Nel pomeriggio di martedì 11 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza, meglio noto con il nome di “Def”. Questo documento è importante perché spiega quali sono le future politiche economiche e finanziarie del governo guidato da Giorgia Meloni. Negli ultimi anni, spiega il sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Def ha assunto «sempre di più un ruolo chiave nella definizione ed esposizione delle linee guida di politica economica del Paese». L’approvazione del Def avvia il cosiddetto “ciclo di bilancio”, un percorso articolato lungo varie fasi che entro la fine dell’anno porta all’approvazione della legge di Bilancio, che stabilisce nel dettaglio come saranno spese le risorse pubbliche nei prossimi anni e per quali voci. Entro la fine di aprile il Def dovrà ricevere il via libera dal Parlamento prima di essere esaminato e valutato dall’Unione europea. Il testo del Def non è ancora stato pubblicato, ma il governo e vari quotidiani hanno anticipato il suo contenuto attraverso i numeri principali.

Partiamo dal Prodotto interno lordo (Pil). Secondo il governo Meloni nel 2023 l’economia italiana crescerà dello 0,9 per cento rispetto al 2022 nel cosiddetto “scenario tendenziale”, ossia considerando le norme già attualmente in vigore. Se si considerano i circa 3 miliardi di euro che il governo userà nei prossimi mesi per tagliare ulteriormente il “cuneo fiscale”, ossia la differenza tra il lordo e il netto in busta paga, quest’anno la crescita del Pil è stimata salire all’1 per cento. Questo è il cosiddetto “scenario programmatico”, quello che, appunto, tiene conto delle nuove misure annunciate dal governo, i cui dettagli non sono ancora noti. Il margine di spesa del governo per quest’anno è dunque limitato. Nel 2024 il Pil crescerà poi dell’1,4 per cento nello scenario tendenziale e dell’1,5 per cento nello scenario programmatico. Per entrambi gli anni sono percentuali di crescita inferiori a quelle registrate nel 2021 e nel 2022, i due anni successivi al crollo del Pil causato dalla pandemia di Covid-19. 

Un’altra stima da tenere d’occhio riguarda il deficit (in gergo tecnico “indebitamento netto”), l’indicatore che quantifica quanto lo Stato spende di più a debito rispetto a quanto incassa. Nello scenario programmatico il governo ha fissato per il 2023 un deficit con un valore pari al 4,5 per cento del Pil, che passerà a un -3,7 per cento nel 2024. Il debito pubblico invece scenderà gradualmente di anno in anno nelle previsioni del governo, passando da un valore pari al 144,4 per cento del Pil nel 2022 al 140,4 per cento del 2026. Queste stime vanno comunque prese con cautela: più si va in là con il tempo, più l’incertezza aumenta. Parallelamente aumenterà però la spesa per i cosiddetti “interessi passivi”: sono i soldi che lo Stato spende per ripagare gli interessi sul debito. Nello scenario programmatico nel 2023 il governo stima di spendere in interessi una cifra pari al 3,7 per cento del Pil, via via in crescita negli anni successivi, fino ad arrivare al 4,5 per cento, una cifra vicina ai 100 miliardi di euro.