I centri in Albania non costano più di un milione di euro a migrante, ma restano cari

Nonostante siano rimaste quasi vuote, le strutture hanno avuto comunque un costo inferiore a quello rilanciato dai partiti all’opposizione  
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Il 22 ottobre, durante le comunicazioni di Giorgia Meloni in Parlamento, alcuni parlamentari dell’opposizione hanno accusato la presidente del Consiglio di aver speso oltre un milione di euro per ogni migrante trattenuto finora nei centri costruiti dall’Italia in Albania.

«È sotto gli occhi di tutti non solo il costo di un miliardo» dei centri, «ma a questo si aggiungono 130 milioni in un anno per ospitare 111 migranti, ossia più di un milione a ospite: neanche l’albergo a sette stelle a Dubai, signora presidente», ha detto la senatrice del Movimento 5 Stelle Alessandra Maiorino. Il “milione di euro a migrante” è stato poi rilanciato anche da altri esponenti dell’opposizione, tra cui la deputata del Movimento 5 Stelle Vittoria Baldino, il deputato di Italia Viva Davide Faraone e quello del Partito Democratico Giuseppe Provenzano. Lo scorso maggio, anche la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein aveva dato una lettura simile dei numeri: «Se prendiamo per buone le cifre del governo, che dice che in Albania spenderà 130 milioni l’anno, e contiamo le persone che ci sono state, circa un centinaio considerando anche chi c’è stato poche ore, capiamo che Giorgia Meloni ha speso più di un milione a migrante per un’operazione di pura propaganda».

Al di là delle opinioni su quanto siano utili o sensati i centri voluti dal governo in Albania, i numeri citati non corrispondono alla realtà. Non è vero che ogni migrante trattenuto finora sia costato ai contribuenti italiani oltre un milione di euro, né che l’intero progetto valga un miliardo. Conviene partire proprio da questa cifra, per capire da dove nasce l’equivoco.

Come abbiamo spiegato in un altro articolo, i costi complessivi dell’accordo tra Italia e Albania per la costruzione e la gestione dei centri si aggirano intorno ai 680 milioni di euro, non a un miliardo. Questa cifra, già di per sé più bassa, va poi letta nel tempo: non si tratta di soldi già spesi, ma di una spesa stimata e distribuita su cinque anni, fino al 2028. La proiezione era stata fatta ipotizzando che i centri diventassero pienamente operativi già da maggio 2024, cosa che non è avvenuta. L’apertura è infatti slittata di diversi mesi, e i numeri dei migranti accolti sono rimasti molto inferiori alle previsioni. Di conseguenza, la spesa effettiva sostenuta finora rappresenta solo una parte del totale previsto.
Nella prima fase – tra ottobre e dicembre 2024 – l’attività dei centri è stata rallentata da ricorsi e decisioni dei tribunali italiani, che hanno giudicato illegittima la procedura di trattenimento dei migranti provenienti da Paesi considerati “sicuri”. Dopo queste sentenze, a marzo 2025 il governo ha modificato le regole, consentendo di usare le strutture in Albania non solo come centri di prima accoglienza, ma anche come centri di permanenza per i rimpatri (CPR), cioè luoghi dove trattenere le persone in attesa di essere rimandate nei Paesi d’origine.

Resta però da capire come si arrivi alla stima, ripetuta da vari esponenti politici, di oltre un milione di euro per migrante. La dichiarazione di Maiorino aiuta a ricostruire il calcolo, che si basa su una serie di confusioni. Secondo la senatrice, al presunto «miliardo» di euro di costo complessivo dei centri si aggiungerebbero altri «130 milioni in un anno». In realtà, questi 130 milioni non sono una spesa aggiuntiva: rappresentano la stima del costo annuale di gestione dei centri per ciascuno dei quattro anni compresi tra il 2025 e il 2028. Si tratta quindi di una quota parte del totale dei 680 milioni, non di un’aggiunta.

Il “milione a migrante” nasce poi dal dividere i 130 milioni annui per il numero di persone effettivamente trattenute nei centri. Maiorino ha citato 111 migranti, ma altre fonti – come ActionAid – indicano che alla fine di luglio 2025 i migranti portati in Albania erano 132, mentre secondo la Repubblica un anno dopo erano 220. Anche considerando queste cifre, il calcolo darebbe comunque risultati compresi tra i 600 mila e il milione di euro per migrante. Ma il problema è a monte: quei 130 milioni non sono una spesa già sostenuta, bensì una stima teorica basata sull’ipotesi che i centri operassero a pieno regime, con circa 3.000 migranti al mese.

In realtà, i fondi coprono una vasta gamma di spese – la presenza delle forze di polizia italiane sul posto alla sicurezza, la manutenzione delle strutture, l’assistenza sanitaria e le operazioni di rimpatrio – che hanno senso solo in proporzione al numero di persone effettivamente ospitate. Poiché i centri sono rimasti quasi vuoti e la loro attività è partita in ritardo, i costi effettivi finora sostenuti sono più bassi rispetto a quelli ipotizzati nei documenti ufficiali.

Questo, però, non significa che i centri in Albania siano stati economici. Lo scorso luglio, ActionAid ha rivelato che, nonostante la ridotta attività, la Prefettura di Roma aveva pagato a Medihospes – l’ente gestore dei centri – 570 mila euro per soli cinque giorni di effettiva operatività, durante i quali erano transitate appena 20 persone. Anche tenendo conto dei costi fissi e delle spese di avvio, l’episodio mostra con chiarezza quanto il progetto Albania sia finora apparso sproporzionato rispetto ai risultati raggiunti.

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