La Lega punta sulle criptovalute, il governo meno

Le divisioni sono tra chi vuole un’apertura maggiore alla finanza digitale e chi teme i rischi di un mercato ancora troppo volatile.
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Negli ultimi anni le criptovalute sono uscite dal linguaggio degli appassionati di tecnologia per entrare nelle agende dei governi. Non si tratta più soltanto di speculazione o di nicchie digitali: le “cripto-attività” stanno diventando un terreno su cui si gioca una parte importante della politica economica, della sovranità tecnologica e della tutela dei risparmiatori. In questo scenario, il governo Meloni ha iniziato a muovere i primi passi per occuparsi del settore, anche se all’interno della stessa maggioranza non manca qualche differenza di vedute.

Il 30 ottobre il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (Lega) ha presentato in Senato un disegno di legge per istituire «un tavolo permanente di controllo e vigilanza sulle cripto-attività e la finanza innovativa». Un tavolo permanente è un organismo di confronto e cooperazione tra istituzioni e soggetti interessati – come associazioni, aziende ed enti locali – su un tema specifico. In questo caso, il tavolo sulle «cripto-attività» – termine con cui nell’Unione europea si indicano le rappresentazioni digitali di valore come criptovalute, token e stablecoin – sarà «volto a favorire uno sviluppo ordinato e legale del settore».

La scelta di creare un tavolo permanente non arriva in un vuoto normativo. Da tempo le cripto-attività sono diventate un tema politico rilevante, anche per la loro rapida diffusione e per le tecnologie che le sostengono. Le valute digitali, pur restando strumenti d’investimento rischiosi, sono sempre più usate da operatori e risparmiatori; allo stesso tempo, infrastrutture come la “blockchain” offrono applicazioni concrete, dal trasferimento di valore alla registrazione di diritti, fino all’automazione dei contratti e alla validazione dei documenti.

La proposta del governo, dunque, si inserisce in un percorso già avviato. Nei tre anni alla guida del Paese, il governo Meloni è intervenuto più volte per regolare la finanza digitale, arrivando anche a proporre un aumento della tassazione sui guadagni derivanti dalle criptovalute. Ma non tutti i tentativi sono andati in porto, complice proprio l’opposizione della Lega, che resta il partito più favorevole a uno sviluppo meno vincolato del settore.

Il tavolo permanente

L’istituzione del tavolo permanente era stata inizialmente inserita nel disegno di legge di Bilancio per il 2026. Prima dell’avvio dell’esame del testo in Senato, però, l’articolo sul tavolo permanente è stato stralciato – cioè escluso dal provvedimento – perché la Commissione Bilancio del Senato lo ha considerato di carattere «ordinamentale e organizzatorio», e quindi non compatibile con la manovra, che deve riguardare solo questioni di spesa o di bilancio pubblico. Per evitare di accantonare del tutto la proposta, il governo ha deciso di presentare un disegno di legge separato.

Il nuovo testo prevede che il tavolo sia composto da esperti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentanti della Guardia di finanza, della Banca d’Italia, del mondo accademico e delle associazioni del settore. Tra i suoi compiti ci saranno il monitoraggio dei rischi, la prevenzione delle frodi e degli abusi, il contrasto agli usi criminali delle criptovalute come il riciclaggio o il finanziamento del terrorismo, oltre alla promozione dell’educazione finanziaria e alla redazione di rapporti periodici sulle evoluzioni del settore.

«Iniziative come il tavolo permanente dimostrano che il governo si pone il problema di come utilizzare questa tecnologia», ha detto a Pagella Politica Giulio Centemero, deputato e responsabile innovazione della Lega, da anni attento al fenomeno delle cripto-attività. «Nei prossimi giorni presenterò alla Camera un ordine del giorno per spingere sull’approvazione del tavolo, che secondo me rappresenta una grande possibilità di confronto tra le istituzioni, le aziende fintech e le associazioni di categoria».
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L’aumento delle tasse

L’interesse crescente per le cripto-attività si accompagna a un’attenzione altrettanto crescente per la loro tassazione. Nel 2023 la Commissione europea ha introdotto un regolamento per uniformare le norme fiscali e legali del settore nei Paesi membri, fino ad allora quasi privo di controlli. L’Italia ha recepito il regolamento con un decreto legislativo presentato a febbraio 2024. Ma già con la legge di Bilancio per il 2023, il governo Meloni aveva equiparato i ricavi da cripto-attività ai redditi finanziari, applicando un’aliquota del 26 per cento.

L’anno scorso, durante la discussione sulla legge di Bilancio per il 2025, si è tornati a parlare di un possibile aumento della tassa sulle cripto-attività. In conferenza stampa, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo (Fratelli d’Italia) aveva annunciato «un aumento della ritenuta fiscale dal 26 al 42 per cento» sulle «plusvalenze da Bitcoin». L’annuncio aveva scatenato proteste anche dentro la maggioranza, in particolare tra la Lega. Il sottosegretario all’Economia Federico Freni aveva manifestato la speranza che questo aumento potesse «cambiare in Parlamento». Freni aveva anche detto di non sapere chi avesse inserito la norma nel testo della manovra. A detta sua, «se c’è un settore del futuro come quello delle criptovalute, aumentare così tanto la fiscalità non è una mossa sensata».

Lo stesso Centemero aveva espresso una critica identica. Il 16 ottobre 2024, poche ore dopo la conferenza stampa di Leo, il deputato della Lega aveva scritto su X che «innalzare così di botto la tassazione è controproducente», e aveva invitato gli operatori del settore a confrontarsi con i parlamentari. 

A distanza di oltre un anno, Centemero ha confermato a Pagella Politica che secondo lui «lo strumento fiscale non è il più efficace, perché l’interesse dello Stato sulle criptovalute non è tanto quello di fare cassa ma impedire che queste tecnologie siano impiegate a scopi illeciti». «Poi, io da liberale e libertario sarei per azzerare quasi tutte le imposte – ha aggiunto ironico Centemero – ma capisco che lo Stato ha un bilancio da sostenere e le tasse sono importanti».

Nonostante le critiche, l’aumento della tassa era stato inizialmente difeso dal ministro Giorgetti, che lo aveva giustificato come misura per «premiare le caratteristiche di investimento paziente e di lungo termine» rispetto a strumenti volatili come il Bitcoin. Durante l’esame parlamentare, però, la legge di Bilancio per il 2025 ha ridimensionato l’intervento: l’aliquota è salita dal 26 al 33 per cento, a partire dal 1° gennaio 2026, con l’abolizione della soglia di esenzione di 2 mila euro sotto la quale i redditi non sarebbero stati tassati. Secondo le stime ufficiali, la misura avrebbe dovuto generare maggiori entrate per circa 173 milioni di euro nel 2025 e 41 milioni nel 2026 e 2027.

Nella successiva legge di Bilancio per il 2026, l’aumento al 33 per cento è stato limitato ai token, cioè ai “gettoni elettronici” legati al valore dell’euro e non soggetti a plusvalenze o minusvalenze in caso di conversione. In sostanza, il governo ha ridotto la portata della stretta fiscale introdotta l’anno precedente, anche in risposta alle proteste interne della Lega.

Stesso partito, opinioni diverse

Ma allora c’è una discussione interna alla Lega sull’aumento delle tasse alle cripto-attività? «No, semplicemente il ministro Giorgetti nella legge di Bilancio raccoglie le istanze e le sensibilità di tutti gli altri ministeri e componenti di governo e maggioranza, la Lega non è la sola componente di questa maggioranza», ha risposto Centemero. «Inizialmente l’anno scorso la proposta era quella. Poi però il testo va discusso, e durante l’esame è emersa la volontà della maggioranza parlamentare di tagliare quell’aumento dal 26 al 42 per cento».

Insomma, il deputato della Lega ha negato dissidi interni al suo partito sulla questione delle cripto-attività. Ma rimane il fatto che il ministro dell’Economia ha più volte espresso dubbi e perplessità sulle criptovalute, sottolineando «l’elevatissimo livello di rischio» del Bitcoin, dovuto alle forti fluttuazioni del mercato, che possono causare grossi guadagni così come grosse perdite in pochissimo tempo. 

«È vero che le criptovalute sono soggette ad alta volatilità, ma è una caratteristica comune anche ad altri strumenti finanziari “classici”, che hanno però livelli di tassazione inferiori», ha ammesso Centemero. «È normale che le istituzioni incentivino a investire nell’economia reale piuttosto che negli strumenti digitali, perché chi investe in un’azienda contribuisce a creare ricchezza e posti di lavoro».

Ma come mai tra i partiti in Parlamento quello più sensibile al tema delle criptovalute è proprio la Lega? «Ci sono tanti parlamentari di altri schieramenti che sono ben consapevoli dell’importanza delle cripto-attività in diversi settori, dalla finanza alla protezione dei dati», ha sottolineato Centemero. «Ma il mio è un movimento che è nato in mezzo ai capannoni, in mezzo agli imprenditori e alle partite IVA, che hanno sempre un occhio sensibile agli strumenti che permettono loro di creare ricchezza e nuove opportunità di business».

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