Il giurì d’onore sul Mes non è servito a nulla

La commissione che avrebbe dovuto verificare le accuse di Giorgia Meloni contro Giuseppe Conte è stata sciolta prima di concludere il proprio lavoro
Ansa
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Giovedì 8 febbraio il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha sciolto il giurì d’onore che avrebbe dovuto verificare la fondatezza delle accuse sul Meccanismo europeo di Stabilità (Mes) fatte da Giorgia Meloni contro Giuseppe Conte. Lo scorso 13 dicembre la presidente del Consiglio ha accusato il presidente del Movimento 5 Stelle di aver fatto firmare nel 2021 la riforma del trattato del Mes quando il suo governo era dimissionario e contro il mandato del Parlamento (qui abbiamo verificato che cosa non torna nell’accusa di Meloni). 

Lo stesso Conte ha chiesto a Fontana di sciogliere la commissione speciale perché non sarebbe stata imparziale. La fine del giurì d’onore rende di fatto inutile il lavoro svolto finora dai deputati che lo componevano.
In base al regolamento della Camera, il giurì d’onore è una commissione speciale che può essere istituita su richiesta di un deputato quando quest’ultimo ritiene che un altro deputato abbia leso «la sua onorabilità» in aula. Una volta istituito, al giurì «può essere assegnato un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione». In parole semplici, anche se il giurì d’onore sul Mes avesse portato a termine il suo lavoro, né Meloni né Conte avrebbero rischiato nessuna sanzione.

Il giurì d’onore sul Mes si è riunito la prima volta il 10 gennaio e il termine dei lavori era stato fissato per il 9 febbraio. La commissione speciale era composta da cinque deputati: Giorgio Mulè (Forza Italia), con il ruolo di presidente, Fabrizio Cecchetti (Lega), nel ruolo di segretario, Alessandro Colucci (Noi Moderati), Stefano Vaccari (Partito Democratico) e Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi-Sinistra). Dopo la prima riunione, il giurì d’onore ha ascoltato in audizione sia Conte sia Meloni, che hanno testimoniato di fronte alla commissione il 18 e il 19 gennaio. 

Dopo aver raccolto tutta la documentazione necessaria, il 7 febbraio la commissione si è riunita per terminare l’esame della sua relazione conclusiva, che sarebbe poi dovuta essere illustrata in aula. Durante la riunione, però, il presidente Mulè ha annunciato la decisione dei deputati Vaccari e Zaratti di voler abbandonare la commissione. Come spiegato in una lettera inviata a Mulè, Vaccari e Zaratti si sono dimessi perché secondo loro era venuta meno l’imparzialità della commissione e la ricostruzione documentale aveva portato a una «interpretazione di parte» della vicenda. Sul sito ufficiale della Camera dei deputati non è disponibile nessun resoconto dettagliato delle sedute del giurì d’onore e non è dunque possibile conoscere il contenuto preciso della relazione conclusiva né il contenuto degli interventi dei commissari durante le sedute. L’assenza di resoconti dettagliati è un problema che riguarda non solo i giurì d’onore ma anche le commissioni parlamentari della Camera e del Senato, su cui c’è spesso scarsa trasparenza

In seguito alla scelta di Vaccari e Zaratti, Conte ha chiesto di sciogliere il giurì d’onore perché secondo lui non c’erano più le condizioni per proseguire i lavori della commissione in modo imparziale, richiesta poi accolta dal presidente della Camera il giorno dopo. 

«Lo scioglimento del giurì d’onore da parte del presidente della Camera Fontana è la conclusione più logica ed equilibrata», ha detto Vaccari a Pagella Politica. «Sono stato costretto, con dispiacere, a rimettere il mandato a salvaguardia della terzietà del giurì per non consentire che venissero sviliti i compiti e la missione attraverso conclusioni parziali che rischiavano di mettere in discussione il potere di indirizzo del Parlamento rispetto all’esecutivo, così come avevo segnalato nella mia lettera di dimissioni». 

In una conferenza stampa, il presidente del giurì Mulè ha respinto le accuse di Vaccari e Zaratti, dicendo che la commissione ha sempre lavorato in armonia e che non c’era mai stato nessun segnale di dissenso tra i componenti. «La relazione che abbiamo stilato era lunga 17 pagine, ripercorreva la storia del Mes tra il 2017 e il 2021, e siamo arrivati ad esaminarla in totale sintonia fino a pagina 15. Poi, il 7 febbraio, senza nessun preavviso, i commissari Vaccari e Zaratti mi hanno comunicato la decisione di abbandonare la commissione ed è stato un fulmine a ciel sereno, perché non c’erano mai stati dissensi», ha detto Mulè in conferenza stampa. «Se avessero voluto esprimere posizioni in dissenso alla relazione, Vaccari e Zaratti avrebbero potuto al termine dell’esame della relazione presentare una loro documento, ma non è stato fatto e si è preferito buttare la palla in tribuna».

Il giurì d’onore sulle accuse di Meloni a Conte sulla riforma del Mes non ha quindi prodotto alcun risultato, né verrà dato conto in assemblea dei contenuti della relazione conclusiva a cui erano giunti i componenti del giurì prima dello scioglimento della commissione.

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