La pubblicità delle scommesse è vietata solo per finta

Il divieto è stato introdotto nel 2018, ma in tv e online è sistematicamente aggirato, per esempio con la diffusione di siti di notizie sportive gestiti dagli stessi bookmaker e con la comparazione delle quote dei risultati prima delle partite
Ansa
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Guardando un evento sportivo, specialmente sulle pay tv, non è raro imbattersi in contenuti pubblicitari che forniscono informazioni sulle attività legate al gioco d’azzardo e alle scommesse sportive. Per esempio durante una partita di calcio, prima del fischio d’inizio e nella pausa tra il primo e il secondo tempo, vanno in onda intermezzi in cui sono confrontate le quote dei risultati tra siti di scommesse. Negli stadi, poi, a bordo campo sono spesso presenti pannelli pubblicitari con i nomi di siti collegati al gioco d’azzardo.

Eppure, anche se forse non lo si direbbe, da qualche anno l’Italia ha adottato una legislazione piuttosto rigorosa per regolare la pubblicità delle attività legate al gioco d’azzardo. A luglio 2018 il primo governo Conte, quello sostenuto da Movimento 5 stelle e Lega, ha infatti vietato (art. 9) con il decreto “Dignità” «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro» effettuata su qualunque mezzo di comunicazione e durante le manifestazioni sportive, artistiche o culturali. «Gli spot oggi ti portano in un portale di gioco online dove puoi stare tutta la giornata a giocarti tutti i risparmi: è un sistema che va cambiato del tutto», aveva dichiarato all’epoca l’allora ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, principale promotore del decreto.

Il divieto suscitò subito polemiche tra gli operatori del settore, secondo cui la stretta sul gioco d’azzardo avrebbe favorito il gioco illegale, e tra le squadre di Serie A, che hanno dovuto interrompere importanti contratti di sponsorizzazione con le società di scommesse sportive. Al di là dei giudizi sui risultati della misura (il volume di denaro giocato in Italia è in costante aumento), il decreto “Dignità” è in vigore da quasi cinque anni, ma contenuti riguardanti a più livelli il gioco d’azzardo sono ancora presenti nei nostri media.

Le “linee guida” dell’Agcom

Lo stop alle pubblicità relative al gioco d’azzardo era stato voluto dal primo governo Conte per contrastare i disturbi da gioco d’azzardo e tutelare le categorie di giocatore più vulnerabili, come gli anziani e i minori. Un dossier del Parlamento spiega che l’obiettivo del governo era quello di «proporre una riforma complessiva in materia di giochi pubblici, in modo da assicurare l’eliminazione dei rischi connessi al disturbo del gioco d’azzardo».

Circa un anno dopo l’approvazione del decreto, ad aprile 2019 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), un’autorità indipendente che ha il compito di tutelare i consumatori e garantire la concorrenza nel mercato della comunicazione, ha pubblicato le linee guida sulle modalità di attuazione dell’articolo 9 del decreto “Dignità”, quello relativo alle pubblicità dei giochi d’azzardo. 

Secondo il documento di Agcom, tra le comunicazioni vietate dal decreto non rientravano le comunicazioni informative fornite dagli operatori di gioco legale nei siti di gioco o nei punti fisici di gioco, come le quote, le possibili vincite e gli eventuali bonus, ma anche «i servizi informativi di comparazione di quote o offerte commerciali dei diversi competitor, purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza e trasparenza». 

L’esempio citato da Agcom sono i cosiddetti “spazi quote”, ossia «le rubriche ospitate dai programmi televisivi o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker», che sono quindi stati esclusi dal divieto perché considerati semplice informazione e non pubblicità. Per come sono impostati, però, è difficile pensare che, in un modo nemmeno troppo velato, questi “spazi quote” che vanno in onda durante le partite di calcio non costituiscano in qualche modo una pubblicità agli operatori citati.
Contro le linee guida si erano schierati il Movimento 5 stelle e Di Maio, che il 30 luglio 2019 si era detto «incazzato» per il comportamento di Agcom, annunciando un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar), che giudica le controversie tra i privati e le amministrazioni pubbliche. Nonostante l’annuncio, però, il ricorso in tribunale non è mai partito. Tra l’altro, come riportato all’epoca da varie fonti stampa, la delibera di Agcom era stata pubblicata il 26 aprile 2019: i 60 giorni in cui sarebbe stato possibile presentare ricorso erano scaduti da più di un mese quando Di Maio aveva annunciato il ricorso.

I siti di “news”

Oltre agli “spazi quote”, un altro stratagemma utilizzato per comunicare con il pubblico, senza pubblicizzare direttamente il gioco d’azzardo, è stato quello di creare appositi siti di intrattenimento e news sportive il cui nome, pur senza pubblicare contenuti relativi alle scommesse, richiama inequivocabilmente il nome di agenzie di scommesse. È questo il caso di siti come starcasino.sport, di proprietà dell’operatore Star Casinò e pokerstarsnews.it, gestito dalla stessa azienda proprietaria del sito di poker online Pokerstars. Un sito simile, leovegas.news, nato nel 2021 e collegato al casinò online LeoVegas, è sponsor ufficiale dell’Atalanta e dell’Inter.

La principale differenza tra questi siti di intrattenimento e i rispettivi bookmaker collegati è che i primi, non contenendo esplicitamente riferimenti al gioco d’azzardo, possono essere pubblicizzati in televisione o nei cartelloni a bordo campo nelle partite di calcio, cosa che infatti avviene di frequente. Per esempio durante la partita di Serie B di calcio tra Genoa e Bari, giocata il 19 maggio, erano presenti banner pubblicitari di entrambi i siti. Lo spot pubblicitario di starcasinò.sport va regolarmente in onda su numerosi canali televisivi.
Immagine 1. Il banner pubblicitario di pokerstarsnews.it a bordo campo in Genoa-Bari del 19 maggio 2023 – Fonte: Serie Bkt e Ssc Bari
Immagine 1. Il banner pubblicitario di pokerstarsnews.it a bordo campo in Genoa-Bari del 19 maggio 2023 – Fonte: Serie Bkt e Ssc Bari
Immagine 2. Il banner pubblicitario di starcasinò.sport a bordo campo in Genoa-Bari del 19 maggio 2023 – Fonte: Serie Bkt e Ssc Bari
Immagine 2. Il banner pubblicitario di starcasinò.sport a bordo campo in Genoa-Bari del 19 maggio 2023 – Fonte: Serie Bkt e Ssc Bari
Tra l’altro l’anteprima nelle ricerche Google del sito di intrattenimento sportivo starcasino.sport fa esplicito riferimento al bookmaker a esso collegato, rischiando di violare di fatto il divieto introdotto nel 2018.
Immagine 3. L’anteprima della ricerca Google del sito starcasinò.sport – Fonte: Google
Immagine 3. L’anteprima della ricerca Google del sito starcasinò.sport – Fonte: Google

Che cosa vuole fare il governo Meloni

Negli scorsi mesi il ministro dello Sport Andrea Abodi è intervenuto sul tema, spiegando che il governo Meloni vuole superare il divieto in vigore, di fatto ormai aggirato. Il 12 dicembre 2022, in un’intervista con il Corriere della Sera, Abodi ha detto che il governo vuole «rendere nuovamente legali pubblicità e sponsorizzazioni delle aziende del betting, anche per tutelare il gioco legale e responsabile», superando quindi le restrizioni imposte nel 2018 dal decreto “Dignità”. 

Alle dichiarazioni di Abodi è seguita un’interrogazione parlamentare della deputata di Alleanza Verdi-Sinistra Elisabetta Piccolotti, che alla fine del 2022 ha chiesto spiegazioni al ministro, definendo «un errore rendere nuovamente legali pubblicità e sponsorizzazioni delle aziende del betting». Secondo Piccolotti «bisognerebbe continuare a interrogarsi su come proteggere davvero e maggiormente le persone più fragili, diminuendo l’offerta di gioco d’azzardo nel nostro Paese». L’interrogazione è stata poi ripresentata lo scorso 28 marzo. 

Il giorno dopo, in Commissione Cultura della Camera, Abodi ha risposto a Piccolotti, dicendo che il tema è «delicato» e necessita di «un’ampia concertazione e una consultazione parlamentare». Secondo il ministro dello Sport, le regole oggi in vigore creano un «problema di competitività», perché le società di scommesse investono di più nelle squadre dei campionati stranieri dove le pubblicità sono permesse. Abodi, confermando quindi che il divieto viene sistematicamente aggirato, ha anche aggiunto che è «ipocrita aver vietato il diritto alla scommessa per poi consentire una comunicazione parallela degli stessi siti che promuovono semplicemente un indirizzo web che porta inevitabilmente comunque a scommettere».

Lo scorso 17 aprile Piccolotti e il collega di partito Marco Grimaldi hanno presentato un’altra interrogazione parlamentare sul tema, rivolgendosi, oltre che ad Abodi, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. In questo caso l’interrogazione riguarda le misure che il governo intende mettere in campo per «arginare il proliferare delle offerte di gioco d’azzardo illegali online», con particolare riferimento alle pubblicità che incentivano il gioco d’azzardo su TikTok. Al momento questa interrogazione non ha ricevuto risposta. 

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