L’europarlamentare della Lega contro i tassi variabili che variano

Secondo Ciocca la Bce dovrebbe fermare l’aumento dei tassi d’interesse dei mutui sulle nuove case e di quelli già concordati, entrambe due proposte poco praticabili
Pagella Politica
Il 6 agosto il parlamentare europeo della Lega Angelo Ciocca ha criticato su Twitter la scelta della Banca centrale europea (Bce) di aumentare i tassi di interesse per contrastare l’inflazione. «Che senso ha alzare i tassi su acquisti già effettuati? Perché aumentarli su mutui già contratti? Si fermi l’innalzamento dei tassi sui mutui già concordati!», si è chiesto Ciocca, aggiungendo che «l’incremento delle rate dei mutui riguarda sia quelli a tasso fisso che variabile».
La Bce è consapevole di questa situazione: l’aumento dei tassi di interesse ha un effetto negativo sull’economia e un rallentamento della crescita si sta già registrando. Il 28 luglio, in una lettera inviata proprio a Ciocca, la Presidente della Bce Christine Lagarde ha scritto di essere consapevole che «l’alta inflazione e le misure di politica monetaria necessarie per ripristinare la stabilità dei prezzi comportano costi economici a breve termine per le famiglie, le imprese e l’economia in generale. Questo riguarda, per esempio, le famiglie che hanno contratto un mutuo a tasso variabile o che hanno l’esigenza di rinnovare un mutuo a tasso fisso». Allo stesso tempo, però, Lagarde ha sottolineato che «in assenza della nostra reazione, l’inflazione elevata genererebbe costi economici ben superiori nel medio-lungo periodo».

Come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, la Bce sta reagendo al continuo aumento dell’inflazione in una maniera che potremmo definire “da manuale”. Il vantaggio di alzare i tassi di interesse, e quindi il costo del denaro, è quello di rallentare l’economia proprio quando si sta surriscaldando. Ma vediamo nello specifico perché le misure alternative, proposte da Ciocca, rischiano di essere inefficaci e potenzialmente dannose.

L’aumento dei tassi

Innanzitutto è vero che le banche hanno visto crescere, e di molto, i propri utili grazie all’aumento dei tassi di interesse. Per esempio nel primo trimestre del 2023 gli utili delle prime cinque banche italiane sono aumentati del 75 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Va però ricordato che gli utili registrati in questo periodo arrivano dopo un decennio di tassi di interesse bassi, che hanno ridotto i margini degli istituti finanziari. Allo stesso modo le condizioni poco convenienti sul mercato dei mutui dell’ultimo anno arrivano dopo un decennio di costi dei mutui molto bassi. 

Nonostante l’aumento dei tassi repentino voluto dalla Bce sia stato uno shock non indifferente per l’economia, il loro livello è oggi in linea con quello registrato tra il 1999 e il 2008, prima che le crisi economiche portassero a una riduzione dei tassi fino a zero, favorita dalla sostanziale stabilità dei prezzi nel corso dell’ultimo decennio. 

Ora che la situazione è cambiata e l’inflazione è a livelli mai registrati nella storia dell’euro, la risposta della Bce non sembra esagerata rispetto al livello dei tassi di 15 anni fa. Si potrebbe obiettare che, quando i tassi erano al 4,5 per cento, per esempio nel 2006, non si stava registrando un rallentamento dell’economia come sta avvenendo oggi. Come ha sottolineato Lagarde nella sua lettera a Ciocca, però, tutelare la crescita nel breve periodo evitando di frenare l’inflazione oggi rischia di portare a conseguenze ancora più gravi nel medio-lungo termine.

In assenza di un freno all’inflazione il rischio è quello di una spirale inflazionistica: l’aumento dei prezzi influisce sul costo delle materie prime e dei semilavorati che le aziende acquistano per produrre; per mantenere gli stessi margini di profitto, le imprese alzano i prezzi, ma questo porta altre aziende ad aumentare i propri prezzi per mantenere i propri margini di profitto; così il tutto va avanti in un circolo vizioso.

L’aumento dei prezzi in un determinato settore, che potrebbe aumentare i propri margini sfruttando l’inflazione, può spingere altri a investire in quel campo. Per investire servono fondi e se non si aumentano i tassi di interesse, cioè il costo del denaro, si rischia di incentivare questo tipo di investimenti che alimentano l’inflazione. Ma soprattutto, l’aumento dei tassi rallenta la domanda di beni e servizi nell’economia. Se la domanda è alta, i prezzi di un oggetto tenderanno a salire, ma se le famiglie si trovano ad avere meno denaro a disposizione a causa dell’aumento del suo costo, l’incremento dei prezzi sarà inferiore, fino a stabilizzarsi.

Le soluzioni di Ciocca

Le soluzioni proposte da Ciocca sono due: fermare il rialzo dei tassi per l’acquisto della prima casa ed evitare che si modifichi il tasso dei mutui già acquistati. In entrambi i casi sono soluzioni difficilmente applicabili, o meglio, decisioni politiche che poco c’entrano con l’obiettivo della Bce, che è quello di mantenere la stabilità dei prezzi.

La scelta di “bloccare” i tassi sui mutui per la prima casa risulterebbe discriminatoria, perché i prestiti per l’acquisto di un immobile sono una tipologia di strumento finanziario unica, nonostante differiscano tra loro per livello di rischio e durata. Tali mutui quindi non si possono semplicemente differenziare a seconda della destinazione per l’immobile. Quello che si può fare è offrire agevolazioni, che però non arrivano dal tasso di interesse applicato dalla banca centrale, ma dalle istituzioni pubbliche. In Italia, per esempio, esistono detrazioni e agevolazioni sui costi di contrattazione del mutuo offerti dal governo. I costi che una famiglia non paga su un mutuo, però, sono coperti dallo Stato, non da una riduzione del costo del denaro da parte della Bce. 

Si potrebbe obiettare che il fatto che non sia stata intrapresa questa strada finora non significhi che non si possa fare. Ancora una volta, sarebbe una scelta politica più che economica. Tralasciando il fatto che la Bce è un’istituzione indipendente dalla politica, è difficile pensare che tutti i Paesi membri dell’area euro concordino che l’acquisto della prima casa sia un diritto da tutelare con una misura del genere. Il valore dato alla proprietà di un immobile, infatti, varia molto a seconda del Paese in cui ci si trova, così come la percentuale di persone in affitto.

Anche la possibilità di bloccare il tasso sui mutui già in essere sembra poco praticabile dal lato della Bce e delle banche. I prestiti infatti non sono semplici beni, ma strumenti finanziari collocati all’interno di un mercato. Un mutuo con scadenza a vent’anni stipulato nel 2010 oggi è l’equivalente di un mutuo a dieci anni stipulato nel 2020 o uno a sette anni stipulato oggi. Per mantenere un equilibrio all’interno dei mercati finanziari, a parità di rischio, questi tre strumenti finanziari dovranno essere uguali. Questo significa che il loro valore per le banche dovrà essere lo stesso, altrimenti si creerebbe uno squilibrio. Per esempio, se una banca avesse investito 10 miliardi di euro in mutui, di cui 7 miliardi in mutui “bloccati” e 3 in nuovi mutui, sarebbe meno conveniente investire su quella banca rispetto a una con lo stesso valore e livello di rischio di mutui, ma con una percentuale più alta di “nuovi” prestiti (più profittevoli). La scelta di bloccare i tassi sfavorirebbe le banche con una quota più alta di mutui stipulati in passato e ne minerebbe la fiducia, provocando probabilmente un aumento dei tassi applicati per proteggersi da un eventuale altro blocco in futuro.

Inoltre i mutui con costi bloccati esistono già: si tratta dei prestiti a tasso fisso. Per oltre un decennio le famiglie meno inclini al rischio hanno preferito non approfittare dei tassi bassissimi offerti dai mutui variabili, decidendo per una maggiore sicurezza data dal tasso fisso. Quando si stipula un prestito, infatti, si può decidere di avere un tasso di interesse che dipende dall’andamento del mercato (se i tassi della Bce crescono, cresce anche il costo del mutuo) oppure di averlo fisso, accettando di pagare un po’ di più, senza però rischiare che il costo del mutuo possa crescere nel tempo. Gli ultimi 15 anni di tassi della banca centrale molto bassi hanno premiato chi aveva scelto un mutuo a tasso variabile e “sfavorito” chi aveva scelto la stabilità del fisso. A Ciocca si potrebbe obiettare: perché, oggi che le sorti sono cambiate, si dovrebbe decidere di cambiare le regole del gioco?

Entrambe le soluzioni proposte dal parlamentare europeo della Lega, insomma, sono poco praticabili, a meno che non si decida di intervenire con denaro pubblico per coprire i minori costi delle famiglie. È una scelta legittima, ma non si può pretendere che la Bce provveda là dove i governi dovrebbero intervenire con le risorse pubbliche.

Nella serata di lunedì 7 agosto il governo Meloni ha approvato un decreto-legge, che introduce un prelievo sugli “extraprofitti” fatti dalle banche nel 2023. In una conferenza stampa il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha annunciato che «tutti gli introiti andranno a due voci: aiuto per i mutui “prima casa”, sottoscritti in tempi diversi rispetto agli attuali, e taglio delle tasse». Al momento non sono chiare le stime su quanto incasserà lo Stato da questo prelievo e come sarà usato nei dettagli il gettito.

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