erariale.
Eppure, in questi anni diversi giuristi e rappresentanti di istituzioni come la Corte dei Conti hanno sollevato dubbi sulla scelta di continuare a prorogare lo scudo erariale, perché limiterebbe il potere della giustizia contabile di chiedere conto ai pubblici ufficiali dei danni commessi contro lo Stato. E in più in una sentenza dello scorso anno la Corte Costituzionale ha posto dei limiti al ricorso dello scudo erariale.