Il fact-checking del discorso di Zelensky al Parlamento

Il presidente ucraino ha parlato di fronte a governo, deputati e senatori, riuniti alla Camera
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
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Nella mattinata del 22 marzo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato in videoconferenza di fronte al Parlamento, riunito in seduta comune alla Camera, chiedendo, tra le altre cose, un maggior impegno del nostro Paese contro la Russia.

Dall’economia ucraina all’accoglienza italiana, abbiamo verificato quattro dichiarazioni fatte da Zelensky.

Il numero di bambini morti

All’inizio del suo discorso, il presidente ucraino ha dichiarato che dall’inizio dell’invasione russa sono morti in Ucraina 117 bambini. Questo numero, aggiornato al 22 marzo mattina, è stato comunicato dalle autorità ucraine, secondo cui altri 155 bambini sarebbero stati feriti. 

Non è possibile verificare indipendentemente questa cifra, ma il dato fornito da Zelensky è plausibile in base a quello fornito dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr). Secondo l’Ohchr, che ha dato conto anche della stima riportata dalle autorità ucraine, al 22 marzo i bambini morti dall’inizio del conflitto in Ucraina sono 40, a cui si aggiungono altri 38 minorenni. Lo stesso Ohchr ha però sottolineato che il numero reale dei morti è «notevolmente più alto», visti i ritardi che ci sono nel raccogliere informazioni affidabili dalle zone più colpite dagli attacchi russi, come la città di Mariupol, sul mar d’Azov, a nord del Mar Nero.

Il confronto tra Mariupol e Genova

Proprio a Mariupol, assediata da settimane dall’esercito russo, ha fatto riferimento Zelensky nel suo discorso, paragonandola a Genova per il numero simile di abitanti, «circa mezzo milione di persone». Il confronto tra la città ucraina e il capoluogo ligure, bombardato durante la seconda guerra mondiale, è tutto sommato corretto.

Secondo i dati più aggiornati dell’istituto statistico dell’Ucraina, nel 2021 Mariupol aveva circa 432 mila abitanti, che con salgono a oltre 510 mila se si prende in considerazione tutto il distretto della città. Genova ha invece circa 570 mila abitanti, secondo i dati Istat. Bologna, con quasi 392 mila abitanti, ha una popolazione più vicina a quella di Mariupol, ma il capoluogo dell’Emilia-Romagna non dà sul mare, a differenza della città ucraina e di Genova.

Il peso del commercio con l’Ucraina

Nel suo intervento in Parlamento, Zelensky ha anche ricordato che l’Ucraina è uno dei Paesi esportatori «più importanti» al mondo, evidenziando i rischi per l’economia mondiale causati dalla guerra. In particolare, il presidente ucraino ha fatto riferimento alla «fame» che si sta avvicinando per diversi Paesi nel mondo. 

In determinati settori agricoli, il contributo delle esportazioni ucraine ha in effetti un ruolo di primo piano a livello internazionale.

Prendiamo l’esempio del grano. Secondo le elaborazioni più aggiornate dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), un ente pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle Politiche agricole, l’Ucraina pesa per il 10 per cento (pag. 3) su tutte le esportazioni di grano tenero nel mondo. Contando le esportazioni russe, la percentuale sale circa al 30 per cento ed è diretta in particolare verso Paesi meno sviluppati, in Africa e in Asia. L’Italia importa infatti poco grano tenero dall’Ucraina, circa il 2,7 per cento di tutte le sue importazioni.

L’Ucraina pesa poi per il 15 per cento (pag. 5) su tutte le esportazioni mondiali del mais, per il 12 per cento (pag. 7) su quelle d’orzo, ed è il primo Paese al mondo (pag. 9) per esportazioni di olio di girasole.

L’accoglienza italiana

Zelensky ha infine ringraziato l’Italia per l’accoglienza mostrata nei confronti degli ucraini che scappano dalla guerra, tra cui ci sarebbero anche «25 mila bambini». Questi dati trovano conferma nelle rilevazioni più aggiornate del Ministero dell’Interno, secondo cui al 22 marzo sarebbero 61.493 gli ucraini arrivati nel nostro Paese: 31.502 donne, 5.400 uomini e 24.591 minori.

Al momento, l’accoglienza italiana è in gran parte lasciata ai privati cittadini, nonostante gli impegni del governo. Le iniziative gestite direttamente dalle istituzioni hanno infatti avuto finora un impatto marginale, mentre molti rifugiati si affidano a parenti o associazioni del terzo settore.

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