Davvero Fitto aveva sostenuto la nomina di Gentiloni a commissario Ue?

Lo hanno detto Giorgia Meloni e altri esponenti del suo partito, ma le cose non stanno proprio così
Ansa
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Il 17 settembre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato i candidati commissari della nuova Commissione europea, tra cui per l’Italia c’è Raffaele Fitto, nominato da von der Leyen commissario alla Coesione e alle Riforme e vicepresidente esecutivo. La nomina di Fitto non è una sorpresa, visto che da tempo si parlava di un suo possibile passaggio dal ruolo di ministro a quello di commissario europeo al posto di Paolo Gentiloni, che dal 2019 al 2024 ha ricoperto il ruolo di commissario per gli Affari economici e monetari nella prima commissione von der Leyen. 

Sul passaggio da Gentiloni a Fitto è in corso un acceso dibattito politico. In questi giorni, infatti, vari esponenti di Fratelli d’Italia hanno affermato che i parlamentari europei dei partiti dell’opposizione dovrebbero assicurare il loro sostegno a Fitto perché cinque anni fa i Conservatori e Riformisti Europei (ECR), il gruppo politico al Parlamento europeo di cui fa parte il partito di Giorgia Meloni, votò a favore di Gentiloni, all’epoca presidente del Partito Democratico.

«Raffaele Fitto, esponente al Parlamento europeo di Fratelli d’Italia, all’opposizione dell’allora governo di centrosinistra, votò Paolo Gentiloni», ha dichiarato (min. 5:27) in proposito Meloni a Cinque minuti su Rai1 il 17 settembre. 

Ma come stanno davvero le cose? Abbiamo ricostruito il percorso di Gentiloni dalla candidatura all’effettiva nomina a commissario europeo: dire che Fratelli d’Italia e l’attuale ministro Fitto hanno sostenuto l’ex presidente del PD in Europa è quantomeno esagerato.

La nomina di Gentiloni

Come accaduto in questi giorni per Fitto, anche cinque anni fa la nomina di Gentiloni a commissario europeo ha seguito una serie di passaggi e votazioni. 

Per prima cosa, il 5 settembre 2019 il secondo governo Conte, che era entrato in carica proprio quel giorno, ha ufficializzato la nomina di Gentiloni come candidato per l’Italia al ruolo di commissario europeo. L’ex presidente del Consiglio aveva accettato quella nomina dichiarandosi «orgoglioso dell’incarico ricevuto». Il secondo governo Conte era sostenuto da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e Liberi e Uguali, ed era nato dopo la caduta del primo governo Conte, sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega. La nomina di Gentiloni è stata poi confermata il 9 settembre dalla neoeletta presidente della Commissione Ue von der Leyen, che ha inserito il nome di Gentiloni nella lista dei candidati commissari da presentare al Parlamento europeo. 

A differenza del sostegno di cui parlano oggi, cinque anni fa Fratelli d’Italia — almeno inizialmente — non sembrava entusiasta del fatto che l’esponente italiano della Commissione europea appartenesse al PD. «Gentiloni? No grazie» aveva scritto senza tanti giri di parole il profilo X ufficiale di Fratelli d’Italia il 5 settembre, riprendendo un tweet della stessa Meloni che annunciava una manifestazione contro «il governo degli inciuci e delle poltrone». Nei giorni successivi Meloni ha specificato (min. 25:51) di «tifare sempre per l’Italia» e quindi di «essere contenta che l’Italia abbia sempre il massimo» in fatto di ruoli all’interno delle istituzioni europee, ma nonostante questo il partito ha continuato a criticare la scelta di Gentiloni, definito «un regalo dei poteri forti europei ad un partito perdente (il PD)». 

Sul tema si era espresso anche lo stesso Fitto, che nel 2019 era parlamentare europeo con Fratelli d’Italia e faceva parte del gruppo di ECR. «L’indicazione di Gentiloni come commissario Ue è l’ultimo frutto avvelenato del “patto delle poltrone” tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico», aveva commentato in tono critico l’attuale candidato commissario.
Come abbiamo spiegato in un altro articolo, la strada per diventare commissari europei è piuttosto lunga e dopo la nomina iniziale ogni candidato deve prima sostenere un esame (detto “audizione”) davanti alla commissione del Parlamento europeo competente nel settore di cui si dovrebbe occupare. Vediamo quindi come i partiti italiani del centrodestra si sono comportati, cinque anni fa, nei passaggi successivi alla nomina di Gentiloni.

L’audizione al Parlamento europeo

Dopo la nomina da parte di von der Leyen, il 3 ottobre 2019 la candidatura di Gentiloni è stata esaminata dalla Commissione Affari economici e monetari (ECON) del Parlamento europeo, per l’appunto in una audizione. Il procedimento delle audizioni non è previsto dai trattati, ma è una prassi consolidatasi nel tempo, ed è dettagliata nel regolamento del Parlamento europeo. Dal momento che la Commissione Ue è soggetta nel suo complesso al voto di approvazione da parte del Parlamento europeo, la valutazione individuale dei candidati può evitare il rischio che l’intera squadra venga respinta a causa delle criticità di solo alcuni dei suoi membri. Infatti, dopo la valutazione da parte delle commissioni, l’intera squadra dei commissari è sottoposta al voto di conferma della plenaria del Parlamento europeo. In altre parole, la plenaria non vota su ogni singolo commissario ma sull’intera commissione.

All’audizione di Gentiloni hanno partecipato anche i membri della Commissione Bilancio, della Commissione Lavoro e Affari sociali, quelli della Commissione sul Mercato interno e quelli della Commissione sul Commercio internazionale. Tra questi c’era lo stesso Raffaele Fitto, all’epoca parlamentare europeo di Fratelli d’Italia e membro della Commissione Bilancio, di quella degli Affari economici e monetari e di quella per lo Sviluppo regionale. 

Nell’audizione, a Gentiloni sono state fatte varie domande da parte di tutti i gruppi politici sui vari aspetti del suo incarico. I gruppi politici sono l’espressione nel Parlamento europeo dei partiti europei, che a sua volta raccolgono i partiti nazionali con idee simili. Complessivamente l’audizione di Gentiloni è durata quasi tre ore e al termine i coordinatori dei gruppi si sono riuniti a porte chiuse per esprimere la valutazione finale sulla candidatura. La valutazione, il cui esito è stato positivo, è stata riassunta in un documento finale firmato dall’allora presidente della Commissione Affari economici, l’italiana Irene Tinagli (Partito Democratico), e inviato ad Antonio Tajani, all’epoca parlamentare europeo di Forza Italia e presidente del gruppo dei coordinatori delle commissioni del Parlamento europeo. Nel documento si legge che i coordinatori dei gruppi politici della Commissione Affari economici hanno accertato che «il candidato possiede l’integrità, l’indipendenza, le attitudini e l’esperienza professionali richieste, l’impegno europeo, la capacità di comunicare e l’iniziativa» per svolgere il ruolo di commissario, sebbene abbiano rilevato «che alcune risposte siano state vaghe e prevedono che, dato il suo impegno a cooperare strettamente con la commissione ECON, il candidato in futuro approfondirà alcuni aspetti». 

Nel complesso la valutazione dei coordinatori della Commissione Affari economici è stata quindi positiva, fatta eccezione per i coordinatori del gruppo Identità e Democrazia (quello di cui faceva parte la Lega nella scorsa legislatura) e del gruppo della Sinistra europea. In particolare, i parlamentari di Identità e Democrazia hanno espresso una netta insoddisfazione sull’audizione di Gentiloni, precisando che secondo loro non era idoneo a svolgere il ruolo di commissario. La Sinistra europea ha chiesto invece che Gentiloni assumesse altri impegni come commissario oltre a quelli annunciati in audizione, tra cui la lotta alla concorrenza sleale a livello comunitario. Nella valutazione non risulta invece nessuna contrarietà da parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti, quello di cui fa parte Fratelli d’Italia, né del gruppo del Partito Popolare Europeo, di cui fa parte Forza Italia. 

Ricapitolando: l’audizione di Gentiloni è stata giudicata positivamente dai coordinatori dei vari gruppi parlamentari nella Commissione Affari economici, fatta eccezione per Identità e Democrazia e per la Sinistra europea. 

Dal testo della valutazione risulta poi che i coordinatori di ECR e del Partito Popolare Europeo (PPE), rispettivamente l’olandese Derk Jan Eppink e il tedesco Markus Ferber, non si sono espressi contro la nomina di Gentiloni. Discorso diverso vale per il voto sull’intera Commissione europea tenutosi nella plenaria del Parlamento europeo, per il quale è possibile vedere il voto dei singoli parlamentari europei del centrodestra e dello stesso Fitto.

Il voto in plenaria

Il voto della plenaria sulla squadra dei commissari europei si è tenuto il 27 novembre 2019. In quell’occasione la prima commissione guidata da von der Leyen è stata approvata in blocco con 461 voti favorevoli, 157 contrari e 89 astenuti. Tra i voti favorevoli c’erano quelli di tutti i parlamentari del PPE, tra cui quelli di Forza Italia, la maggioranza dei Socialisti e Democratici, compresi i parlamentari del PD, e la maggioranza di Renew Europe. Nella votazione il gruppo dei Conservatori e Riformisti si è invece diviso: 30 parlamentari hanno votato a favore della commissione guidata da von der Leyen, 14 si sono astenuti, mentre 16 hanno votato contro. Tra i contrari ci sono stati tutti i parlamentari europei di Fratelli d’Italia, compreso Fitto, che quindi nella plenaria non hanno votato la fiducia alla prima commissione di von der Leyen, tra i cui commissari c’era Gentiloni. 
Immagine 1. Il voto contrario (-) dei parlamentari europei di Fratelli d’Italia alla prima Commissione von der Leyen – Fonte: Parlamento europeo
Immagine 1. Il voto contrario (-) dei parlamentari europei di Fratelli d’Italia alla prima Commissione von der Leyen – Fonte: Parlamento europeo
In conclusione, la ricostruzione secondo cui nel 2019 Fratelli d’Italia e Fitto abbiano appoggiato la nomina di Gentiloni a commissario europeo è esagerata. È vero che Fitto partecipò all’audizione a Gentiloni e che in quel caso il coordinatore di ECR non si oppose alla nomina dell’ex presidente del Consiglio. Ma prima della nomina il partito di Meloni aveva espresso molte critiche sulla scelta di Gentiloni e nella votazione su tutta la Commissione europea — l’unico voto previsto dai regolamenti parlamentari — i parlamentari europei di Fratelli d’Italia, compreso Fitto, votarono contro.

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