Vuoto normativo o buona riforma? Cosa dicono gli esperti sull’abuso d’ufficio

Secondo i critici, con l’abolizione del reato alcuni comportamenti non potranno più essere puniti, mentre secondo i favorevoli non è vero. Abbiamo fatto un po’ di chiarezza
Ansa
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Il 10 luglio la Camera ha approvato definitivamente il disegno di legge presentato in Parlamento dal ministro della Giustizia Carlo Nordio che abolisce il reato di abuso d’ufficio. Il provvedimento ha ricevuto non solo i voti favorevoli dei partiti che sostengono il governo Meloni, ma anche quelli di Azione e di Italia Viva, mentre il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra hanno votato contro. 

Secondo i critici, l’abolizione del reato di abuso d’ufficio rischia di causare una sostanziale impunità per gli amministratori pubblici. «Da oggi i cittadini non potranno avere giustizia se qualcuno commetterà un abuso di potere truccando un concorso pubblico. Non potranno far valere i loro diritti di fronte ad abusi nelle concessioni edilizie o nelle sanatorie e non potranno denunciare un magistrato che rinunci a indagare per proteggere un amico», ha scritto su X il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, criticando l’abolizione del reato.

I sostenitori della cancellazione dell’abuso d’ufficio rispondono a queste critiche dicendo che esistono comunque altri reati contestabili ai politici e ai pubblici ufficiali che violano la legge svolgendo i loro compiti. «C’è una valanga di reati che si può contestare a fronte di comportamenti gravi: dal falso, alla truffa, dalla turbativa d’asta al peculato, per non parlare della corruzione», ha detto in un’intervista con la Repubblica il deputato di Azione Enrico Costa, responsabile per le proposte sulla giustizia del partito di Carlo Calenda. I sostenitori dell’abolizione dell’abuso d’ufficio ripetono poi una cosa supportata dai numeri, ossia che le condanne per questo tipo di reato sono una piccola frazione dei procedimenti avviati per punirlo.

Ma al di là della frequenza con cui un accusato di abuso d’ufficio viene poi effettivamente condannato, è vero che con l’abolizione di questo reato diversi comportamenti dei politici e degli amministratori non saranno più puniti? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza con l’aiuto degli esperti.

Che cos’è l’abuso d’ufficio

Il reato di abuso d’ufficio, che è previsto all’articolo 323 del codice penale, è commesso quando un pubblico ufficiale, per esempio il sindaco di un comune, causa durante l’esercizio delle sue funzioni un danno patrimoniale o un vantaggio a suo favore violando le leggi oppure omettendo di astenersi in una decisione quando è coinvolto in un conflitto di interessi. «Nel reato di abuso d’ufficio sono comprese tutte le fattispecie di condotte illecite non codificate in altri reati contro la pubblica amministrazione, come per esempio la corruzione, il falso o la truffa. D’altronde, prima di definire il reato, il testo dell’articolo 323 precisa subito: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato”», ha spiegato a Pagella Politica Gian Luigi Gatta, professore di Diritto penale all’università di Milano. 

L’uso del tempo presente per parlare di abuso d’ufficio non è un caso: nonostante l’approvazione definitiva del disegno di legge, per diventare legge a tutti gli effetti il testo deve essere firmato dal presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Salvo sorprese dell’ultima ora questo procedimento dovrebbe essere completato nei prossimi giorni, ma l’abuso d’ufficio rimane tecnicamente ancora un reato incluso nel codice penale.

In ogni caso, come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, prima del voto sull’abrogazione il reato di abuso d’ufficio è stato modificato in passato almeno tre volte. La prima riforma dell’abuso d’ufficio è stata fatta nel 1990 durante il sesto governo Andreotti, il cui ministro della Giustizia era Giuliano Vassalli (Partito Socialista Italiano), che ha cercato di chiarire meglio l’ambito del reato, prevedendo per esempio che possa essere commesso anche da un incaricato di pubblico servizio. Questo è il caso dei controllori sui treni o degli autisti di autobus, che nello svolgere le loro funzioni sono ufficiali pubblici a tutti gli effetti. Nel 1997 è stata fatta una seconda riforma per limitare il reato, questa volta dal primo governo guidato da Romano Prodi, il cui ministro della Giustizia era il giurista Giovanni Maria Flick. Questa riforma ha introdotto il principio del cosiddetto “dolo intenzionale”, secondo cui per punire l’ufficiale pubblico sarebbe stato necessario che quest’ultimo avesse come unico scopo della sua condotta quello di procurare un vantaggio a sé o ad altri, o di arrecare un danno, in assenza di un interesse pubblico. 

L’ultima riforma del reato di abuso d’ufficio è stata fatta nel 2020 dal secondo governo Conte, quello sostenuto da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Quella riforma ha precisato che l’abuso d’ufficio si verifica solo quando c’è la violazione di «specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». In altre parole, nell’ultima versione dell’abuso d’ufficio prima dell’abolizione, l’ufficiale pubblico poteva essere punito solo se avesse violato una legge e non altri atti di livello inferiore, come i regolamenti.

Ma quali saranno le conseguenze dell’abrogazione di questo reato dal codice penale?

Il rischio di un vuoto normativo?

Secondo alcuni esperti contattati da Pagella Politica ci sono almeno tre situazioni in cui un pubblico ufficiale — quindi non solo un politico, ma anche un medico o un professore universitario — potrebbe non essere più sanzionato per una condotta scorretta a causa dell’abolizione dell’abuso d’ufficio. 

La prima condotta è il cosiddetto “abuso di vantaggio”, ossia quando il pubblico funzionario agisce intenzionalmente per ricevere o dare un vantaggio ad altri. «È il caso per esempio di chi vuole truccare un concorso, per assumere magari in un ente pubblico la sua amante o il figlio di un amico, e per questo viola le procedure di concorso», ha spiegato Gatta. L’anno scorso la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per abuso d’ufficio nei confronti di un direttore di un ente pubblico che aveva assunto una candidata con cui aveva un rapporto sentimentale.  

La seconda situazione che potrebbe restare impunita è “l’abuso di danno”, ossia quando un funzionario pubblico procura ad altri un danno, come quando un cittadino che ha il diritto di costruire su un terreno si vede negato questo diritto da un amministratore locale per un motivo futile o ingiustificato. «Oppure è il caso di un magistrato in malafede che fa sparire un elemento di prova a favore di un indagato, recandogli quindi un possibile danno», ha aggiunto Gatta. «Si fa tanto parlare dell’irresponsabilità dei magistrati, ma l’abuso d’ufficio serviva anche per punire casi di magistrati irresponsabili».

Secondo Cristiano Cupelli, professore di Diritto penale all’Università di Roma Tor Vergata, dal vuoto normativo in un ambito del genere potrebbe inoltre scaturire «un problema di costituzionalità». «Di fronte alle prevaricazioni di pubblici ufficiali il cittadino non avrebbe più la garanzia che queste siano punite dal punto di vista penale», ha aggiunto Cupelli.

La terza situazione di rischio riguarda il conflitto di interessi, dal momento che l’abuso d’ufficio punisce anche il pubblico ufficiale che compie atti in un ambito nel quale ha degli interessi personali. Sul tema del conflitto di interessi è intervenuto l’11 luglio il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) Giuseppe Busia, secondo cui l’abrogazione dell’abuso d’ufficio potrebbe lasciare dei vuoti nel controllo dell’imparzialità delle amministrazioni pubbliche, dal momento che senza questo reato potrebbe non essere punito «chi favorisce senza un corrispettivo economico una persona in un concorso, o chi assegna direttamente un contratto».

Per Cupelli e Gatta, con l’abolizione del reato di abuso d’ufficio tutte le condotte citate potrebbero essere sanzionate solo dal punto di vista amministrativo. «Il cittadino che subisce situazioni del genere può solo rivolgersi — a proprie spese — alla giustizia amministrativa, e quindi al Tribunale amministrativo regionale (Tar), per cercare di annullare gli atti considerati illegittimi», ha sottolineato Gatta.

Un reato compensabile con altri?

Secondo altri esperti, l’abolizione del reato di abuso d’ufficio non comporta necessariamente un vuoto normativo per i cittadini. Anzi, il reato di abuso d’ufficio potrebbe essere comunque punito con l’applicazione di altri reati. 

«È certo che se si abroga l’articolo 323 del codice penale almeno una parte dello spazio occupato dall’abuso d’ufficio sarà coperto da altre incriminazioni, talvolta maggiormente sanzionate, le quali vedranno espandere il loro campo d’azione», ha spiegato a maggio 2023, durante un’audizione alla Camera, Marco Gambardella, professore di Diritto penale all’Università La Sapienza di Roma. In quell’occasione, Gambardella ha citato alcuni reati che potrebbero colmare la cancellazione dell’abuso d’ufficio. Tra questi ci sono il reato di “omissione di atti d’ufficio”, previsto dall’articolo 328 del codice penale, la “turbata libertà delle gare” e la “turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”, puniti rispettivamente dagli articoli 353 e 353-bis del codice penale. Il reato di omissione di atti d’ufficio punisce il pubblico ufficiale che non compie un atto urgente richiesto dal suo ruolo. Per esempio, un medico che rifiuta di fare una visita domiciliare a un paziente, seppure questo sia in gravi condizioni di salute. Il reato di turbata libertà delle gare (definite «incanti» dal codice penale) punisce invece chi influenza o compromette la regolarità di una gara pubblica, come il dirigente di un’azienda pubblica che condiziona il risultato della gara per un appalto. Il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente sanziona l’ufficiale pubblico che cerca di condizionare una gara pubblica già attraverso la scrittura del bando, in modo da favorire soggetti precisi. 

In un’altra audizione alla Camera, a maggio 2023 anche l’avvocato Ivano Iai ha detto che le condotte sanzionate con l’abuso d’ufficio possono essere coperte da altre disposizioni di legge, non necessariamente da reati specifici. Iai ha fatto riferimento al codice di comportamento dei dipendenti pubblici, un regolamento approvato nel 2013 che stabilisce i doveri e le norme di comportamento dei pubblici ufficiali, e la responsabilità per danno erariale, quando un pubblico ufficiale causa un danno economico alla pubblica amministrazione e risponde di fronte alla Corte dei Conti, l’organo che vigila sulla buona gestione dell’amministrazione pubblica.

Il “peculato per distrazione”

A fronte dell’abolizione dell’abuso d’ufficio, nelle ultime settimane il governo Meloni è intervenuto nuovamente sul tema dei reati contro la pubblica amministrazione. 

Il 3 luglio il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il decreto “Carceri”, voluto dal ministro della Giustizia Nordio, che prevede anche l’introduzione di un nuovo reato contro la pubblica amministrazione. Si tratta del reato di “indebita destinazione di denaro o cose mobili”, inserito all’articolo 314-bis del codice penale. In pratica, questo reato punisce con una pena da sei mesi a tre anni di carcere i pubblici ufficiali che utilizzano denaro o un altro tipo di bene pubblico a loro disposizione per un obiettivo diverso rispetto a quello per cui lo hanno ricevuto. Un esempio è un dirigente pubblico che utilizza un immobile messo a sua disposizione come ufficio per organizzare una festa privata.

«Questo nuovo reato si aggiunge al reato di peculato, già previsto all’articolo 314 del codice penale, e punisce una condotta che precedentemente era punibile per l’appunto con il semplice reato di peculato oppure con l’abuso d’ufficio», ha sottolineato Cupelli. Il reato di peculato punisce infatti con il carcere da quattro anni a dieci anni e sei mesi gli ufficiali pubblici che si appropriano di beni o fondi messi a loro disposizione dalla pubblica amministrazione. È questo il caso per esempio di un infermiere di un ospedale pubblico che utilizza per sé i farmaci in dotazione dell’ospedale stesso. La pena per il peculato è più bassa, da sei mesi a tre anni, se i funzionari hanno fatto un uso solo momentaneo dei beni e dei fondi di cui si sono appropriati, restituendoli successivamente.

Cupelli ha ricordato che l’introduzione del nuovo reato di “indebita destinazione di denaro o cose mobili” dimostra «la criticità dell’abolizione dell’abuso d’ufficio, perché il nuovo reato copre una condotta che, con l’eliminazione dell’abuso d’ufficio, sarebbe stata più difficile da punire». Allo stesso tempo, sia per Cupelli e sia per Gatta, il nuovo reato non compensa tutti gli altri profili critici dovuti alla cancellazione dell’abuso d’ufficio, che restano aperti ed espongono il cittadino a un vuoto di tutela.

Secondo gli esperti, il governo ha dovuto creare il reato di “indebita destinazione di denaro o cose mobili” per rispettare dei precisi vincoli europei. Infatti, la direttiva approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea il 5 luglio 2017 impone (art. 4, comma 3) agli Stati di punire gli ufficiali pubblici incaricati di gestire beni e fondi pubblici e che li usano invece per scopi diversi da quelli prescritti. Come spiega il sito ufficiale dell’Ue, una direttiva è un atto giuridico e «stabilisce un obiettivo che tutti i Paesi dell’Ue devono conseguire». Ogni direttiva dà un certo margine di autonomia agli Stati membri: infatti, «spetta ai singoli Paesi definire attraverso disposizioni nazionali» come raggiungere l’obiettivo fissato a livello europeo. Se uno Stato non rispetta il contenuto di una direttiva, la Commissione europea può avviare una procedura di infrazione che, a seconda dei casi, può portare a delle sanzioni.

La “paura della firma”

Al di là delle criticità, secondo Cupelli era comunque evidente la necessità di intervenire e migliorare il reato di abuso d’ufficio. «Il reato ha sicuramente dei problemi, visto l’alto numero di procedimenti e il basso numero di condanne. E a mio parere è vero che questo eccesso di procedimenti ha comportato per i pubblici ufficiali la cosiddetta “paura della firma”, e quindi la paura di essere coinvolti in lunghi procedimenti penali che potrebbero bloccare la loro azione amministrativa per anni», ha detto il professore di Diritto penale.

Secondo i dati più aggiornati del Ministero della Giustizia, nel 2021 erano stati definiti 5.418 procedimenti per abuso d’ufficio davanti alle sezioni Gip/Gup dei tribunali. Le condanne sono state solo nove, a cui si aggiungono 35 sentenze di patteggiamento. Secondo Cupelli, quindi, un problema riguardo l’abuso d’ufficio esiste, anche se il governo avrebbe potuto valutare di affrontare la questione diversamente, «magari circoscrivendo l’ambito di applicabilità del reato».

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