Qui è necessario inoltrarsi nei commi della legge attuale. Il primo sottoquesito del referendum sulla cannabis legale
chiedeva infatti di modificare il comma 1 dell’articolo 73 del “Testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”, la legislazione di riferimento sulle droghe in Italia. Questa legge è stata promulgata con il
decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990 e poi modificata più volte da diversi interventi del Parlamento e sentenze della magistratura.
L’obiettivo del primo sottoquesito era quello di eliminare la parola «coltiva» dal comma 1. L’effetto sarebbe stato quello di depenalizzare la coltivazione – ma non la produzione, raffinazione, vendita e simili – delle sostanze stupefacenti elencate da quel comma. Di quali sostanze stiamo parlando? Davvero qui non rientra la cannabis, come dichiarato da Amato?
L’articolo 73, comma 1, da consultare non è quello che
si trova al momento disponibile, per esempio, su Normattiva, una piattaforma che raccoglie i testi delle leggi del nostro Paese. Con una sentenza del 2014, la Corte costituzionale
ha infatti dichiarato incostituzionale la modifica dell’articolo 73 introdotta nel 2006 dalla cosiddetta “legge Fini-Giovanardi”, riportando in vigore la formulazione precedente. In questa versione,
si legge [1] che è punibile con il carcere chi coltiva le sostanze contenute nelle Tabelle I e III.
Secondo Amato, in queste due tabelle non sarebbe contenuta la cannabis. È vero: nelle due tabelle,
previste [1] dall’articolo 14, in effetti il termine “cannabis” non compare, mentre è contenuto invece nella Tabella II, insieme ai suoi derivati.
Ma ci sono due osservazioni da fare, che rendono la questione più sottile e meno netta. La prima: nella Tabella I, oltre all’oppio, le foglie di coca e altre sostanze psicotrope,
sono comunque contenuti [1] anche i tetraidrocannabinoli. Stiamo parlando di sostanze stupefacenti, come il Delta-8-trans-tetraidrocannabinolo e il Delta-9-trans-tetraidrocannabinolo (dette più comunemente “Thc”), ossia i principi attivi della cannabis.
Rimane il dubbio quanto da un punto di vista giuridico queste sostanze siano equiparabili o meno alla cannabis vera e propria, come contenuta nella Tabella II. Su questo punto aiuteranno a chiarire le sentenze scritte della Corte costituzionale. In ogni caso, subentra poi la seconda osservazione, che riguarda il secondo sottoquesito del referendum.
Che cosa c’entra il secondo sottoquesito
Questo
chiedeva di eliminare dall’articolo 73, comma 4, del Testo unico sulle droghe (nella versione
tornata [1] in vigore dopo la decisione della Corte costituzionale) le parole «la reclusione da due a 6 anni». Con questa pena si puniva chi commetteva i comportamenti previsti dal comma 1, ma relativamente alle tabelle II (quella con la cannabis) e la IV. Oltre al carcere, era prevista anche una multa.
Secondo la difesa
data dai promotori del referendum, l’obiettivo del primo sottoquesito era quello di eliminare la parola «coltiva» dal comma 1 proprio per rendere efficace la richiesta contenuta nel secondo sottoquesito: quella di eliminare la pena del carcere per le condotte illecite relative alla cannabis. «Se non si fosse eliminato l’inciso “coltiva” dal comma 1, sarebbe rimasta la sanzione pecuniaria elevatissima prevista dal comma 4 per tutte le condotte legate alla cannabis»,
hanno scritto i promotori del referendum. «Mentre l’intento dei promotori era quello di decriminalizzare del tutto la coltivazione a uso personale».
Ricapitolando: Amato ha correttamente sottolineato che il quesito sulla cannabis legale riguardava anche la coltivazione di altre sostanze stupefacenti, ma non è vero che la cannabis c’entrava in minima parte con il referendum. Per di più questa cosa
era già nota da tempo e difesa attivamente dai promotori.
Ribadiamo però che al momento, senza la pubblicazione completa delle sentenze, resta difficile analizzare più nel dettaglio le ragioni che hanno spinto la Corte costituzionale a giudicare inammissibili entrambi i quesiti.
[1] Selezionare in alto a sinistra, nel menù a tendina “vigente al”, la data anteriore alle modifiche introdotte nel 2006.