È vero che il governo Conte ha firmato la riforma del Mes contro il volere del Parlamento?

Lo ha detto Giorgia Meloni in Senato e alla Camera. Vediamo se ha ragione oppure no
Pagella Politica
Nella mattina di mercoledì 13 dicembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha replicato in Senato agli interventi di alcuni parlamentari sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre. Tra le altre cose Meloni ha accusato il secondo governo Conte di aver firmato la riforma del trattato con cui è stato istituito il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) a gennaio 2021, da «dimissionato» e «contro il parere del Parlamento». La stessa accusa è stata fatta dalla leader di Fratelli d’Italia la sera prima, parlando alla Camera. 

Che cosa c’è di vero nelle parole di Meloni e che cosa no? Cerchiamo di mettere un po’ di ordine tra i fatti e le date, visto che la questione è piuttosto articolata e ha riguardato vari organismi europei e il Parlamento italiano. 

Come si è arrivati alla riforma del Mes

Il Mes è stato istituito nel 2012 con l’obiettivo di prestare aiuto ai Paesi che adottano l’euro in caso di crisi economica. Nel 2017 si è iniziato a discutere a livello europeo della possibilità di riformare il trattato con cui è stato istituito il Mes: sono iniziate le trattative tra i Paesi membri dell’organizzazione e alla fine del 2019 si è raggiunto un «accordo di massima» sulla riforma, come spiega un dossier del Parlamento. All’epoca era in carica il secondo governo guidato da Giuseppe Conte, sostenuto dal Movimento 5 Stelle, dal Partito Democratico, da Italia Viva e da Liberi e Uguali. L’inizio della pandemia di Covid-19 ha rallentato i lavori per riformare il Mes, ma a giugno 2020 si è deciso di riaprire la discussione sul tema. 

L’incontro decisivo per la riforma si è tenuto il 30 novembre 2020. In quell’occasione l’Eurogruppo, un organo informale che raggruppa i ministri dell’Economia e delle Finanze dei Paesi dell’area euro, ha deciso di procedere con la riforma del Mes e di fissare la firma del trattato modificato per il 27 gennaio 2021. La possibile scelta di questa data era già stata comunicata in Parlamento dall’allora ministro dell’Economia e delle Finanze italiano Roberto Gualtieri (PD) la mattina del 30 novembre, poco prima dell’incontro con gli altri ministri europei.

Il voto del Parlamento italiano

Pochi giorni dopo, il 9 dicembre 2020, l’allora presidente del Consiglio Conte ha tenuto le sue comunicazioni alla Camera e al Senato in vista del Consiglio europeo in programma nei due giorni successivi, il 10 e l’11 dicembre. Nel secondo giorno era in programma un incontro del cosiddetto “Vertice euro” (chiamato anche “Euro Summit”), dove i capi di Stato o di governo dei Paesi dell’area euro forniscono orientamenti strategici sulla politica economica. L’Euro Summit aveva all’ordine del giorno l’esame di una serie di riforme discusse il 30 novembre dall’Eurogruppo, tra cui quella del trattato del Mes. 

Nel suo discorso in Parlamento, a sostegno dell’accordo raggiunto sulla riforma, Conte ha rivendicato come un successo del governo italiano in quelle trattative l’introduzione anticipata, a partire dal 2024, del cosiddetto “backstop”, un paracadute finanziario che il nuovo Mes fornirebbe al Fondo di risoluzione unico (Fsr), un fondo finanziato dalle banche degli Stati dell’area euro per risolvere le crisi bancarie. In quell’occasione il presidente del Consiglio ha comunque dichiarato che, al di là dell’approvazione della riforma, a detta sua «la struttura e le funzioni del Mes» sarebbero dovute essere «riconsiderate in modo radicale». E che sarebbe poi stato compito del Parlamento votare la ratifica del nuovo trattato, dopo la firma prevista tra i rappresentanti degli Stati europei per il 27 gennaio 2021.

Il 9 dicembre la Camera ha approvato una risoluzione presentata dai partiti di maggioranza che, tra le altre cose, impegnava il governo Conte a «finalizzare l’accordo politico raggiunto all’Eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Euro Summit sulla riforma del trattato del Mes». In aula era intervenuto il deputato della Lega Claudio Borghi, uno dei politici più critici verso il Mes, per sottolineare come dovesse essere chiaro a tutti che quel voto riguardava proprio la riforma dell’organizzazione. 

A favore della risoluzione hanno votato [1] i deputati del Partito Democratico, di Italia Viva, di Liberi e Uguali e del Movimento 5 Stelle. Nel partito di Conte, però, c’erano stati alcuni voti contrari. Tra i partiti all’opposizione Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro la risoluzione, mentre tra le fila di Forza Italia alcuni deputati – tra cui Renato Brunetta – hanno deciso di non partecipare al voto e di non votare contro la riforma del Mes. Discorso analogo vale per il Senato, dove il 9 dicembre è stata approvata una risoluzione con una frase uguale a quella della Camera.  

Nonostante le divisioni sia tra i partiti al governo sia tra quelli all’opposizione, a dicembre 2020 il Parlamento aveva comunque dato un mandato all’allora governo in carica per chiudere l’accordo sulla riforma del Mes.

La firma della riforma

L’11 gennaio 2021, dopo settimane di contrasti all’interno dei partiti di maggioranza, Italia Viva guidata da Matteo Renzi ha aperto una crisi di governo, che il 26 gennaio ha poi portato alle dimissioni di Conte e il 13 febbraio alla formazione del governo Draghi.  

In mezzo, il 27 gennaio i rappresentanti dei 19 Stati membri dell’area euro (quest’anno si è aggiunta la Croazia, il ventesimo Paese) hanno ufficialmente approvato la riforma del Mes. All’epoca il rappresentante permanente dell’Italia era Maurizio Massari, il nome citato da Meloni in Senato e incaricato dall’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio di sottoscrivere l’accordo.

Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, da quella data sono passati quasi tre anni e a oggi l’Italia è l’unico Paese membro del Mes a non aver ancora ratificato la riforma del trattato. In estrema sintesi la ragione è che non c’è mai stata unità tra i partiti al governo per presentare in Parlamento e approvare il disegno di legge a favore della ratifica. Il governo Draghi è stato supportato, per esempio, da Lega e Movimento 5 Stelle, entrambi critici verso il Mes, seppure in misura diversa. 

Ricapitolando: Meloni ha ragione quando dice che la firma sulla riforma del trattato del Mes è stata messa quando il secondo governo Conte era dimissionario da un giorno. Ma questa decisione era stata presa nei due mesi precedenti, supportata anche da un voto del Parlamento.

Il fax di Di Maio

Durante la sua accusa al governo Conte, la presidente del Consiglio ha mostrato in Senato un foglio, dicendo che era un «bel fax» con cui Di Maio aveva scritto a Massari di firmare l’accordo sulla riforma. Come ha scoperto Il Foglio e come si può verificare dalla foto sottostante, sul foglio era indicata come data di invio il 20 gennaio 2021, quindi sei giorni prima delle dimissioni di Conte.
Il foglio mostrato in Senato da Meloni – Credits: Ansa
Il foglio mostrato in Senato da Meloni – Credits: Ansa
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[1] Votazione numero 2.

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