Il 12 settembre è iniziata online la raccolta firme per il referendum che, a detta dei suoi promotori, propone di depenalizzare la coltivazione della cannabis. Per come è stato sottoscritto da oltre 330 mila cittadini in tre giorni, il quesito referendario ha però un obiettivo più ampio, ossia quello di depenalizzare anche la coltivazione dell’oppio o delle foglie di coca, per citare solo due esempi.
Nelle nostre verifiche abbiamo inoltre scoperto che il testo di legge su cui vuole intervenire il referendum non è pubblicamente disponibile nella sua forma più aggiornata.
Procediamo con ordine, partendo dal testo del quesito, che chiede di abrogare tre punti del “Testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”, la legislazione di riferimento sulle droghe in Italia, inizialmente promulgata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990 e poi modificata più volte da diversi interventi del Parlamento e sentenze della magistratura.
Non solo Thc
In primo luogo il referendum propone di eliminare dal Testo unico sulle droghe (precisamente dall’art. 73, co. 1) il reato che punisce chi «coltiva» le sostanze stupefacenti o psicotrope elencate dalla legge: in particolare quelle indicate nella tabella I prevista dall’articolo 14 del Testo unico.
La tabella I del Testo unico contiene in effetti diversi tipi di sostanze stupefacenti, tra cui il Delta-8-trans-tetraidrocannabinolo e il Delta-9-trans-tetraidrocannabinolo (dette più comunemente “Thc”), ossia i principi attivi della cannabis. Ma non solo: nella tabella ci sono – per citarne alcuni – anche l’oppio, le foglie di coca e i funghi allucinogeni.
Più in generale, nella lista è inserita «ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate» e «ogni altra pianta o sostanza naturale o sintetica che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso centrale».
In parole semplici: il quesito referendario avrebbe l’effetto di eliminare il reato di coltivazione per una serie di piante contenenti sostanze stupefacenti, non solo la cannabis con Thc. A onor del vero, i promotori del referendum spiegano sul loro sito che propongono di «depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi sostanza» – e non altre attività, come la produzione di sostanze sintetiche – ma senza sottolineare che si parla anche di altro rispetto a sostanze con Thc, anzi. Dal nome del referendum, dalla campagna di promozione e dalle immagini utilizzate il messaggio che passa è che la depenalizzazione riguardi solo la coltivazione di cannabis.
I promotori del referendum hanno spiegato a Pagella Politica che la richiesta di depenalizzare non solo la coltivazione di piante con Thc, ma – tra gli altri – anche di oppio e coca, recepirebbe quanto deciso in una sentenza del 19 dicembre 2019 delle sezioni unite della Corte di cassazione. All’epoca la Corte aveva stabilito che vadano escluse dal reato di coltivazione di stupefacenti «le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica» che «appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore».
Il testo di legge non aggiornato
In base al Testo unico sulle droghe pubblicamente disponibile – per esempio, sul sito Normattiva, Altalex e Brocardi – sembra esserci poi un errore nel secondo punto del quesito referendario, che propone di eliminare dall’articolo 73, comma 4, del Testo unico sulle droghe le parole «la reclusione da due a 6 anni e». Questa frase non è però presente nelle versioni dei testi di legge pubblicamente disponibili. Ma c’è una spiegazione: questi testi non sono aggiornati in base a quanto stabilito dalla Corte costituzionale.
Nel 2014 la Corte ha dichiarato incostituzionali alcune modifiche con cui nel 2006 la cosiddetta “legge Fini-Giovanardi” aveva, tra le altre cose, cambiato il Testo unico sulle droghe nel passaggio che il referendum ora vuole modificare. Nella sua versione precedente, tornata in vigore a seguito dell’intervento della Consulta, il comma 4 dell’art. 73 stabiliva che è prevista la «reclusione da due a sei anni» – la pena detentiva che ora il referendum vuole eliminare – per chi coltiva, produce o commercializza la cannabis. L’articolo è quello di cui si occupa, appunto, il referendum.
Che cosa dice il terzo punto del quesito
Infine, il quesito referendario propone di eliminare la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida (disposta dall’articolo 75 del Testo unico) per chi «detiene sostanze stupefacenti o psicotrope» o ne fa «uso personale».
Rimangono quindi valide altre sanzioni, per esempio la sospensione del passaporto. I promotori del referendum hanno spiegato a Pagella Politica che hanno deciso di intervenire solo sulla sanzione «più grave» perché le norme internazionali, tra cui quelle dell’Unione europea, prevedono che una qualche forma di sanzione sia prevista anche per il consumo di sostanze stupefacenti.
Sottolineiamo che, in ogni caso, non vengono toccate le sanzioni per chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
In conclusione
Dal 12 settembre oltre 330 mila italiani hanno firmato a favore di un quesito referendario che, secondo i suoi promotori, ha il principale scopo di depenalizzare la coltivazione della cannabis.
In realtà il referendum avrebbe l’effetto, se poi approvato, non solo di depenalizzare la coltivazione di cannabis con Thc, ma anche quella di altre piante contenenti sostanze stupefacenti, come l’oppio, le foglie di coca o i funghi allucinogeni.
Abbiamo inoltre scoperto che il Testo unico sulle droghe pubblicamente disponibile online non è aggiornato per quanto riguarda la parte su cui interviene uno dei quesiti del referendum, quella in cui si chiede di eliminare la pena del carcere per le condotte illecite relativa alla cannabis.
Infine, il referendum chiede di eliminare la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per chi «detiene sostanze stupefacenti o psicotrope» o ne fa «uso personale». Non, attenzione, per chi guida sotto effetto di sostanze stupefacenti: in quel caso la sanzione è penale e non viene toccata dal referendum. A livello di sanzioni amministrative, dunque collegate al consumo e non alla guida in stato di alterazione o ad altre condotte più gravi, se il referendum elimina quella della sospensione della patente non tocca le altre previste dalla legge, come ad esempio la sospensione del passaporto.
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