Chi vince nel commercio con l’Italia tra Cina e Stati Uniti

Due grafici e due mappe per capire verso chi esportiamo di più, che cosa e quali regioni sono più esposte 
ANSA
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Nelle scorse settimane il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha iniziato una guerra commerciale con la Cina: dopo una serie di rilanci, i dazi statunitensi sulle importazioni dalla Cina hanno raggiunto il 145 per cento, mentre quelli cinesi sui prodotti statunitensi il 125 per cento. Per il momento, però, sono stati esclusi dalle imposte i prodotti tecnologici, come computer e smartphone. E fino a luglio, le esportazioni dall’Unione europea saranno sottoposte a dazi del 10 per cento, dopo che i dazi del 20 per cento sono stati momentaneamente sospesi.

La politica commerciale di Trump avrà conseguenze economiche sul commercio internazionale e in Italia alcuni politici hanno già chiesto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di rafforzare i rapporti commerciali con la Cina, nel caso in cui si riducessero quelli con gli Stati Uniti. «Meloni ha strappato l’accordo della Via della Seta che invece era un utilissimo strumento per diversificare il nostro export. Ora deve chiedere scusa a Xi Jinping [il presidente della Cina, ndr] e recuperare questa prospettiva», ha detto per esempio il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. La Nuova Via della Seta è l’accordo commerciale promosso dalla Cina e siglato con numerosi Paesi in tutto il mondo. L’Italia l’aveva sottoscritto nel 2019 durante il primo governo Conte, ma il governo Meloni ha deciso di abbandonarlo nel 2023.

Numeri alla mano, quali sono le differenze tra il commercio italiano con gli Stati Uniti e quello con la Cina?

Il commercio con Stati Uniti e Cina

Secondo Eurostat, nel 2024 l’Italia ha esportato beni negli Stati Uniti per 64,8 miliardi di euro e ne ha importati per 25,9 miliardi. Le esportazioni verso la Cina si sono fermate a 15,3 miliardi, mentre le importazioni sono state pari a 49,6 miliardi. Dunque, lo scorso anno l’Italia ha registrato un avanzo commerciale con gli Stati Uniti di 38,9 miliardi di euro, mentre con la Cina ha avuto un disavanzo commerciale di 34,3 miliardi. Un Paese è in avanzo commerciale quando esporta più beni di quanti ne importi, e in disavanzo quando accade il contrario.

Negli ultimi vent’anni, le esportazioni italiane verso entrambi i Paesi sono cresciute in modo abbastanza costante, fino al 2024. Anche le importazioni sono aumentate, ma con andamenti diversi.
Le importazioni dalla Cina hanno raggiunto il picco nel 2022, arrivando a 58 miliardi di euro, per poi scendere sotto i 50 miliardi. Le importazioni dagli Stati Uniti, invece, hanno toccato il loro massimo proprio nel 2024, con 25,9 miliardi.

Fino al 2002, l’Italia importava più dagli Stati Uniti che dalla Cina, ma poi la tendenza si è invertita. Nel 2024 le importazioni cinesi sono state il doppio di quelle statunitensi.

Che cosa esporta l’Italia

L’Italia esporta soprattutto prodotti industriali verso entrambi i Paesi. Nel 2024 ha esportato macchinari e mezzi di trasporto per 23,6 miliardi di euro negli Stati Uniti e per 5,2 miliardi in Cina.

Il secondo prodotto più esportato verso gli Stati Uniti è rappresentato dai prodotti chimici (13,2 miliardi), mentre verso la Cina il secondo posto è occupato dagli “articoli manufatti diversi” (4,9 miliardi), una categoria che comprende abbigliamento, mobili, calzature, giocattoli, strumenti scientifici. Questi ultimi sono al terzo posto delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti (11,9 miliardi), mentre nella stessa posizione, per quanto riguarda la Cina, ci sono i prodotti chimici (2,1 miliardi).
Al quarto posto troviamo per entrambi i Paesi i prodotti semifiniti e manufatti, classificati in base al materiale prevalente (per esempio cuoio, gomma, ferro, carta). L’Italia ne esporta 6,1 miliardi di euro verso gli Stati Uniti e 1,7 miliardi verso la Cina.

L’Italia esporta negli Stati Uniti prodotti alimentari per 3,9 miliardi, bevande e tabacco per 2,5 miliardi, e oli animali e vegetali per 1,1 miliardi. L’unica categoria in cui l’Italia esporta più in Cina che negli Stati Uniti è quella delle “materie prime non commestibili, esclusi i combustibili”, che comprende fertilizzanti, fibre tessili e legno.

Quali regioni commerciano di più

Secondo i dati di ISTAT e del suo database Coeweb [1], dedicato al commercio internazionale, l’Abruzzo è la regione italiana più esposta al commercio con gli Stati Uniti: il 17 per cento del suo export va lì. Seguono Toscana (16 per cento) e Molise (13 per cento), poi Emilia-Romagna, Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Lazio (12 per cento). Nel Veneto, le esportazioni verso gli Stati Uniti rappresentano il 9 per cento del totale, in Lombardia e Piemonte l’8,3 per cento, in Sicilia il 7,6 per cento. Solo il Trentino-Alto Adige ha una quota sotto il 5 per cento.
Il commercio con la Cina è più contenuto ovunque. Le regioni più esposte sono Valle d’Aosta, Lombardia e Piemonte, con una quota tra il 3 e il 4 per cento. Seguono Toscana, Umbria, Emilia-Romagna e Calabria, tra il 2 e il 3 per cento. In Sicilia, Molise, Trentino-Alto Adige, Sardegna e Basilicata, meno dell’1 per cento dell’export va verso la Cina.

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[1] Su “Dati”, selezionare “Consultazione tematica”, nella sezione “Selezione merce (Ateco 2007) e Paese  per tutti i territori” si può scegliere  “Sezioni (Ateco 2007) (1 lettera)” e da lì si possono vedere i dati delle importazioni e esportazioni per ogni paese secondo la classificazione Ateco.

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