Perché una nomina del nuovo ministro della Cultura sta facendo discutere

Giuli ha nominato come capo di gabinetto un suo ex collaboratore, che non piace a un’associazione anti-abortista vicina ad alcuni parlamentari della maggioranza
ANSA
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Lunedì 14 ottobre il ministro della Cultura Alessandro Giuli ha nominato l’avvocato Francesco Spano come nuovo capo di gabinetto del suo ministero. Spano ha sostituito Francesco Gilioli, che era stato scelto dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano ed è stato licenziato da Giuli qualche giorno fa perché – spiega un comunicato del ministero – è «venuta meno la fiducia» nei suoi confronti.

Il capo di gabinetto è una figura importante nello staff di un ministro: ha il compito di dirigere gli uffici di sua diretta collaborazione e, più in generale, deve collegare l’attività del ministro alla gestione del suo ministero di competenza. Per questo motivo, di solito i ministri nominano come capo di gabinetto persone di cui si fidano e con cui sono abituati a lavorare. Nel caso di Giuli, Spano è stato per diversi anni segretario generale del Museo MAXXI di Roma, di cui l’attuale ministro della Cultura è stato presidente dal 23 novembre 2022 allo scorso 6 settembre, quando si è dimesso una volta diventato ministro. La nomina di Spano è stata criticata in questi giorni da associazioni (una in particolare, come vedremo tra poco) e commentatori, vicini ad alcuni parlamentari dei partiti che sostengono il governo Meloni, per una vicenda che risale al 2017.

I fatti del 2017

Dal 2015 al 2017, durante i governi Renzi e Gentiloni, Spano ha guidato l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), un ufficio della Presidenza del Consiglio dei ministri che si occupa di promuovere la parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica. Durante il suo mandato, Spano è stato coinvolto in uno scandalo che ha riguardato presunti finanziamenti assegnati dall’Unar a un’associazione LGBT, accusata di praticare prostituzione all’interno dei suoi circoli. Secondo l’inchiesta, nata da un servizio de Le Iene, l’Unar avrebbe finanziato con 55 mila euro questa associazione, di cui lo stesso Spano era un membro tesserato. Dopo le polemiche suscitate dal servizio, l’allora sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi (Italia Viva) aveva convocato Spano, che si era dimesso dalla guida dell’ufficio contro le discriminazioni.

«Quello che noi abbiamo fatto, come ufficio della presidenza e come ufficio antidiscriminazioni, è mettere a disposizione dei fondi per il sostegno a progetti con chiara ed evidente vocazione sociale per il contrasto alla discriminazione», aveva spiegato Spano in un’intervista a RaiNews24 pochi giorni dopo le sue dimissioni. «Non è che noi possiamo monitorare tutte le realtà sociali in cui va a ricadere la nostra azione. Attività illecite purtroppo avvengono ovunque, e perseguirle non è nostro compito ma compito della magistratura». L’ex capo dell’Unar aveva motivato le sue dimissioni dicendo che quella vicenda, «così squallida, da macchina del fango», gli aveva tolto «la determinazione e la speranza» necessarie per fare il suo lavoro. Successivamente è stato chiarito che il finanziamento dell’Unar all’associazione in questione, che era stato bloccato in seguito alle polemiche, non presentava irregolarità.

Le proteste di Pro Vita

Il 12 ottobre, quando diverse fonti stampa hanno fatto il nome di Spano come possibile nuovo capo di gabinetto di Giuli, l’associazione Pro Vita & Famiglia – nota per le sue posizioni anti-abortiste – ha lanciato una raccolta firme per chiedere la revoca della nomina da parte del ministro. «La nomina di Spano è ancor più allarmante considerando che in due anni il governo non ha fatto assolutamente nulla per arginare la diffusione dell’ideologia gender nelle scuole, assistendo inerme al moltiplicarsi di corsi e progetti promossi dal movimento LGBTQ», ha dichiarato il 14 ottobre in una nota il portavoce di Pro Vita & Famiglia Jacopo Coghe. 

L’associazione ha poi rilanciato su X un tweet del 2017 della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che all’epoca dei fatti aveva chiesto la chiusura dell’Unar e che «non un euro in più delle tasse degli italiani» fosse «buttato per pagare lo stipendio a dei signori come il direttore dell’Unar Spano». 
Oltre alla questione del finanziamento all’associazione LGBT, a Spano è stato contestato il fatto di aver lavorato per esponenti del centrosinistra come l’ex ministra dello Sport e della Cultura Giovanna Melandri e per l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato. Al momento Giuli non sembra comunque intenzionato a fare marcia indietro sulla sua nomina. «Spano è bravo, non importa che cosa faccia nella vita privata. Non mi confronto con chi ha pregiudizi fondati su fanatismi religiosi», ha detto il ministro.

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